MELEKHOVO, RUSSIA (Reuters) - L'oppositore russo Alexei Navalny, attualmente in carcere, è stato condannato ad altri 19 di detenzione, in un caso penale che secondo lo stesso Navalny e i suoi sostenitori ha l'obiettivo di tenerlo dietro le sbarre e fuori dalla politica ancora più a lungo.
Navalny, 47 anni e il più feroce critico russo del presidente Vladimir Putin, sta già scontando condanne per un totale di 11 anni e mezzo per frode e altre accuse che ritiene false.
Il suo movimento politico è stato messo fuori legge e definito "estremista".
Il tribunale della colonia penale IK-6 di Melekhovo, a circa 235 km a est di Mosca, dove sta scontando la pena, ha tenuto un processo per sei diverse accuse penali, tra cui incitamento e finanziamento di attività estremiste e creazione di un'organizzazione estremista.
L'audio del tribunale era così scadente che era praticamente impossibile capire cosa stesse dicendo il giudice.
Il team di Navalny ha detto che il giudice ha aggiunto altri 19 anni alla sua condanna a causa delle nuove accuse. La pubblica accusa aveva chiesto 20 anni di reclusione in una colonia penale.
Vestito in un'uniforme carceraria scura e affiancato dai suoi avvocati, Navalny ha sorriso a tratti mentre ascoltava il giudice.
In un messaggio postato sui social media un giorno prima, Navalny aveva predetto che avrebbe ottenuto una lunga pena detentiva, aggiungendo però che non aveva molta importanza perché era anche minacciato da accuse separate di terrorismo che avrebbero potuto portare ad altri dieci anni.
Navalny aveva detto che lo scopo di aumentare ulteriormente la sua pena detentiva era quello di spaventare i cittadini russi, ma li aveva esortati a non lasciare che ciò accadesse e a pensare bene a come resistere al meglio a quelli che aveva definito i "cattivi e i ladri del Cremlino".
Le accuse riguardano il suo ruolo nel suo ormai defunto movimento all'interno della Russia, che secondo le autorità avrebbe cercato di fomentare una rivoluzione con lo scopo di destabilizzare la situazione socio-politica.
(Tradotto da Enrico Sciacovelli, editing Andrea Mandalà)