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Italia potrebbe avere la chiave per sbloccare stallo su sussidi green Ue

Pubblicato 01.02.2023, 18:01
Aggiornato 01.02.2023, 18:10
© Reuters. Una bandiera italiana sventola davanti all'Altare della Patria a Piazza Venezia a Roma. 24 aprile 2022. REUTERS/Tony Gentile REUTERS

LONDRA (Reuters Breakingviews) - Il tentativo dell'Europa di mediare al proprio interno un accordo sugli aiuti all'industria tra paesi più intransigenti sulle politiche di bilancio e quelli più deboli potrebbe dipendere da Giorgia Meloni.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen intende investire miliardi di euro nell'economia green, senza scatenare una corsa agli aiuti di stato tra i 27 Stati membri. La buone fede populista della premier Meloni e il suo approccio cauto rispetto ai sussidi potrebbero rivelarsi determinanti.

Von der Leyen ha fatto fatica a trovare una risposta ai 369 miliardi di dollari di sussidi Usa destinati alle tecnologie pulite, emanati con l'Inflation Reduction Act. Il fulcro originario del suo piano, un fondo sovrano pensato per rimettere in equilibrio la bilancia degli aiuti di Stato, sembra ora ridotto a pochi spiccioli sottratti all'attuale budget Ue. La Germania, i Paesi Bassi e i loro alleati hanno escluso l'opzione di nuovi prestiti pubblici.

Resta il piano di ripresa post pandemica, NextGenerationEU, un pacchetto da 800 miliardi di euro finanziato dalla vendita temporanea di obbligazioni, come ultima fonte per ottenere nuovi fondi. Sebbene l'Ngeu sia stato apprezzato dagli investitori obbligazionari e dai beneficiari delle sovvenzioni, non è riuscito a trovare acquirenti per circa 225 miliardi di euro di prestiti, perché soggetto a condizioni, costi per il prestito e requisiti di rimborso.

La Commissione vuole ora rendere disponibile questo denaro anche per la transizione 'verde', al contempo alleggerendo le linee guida sugli aiuti di Stato e snellendo gli iter autorizzativi.

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La distribuzione di questi fondi Ue porterà alle solite battaglie politiche. Paesi scettici come la Germania sostengono che i finanziamenti Ue potrebbero intaccare la disciplina di bilancio e minacciare la stabilità finanziaria dell'euro, conquistata con fatica. Altri, come la Francia, sostengono che la Ue debba agire in modo trasversale, preferibilmente con un fondo centrale per garantire che i Paesi con minore spazi di manovra di bilancio non vengano lasciati indietro.

Giorgia Meloni si destreggia tra le due parti. Con un rapporto debito/Pil del 145% e una storia di rapporti difficili con l'Ue, l'Italia non è certo uno dei falchi dell'austerità dell'unione. Ma la necessità di Roma di assicurarsi circa 200 miliardi di euro di fondi promessi dalla Ue per la ripresa - l'Italia è in testa alle classifiche degli aiuti europei ricevuti per la pandemia - significa che la Meloni ha motivo di tenere buona Bruxelles fino a quando non avrà incassato tutti gli assegni, soprattutto in considerazione del fatto che relazioni amichevoli con la Ue aiutano a contenere lo spread Inoltre, Meloni non vuole soccombere alla maggiore capacità di spesa della Germania. Da qui il suo monito a non aprire i rubinetti degli aiuti di Stato, cosa su cui i leader italiani storicamente fanno un'alzata di spalle.

Per questo motivo Meloni potrebbe essere un'utile mediatrice per mitigare lo stallo tra il presidente francese Emmanuel Macron e le controparti tedesche e olandesi durante il vertice del 9-10 febbraio: potrebbe spingere a ottenere condizioni più morbide sui restanti 225 miliardi di euro di prestiti per la pandemia, o addirittura sostenere la necessità di trasformarli in sovvenzioni, alleviando la pressione sui bilanci dei Paesi. Gli sforzi dell'Europa per contrastare i sussidi statunitensi potrebbero così acquisire un certo peso.

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(Rebecca Christie, tradotto da Chiara Scarciglia, editing Andrea Mandalà)

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