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5 motivi per cui il prezzo del greggio ha ripreso a salire

Pubblicato 11.10.2017, 13:05
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata l'11.10.2017.

Dopo un inizio di settimana fiacco, probabilmente per via della festa del Columbus Day negli Stati Uniti, il prezzo del greggio ha ripreso a salire. Il greggio WTI ha aperto la mattinata di ieri con un’impennata sopra i 50 dollari al barile, arrivando persino a toccare i 51 dollari al barile prima di indebolirsi lievemente. Si tratta probabilmente di una reazione ai nuovi sviluppi da parte di Arabia Saudita ed OPEC.

La saudita Aramco lunedì ha annunciato che ridurrà le distribuzioni di novembre ai clienti di circa 500.000 barili al giorno e questo nonostante la forte richiesta di greggio saudita, in eccesso di 7,711 milioni di barili al giorno.

È una notizia rialzista per il prezzo del greggio.

La produzione saudita probabilmente diminuirà nel mese di novembre, perché il regno non avrà bisogno di tanto greggio per l’elettricità domestica con l’arrivo dei mesi invernali più freddi.

La compagnia ha inoltre festeggiato l’apertura di una nuova sede in India.

L’Amministratore Delegato di Aramco, Amin Nasser, ha dichiarato che la compagnia è entusiasta di fare ulteriori investimenti in India con il mercato petrolifero del paese in crescita.

L’India, ha detto, “ha tutti i segnali di un’economia prospera che avanza. È un mercato in cui investire è una priorità e non più una scelta”.

Il governo indiano ha accolto i piani di Aramco di un “mega investimento” nel paese, nonostante il recente annuncio secondo cui entro il 2030 l’India non venderà più veicoli a combustione interna.

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Aramco sembra non riporre molta fiducia nella politica dei veicoli elettrici, dal momento che prevede che la domanda indiana di greggio raggiunga i 10 milioni di barili al giorno entro il 2040.

Anche se al vertice ufficiale di novembre dell’OPEC manca ancora un mese, i leader dell’organizzazione stanno già lasciando intendere che i tagli alla produzione continueranno nel secondo trimestre del 2018.

Il ministro del petrolio saudita, Khalid al Falih, l’8 ottobre si è detto “soddisfatto dei progressi” dell’accordo sui tagli alla produzione compiuti finora, aggiungendo però che “dobbiamo tenere gli occhi fissi sulla strada mantenendo saldo il volante”.

Mohammad Barkindo, Seegretario Generale dell’OPEC, è stato più diretto. Domenica ha riferito ai giornalisti che “per proseguire il prossimo anno, dovranno essere prese delle misure straordinarie”. Resta da vedere se ciò significherà mettere fine alle speciali esenzioni dalle quote di Libia e Nigeria, spingendo l’Iraq a rispettare del tutto la propria quota, o, come suggeriscono alcuni, invitare nuovi produttori ad unirsi all’accordo.

Il tanto parlare di una proroga dell’accordo della produzione oltre il marzo 2018, tuttavia, potrebbe mettere l’OPEC in una situazione difficile il prossimo novembre.

L’organizzazione corre il rischio di ripetere quanto successo durante il vertice di maggio 2017.

Arrivato il vertice di maggio, l’OPEC aveva annunciato che i tagli alla produzione sarebbero continuati nel 2018.

Tuttavia, girava voce che l’OPEC e i partner non-OPEC avrebbero potuto decidere di effettuare tagli maggiori e, quando ciò non è avvenuto, il prezzo del greggio è crollato nonostante la notizia della proroga del patto sulla riduzione della produzione OPEC e non-OPEC.

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Finora, il mercato del greggio ha reagito in modo rialzista, ma novembre è ancora lontano.

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