La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il giorno 02.01.2020
I mercati del greggio sono in genere mossi da una serie di fattori dinamici: la geopolitica, le politiche ed i fondamentali. Mentre i fondamentali possono essere misurati e le loro variazioni seguite, non c’è modo di prevedere sistematicamente gli eventi globali, come le politiche e la geopolitica, sebbene si prestino a previsioni a lungo termine, molte delle quali, comunque, alla fine si dimostrano errate.
Ad ogni modo, ci sono quattro importanti sviluppi globali che i trader del greggio dovrebbero seguire nel 2020, perché potrebbero materializzarsi. E, se così fosse, potrebbero avere un impatto sui mercati del greggio.
1. La Cina importa meno greggio
L’alta domanda da parte della Cina di greggio importato è stato un pilastro dei mercati negli ultimi anni. Dal 2015 la nazione ha frequentemente aumentato le sue scorte. Questa forte richiesta è stata fondamentale per impedire ai produttori petroliferi di vedere un crollo persino maggiore nel 2015 e nel 2016.
Ora ci sono segnali di rallentamento della crescita economica cinese. Sta emergendo la reale possibilità che il governo cinese possa decidere di smettere di accrescere le scorte di greggio e di ridurre le importazioni, per via del rallentamento della crescita economica o per utilizzare i fondi per ulteriori stimoli economici.
Ed ecco una possibilità più drastica: la Cina potrebbe decidere di dar fondo alle scorte ed importare meno greggio di quanto il suo mercato richieda. I due paesi che vendono la maggior parte del greggio alla Cina, l’Arabia Saudita e la Russia, sarebbero i più direttamente colpiti da un calo delle importazioni cinesi. Tuttavia, una riduzione della domanda cinese farebbe anche scendere il prezzo del greggio a livello globale, in quanto i produttori USA ne avvertirebbero pesantemente il colpo. Con Cina e Stati Uniti che proseguono con i negoziati commerciali, si tratta di un potenziale asso nella manica della nazione asiatica.
2. Ulteriore escalation delle tensioni in Iraq
I disordini politici nell’Iraq meridionale sono in aumento da fine settembre. Di recente abbiamo assistito ad un aumento delle violenze da parte degli iracheni che protestano per la corruzione del governo e l’aumento dell’influenza iraniana negli affari del paese.
L’escalation delle tensioni e degli scontri probabilmente peserà sul settore petrolifero iracheno. Mentre nel 2018 l’Iraq era il quinto produttore petrolifero al mondo, probabilmente ora si piazza in quarta posizione grazie alla produzione da record di 4,88 milioni di barili al giorno della scorsa estate. Tuttavia, il 28 dicembre 2019 i manifestanti hanno chiuso un giacimento che produce 90.000 barili al giorno ed ora le probabilità di un’interruzione della produzione e delle esportazioni di greggio del paese sono persino più alte in quanto le milizie pro-Iran minacciano le posizioni USA e gli Stati Uniti hanno fatto ricorso ad attacchi aerei.
3. La Russia si ritira dal patto sulla produzione OPEC+
Sebbene la Russia abbia appena accettato di prorogare l’accordo sulla limitazione alla produzione dell’OPEC+ e di aumentare i tagli alla sua produzione nel primo trimestre del 2020, sta già parlando di ritirarsi dal patto. La scorsa settimana, il ministro del petrolio russo Alexander Novak ha riferito alla televisione russa che il 2020 potrebbe essere il momento giusto per rivalutare la sua partecipazione all’accordo sul taglio alla produzione e mettere potenzialmente fine alla collaborazione con l’OPEC.
Il patto sul taglio alla produzione, che coinvolge più paesi, fa affidamento sulla Russia in quanto l’OPEC non è riuscita ad ottenere alcun consenso senza la presenza e la partecipazione del paese. Un passo indietro dal patto dell’OPEC+ probabilmente causerebbe un calo del prezzo del greggio, in quanto verrebbe a mancare l’incentivo per molti produttori OPEC per ridurre la produzione.
4. Elezioni USA
Nel novembre 2020, gli elettori degli Stati Uniti si recheranno alle urne per scegliere il presidente. Il Presidente Repubblicano Donald Trump punta alla rielezione, contro un candidato Democratico ancora da decidere.
Al momento è ancora troppo presto per sapere come voterà l’elettorato statunitense, ma se dovesse sembrare probabile una vittoria del candidato Democratico, allora il mercato potrebbe rispondere in due modi. Potremmo assistere ad un aumento del valore del greggio per via delle aspettative che la produzione statunitense scenderà con un presidente Democratico. La maggior parte dei candidati alla presidenza sul fronte Democratico ha infatti dimostrato una posizione contraria al greggio ed al gas.
Oppure, dal momento che il mercato in generale considera il Presidente Trump un segno positivo per la crescita economica, potrebbe ritenere una probabile vittoria dei Democratici un segnale negativo per l’espansione, con un conseguente calo dei prezzi del greggio. Se dovesse sembrare che il Presidente Trump potrebbe essere rieletto per un secondo mandato, lo slancio del prezzo del greggio dovrebbe restare stabile.