Ci sono diversi motivi per cui l’azionario cinese dovrebbe rientrare a pieno titolo nei portafogli di un investitore. Certo, chiariamolo subito, con i dovuti pesi (poi vi dirò quali secondo me) in quanto allo stesso modo l’azionario globale e l’azionario USA devono sempre rivestire le percentuali più alte.
Ma andiamo con ordine, l’indice Shanghai Composite si muove ormai dal 2015 all’interno di un canale che va da 2670 ai 3660 (vedi immagine sotto), dopo aver toccato i massimi nel 2015 a quasi 5500 punti.
Questa “indecisione” di lungo termine, potrebbe rompere a rialzo per diverse motivazioni.
La più importante di tutte, è che con l’apertura dei suoi mercati agli investitori esteri, nuovi flussi sono attesi sul mercato cinese da qui ai prossimi anni, non è più quindi “solo” un mercato locale.
Seconda cosa, a livello economico e politico, è molto probabile che la Cina sorpasserà nei prossimi anni gli Stati Uniti come prima potenza mondiale, e di questo dobbiamo sicuramente tenerne conto. Notiamo infatti, confrontando PIL e capitalizzazione di mercato, che la Cina pesa al 19% del PIL mondiale, ma solo al 13% della capitalizzazione azionaria, pertanto anche solo un adeguamento dei due valori (più facile che si allinei la capitalizzazione a rialzo) porterebbe ad una crescita del 50% dei valori.
Ma andiamo avanti, parliamo di transizione energetica e di materie prime, indovinate chi possiede il dominio (quasi) assoluto sulle terre rare, tra gli elementi fondamentali e con diverse applicazioni industriali? La Cina con il 60% (vedi sotto)
Ma non finisce qui, perché anche per gli altri metalli, fondamentali in vari campi, la Cina gestisce le fasi finali del processo di lavorazione per la quasi totalità. Insomma visto che si parla tanto oggi di problema energetico, occorre capire chi si trova in posizioni dominanti sul tema.
Ultimo punto, la dipendenza dagli Stati Uniti. Non solo la Cina ha scaricato debito americano recentemente, poiché è evidente ormai un nuovo blocco economico e politico con Russia ed India principalmente, ma se guardiamo l’elenco dei Paesi meno sensibili ai rialzi dei tassi americani, ecco che troviamo la Cina tra quelli messi meglio.
Se poi, come potrebbe accadere, la questione Taiwan diventasse di proprietà cinese, ecco che il mercato dei semiconduttori automaticamente sarebbe a vantaggio di un solo Paese.
Perciò come detto, per tutti questi motivi, la Cina dovrebbe avere un peso in portafoglio, in questo caso a mio giudizio tra il 5 ed il 15% come range (una via di mezzo), meglio se a cambio aperto per diversificare anche in chiave valutaria.
Alla prossima!
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