L’economia USA sta rallentando con il venir meno della spinta generata dai tagli fiscali e perché iniziano a farsi sentire gli effetti della guerra commerciale con la Cina. Altri fattori, come il dibattito politico, lo shutdown parziale delle attività amministrative e la comunicazione carente della Fed sono difficili da misurare, ma insieme gettano chiaramente un’ombra sulle prospettive economiche.
In teoria, ora gli investitori si aspettano un calo dei tassi di breve termine, dato che la prossima mossa della Fed sarà un taglio dei tassi d’interesse. La ragione alla base di un taglio della Fed è che l’economia sta rallentando bruscamente, e intanto lampeggiano le spie che segnalano la recessione.
Chi sostiene che gli USA eviteranno un brusco crollo economico si rifà al forte mercato del lavoro e ai dati positivi sui consumi. Più del 70% del PIL deriva da questo settore chiave e i posti di lavoro sostengono i consumi americani. Un ciclo di assunzioni eccezionalmente forte ha attratto nuovi lavoratori nella forza lavoro, facendo crescere i redditi e ampliando la base dei consumi.
Se a ciò si somma la tendenza positiva nella crescita delle retribuzioni, si potrebbe credere che ci sarà un rallentamento economico morbido, senza una vera recessione. Ma il problema di un mercato del lavoro fortissimo, che ha visto incrementi mensili pari a più di 200 mila unità, è che alle aziende basterebbe poco per iniziare a tagliare le buste paga, se percepissero dei segnali negativi.
La psiche del dipendente USA è stata segnata dalle difficoltà prolungate della crisi finanziaria e, se i media e i dati evidenziassero i tagli al personale, i consumatori USA adotterebbero velocemente una posizione difensiva, spendendo meno. È fondamentale ricordare che, negli USA, i media di sinistra sarebbero più che felici di presentare un tale stato di cose come il fallimento economico del presidente Trump, anche se ciò si tradurrebbe nella loro stessa caduta.