ll prossimo mese si saprà il nome del nuovo presidente della Repubblica: la fase di incertezza che ha penalizzato il mercato azionario dovrebbe chiudersi. Il certificate CH0419583254 ha come sottostanti, tre grandi nomi del listino carioca…
Il 2018 sarà probabilmente ricordato come l’anno nero dei mercati emergenti.
I più penalizzati sono stati l’Argentina e la Turchia, le cui Borse si sono letteralmente dimezzate di valore, se osservate in euro.
Seguono, con performance meno pesanti, ma comunque tragiche, la Cina (-20%) ed il Brasile (-16%); l’unica che si è salvata è la Russia (invariata), grazie al forte recupero del prezzo del petrolio (+21% il Brent misurato in Euro).
I BRIC quest’anno non han fatto miracoli, se l’è passata un po’ meglio l’investitore che ha puntato sull’Europa (-4%), ma non così tanto da avere un ritorno positivo.
Gli unici felici sono quelli che hanno puntato su Wall Street (+11%) e sul Giappone (+7%).
Una storia a se, è quella del Brasile, dove il prossimo 7 ottobre si terranno le elezioni presidenziali, con il sistema del doppio turno (l’eventuale ballottaggio è previsto per il 28 ottobre).
I colpi di scena sono stati molti, a cominciare dalla bocciatura, da parte dei giudici, della candidatura dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, oggi in carcere per scontare una condanna a 12 anni per corruzione e riciclaggio.
Lula piace ancora molto e i cittadini vorrebbero comunque votarlo, nonostante sia tecnicamente impossibile.
Al suo posto, il Partito dei Lavoratori (PT), ha schierato Fernando Haddad, professore universitario e sindaco uscente di San Paolo, dopo essere stato Ministro dell’Educazione.
Gli ultimi sondaggi (del 14 settembre pubblicati da youtrend), lo danno in risalita al 13%, a pari merito con Ciro Gomes del Partito Democratico Laburista di centrosinistra (Pdt).
In forte ripresa è Jair Bolsonaro, candidato ultraconservatore di estrema destra del Partito Social Liberale (PSL), balzato al 26% nei sondaggi, dopo essere stato accoltellato durante un comizio ad inizio settembre.
Gli altri candidati sono tutti sotto il 10%.
Questa forte incertezza è sicuramente una delle cause principali della debolezza del mercato brasiliano.
E’ possibile che, dopo le elezioni, qualunque sia il vincitore, la Borsa di San Paolo si riprenda; non c’è nulla di peggio dell’incertezza attuale.
Per chi fosse interessato ad investire sul Brasile, di seguito, vediamo nel dettaglio tre importanti aziende del paese, due delle quali attive proprio nei settori tipici del Brasile, cioè le materie prime e l’energia.
Petroleo Brasileiro Petrobras SA ADR (NYSE:PBR), colosso del petrolio e terzo più grande titolo per capitalizzazione (67 miliardi di dollari) dell’indice Bovespa, noto anche con il nome di Petrobras, estrae raffina e distribuisce petrolio, gas naturale ed altri prodotti e servizi legati al settore energetico. Da inizio anno ha una performance del +7%.
Gli analisti censiti da Bloomberg si esprimono al 22% con Buy, al 78% con Neutral e nessuno dice di vendere il titolo. Il prezzo obbiettivo medio è a 14,03 dollari.
Livelli valori di riferimento del certificato su grafico fonte Reuters
VALE SA (NYSE:VALE) , colosso minerario e prima società per capitalizzazione (70 miliardi di dollari) dell’indice Bovespa, produce e vende ferro, manganese, oro, rame, nickel, ed altri minerali ferrosi e non. Da inizio anno ha una performance del +11%. Gli analisti censiti da Bloomberg si esprimono al 74% con Buy, al 18% con Neutral e solo l’8% dice di vendere il titolo. Il prezzo obbiettivo medio è a 15,7 dollari.
Livelli valori di riferimento del certificato su grafico fonte Reuters
Banco Bradesco SA ADR (NYSE:BBD), primo istituto finanziario del paese e quinta società per capitalizzazione (44 miliardi di dollari) dell’indice Bovespa, svolge il classico lavoro della banca commerciale più servizi assicurativi. Da inizio anno ha una performance del -25%.
Gli analisti censiti da Bloomberg si esprimono al 54% con Buy, al 36% con Neutral e solo il 10% dice di vendere il titolo. Il prezzo obbiettivo medio è a 8,82 dollari.
Livelli valori di riferimento del certificato su grafico fonte Reuters
Vediamo con qualche esempio gli scenari possibili di rendimento che può incontrare un potenziale investitore:
Scenario 1: nel caso di uno scenario neutro o positivo per tutti e tre i sottostanti scatterebbe l’Autocall ed il certificato verrebbe ritirato al prezzo di emissione. L’investitore percepirebbe le cedole dello 0,667% per tutti i mesi fino a quello dell’Autocall (minimo sei cedole), più l’eventuale capital gain se ha acquistato il certificato ad un prezzo sotto la pari, come quello a cui sta trattando attualmente.
Scenario 2: se alla data di scadenza del certificato (05 luglio 2023) non è mai scattato l’Autocall, ed il peggiore dei tre sottostanti mostra un valore di chiusura superiore al prezzo di Strike, fissato al 50% del valore di Fixing iniziale, allora il certificato verrà rimborsato ad un valore pari al 100% del valore nominale.
Scenario 3: se alla data di scadenza del certificato (05 luglio 2023) non è mai scattato l’Autocall ed il peggiore dei tre sottostanti mostra un valore di chiusura pari o inferiore al prezzo di Strike, fissato al 50% del valore di Fixing iniziale, allora il certificato verrà rimborsato ad un valore pari al 100% meno la performance del peggior sottostante rispetto al valore di Fixing iniziale. In questo scenario il certificate replica perfettamente la performance del sottostante, e questo implica che potrebbe comportare anche la perdita della totalità del capitale investito.
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