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C'è ancora tempo per il risk-off

Pubblicato 30.08.2023, 08:44

La pressione è un privilegio” (Billy J King)

Il mese di agosto si avvia alla conclusione mostrando i primi timidi segnali di debolezza del bull market. In particolare l’indice MSCI World Equity è in calo di oltre il 4%, peggio stanno facendo il Russel 2000 e l’indice delle banche regionali statunitensi, con cali superiori al 5%. Settori rappresentativi dell’economia reale, in particolare le PMI, a dimostrazione che gli operatori temono la recessione ovvero la vedono alle porte come dimostrano anche i più recenti dati macro: creazione di nuovi lavoro in Usa e indice della fiducia dei consumatori ad agosto nettamente sotto le attese. Si inizia quindi vedere la traduzione della politica monetaria sull’economia reale con la possibilità quindi che il ciclo di rialzo dei tassi sia giunto al termine. E infatti nonostante le parole da falco di Jerome Powell e Christine Lagarde rilasciate al simposio di Jackson Hole, la probabilità che la Fed lasci invariato il costo del denaro in occasione della riunione del 20 settembre sfiora il 90%. Se le decisioni dei banchieri restano guidate dai dati allora molta attenzione oggi alle 14:30 quando sarà diffuso il dato sul Pil statunitense nel secondo trimestre 2023, e alla stessa ora la variazione dell’occupazione non agricola ad agosto.


Chi rispetta i patti?



In 20 anni nessun Paese europeo è stato multato per avere violato le regole del Patto di Stabilità (oggi sospese per sostenere la crescita post crisi pandemica). La Commissione Europea si appresta però a ripristinare la situazione pre Covid con alcune novità: in particolare saranno accettate deroghe al ritmo di riduzione della velocità del debito pubblico, mentre verrebbe confermata la rigida regola del rapporto deficit/pil del 3%. Il prossimo 13-14 Novembre in Spagna si svolgerà una riunione dell’Ecofin (assemblea dei ministri delle finanze dell’Unione) dove, facendo asse con Francia e Spagna, l’Italia spera di avere, almeno per il 2024 una ulteriore deroga al Patto di Stabilità. Diversamente il Governo italiano dovrà trovare altrove, ovvero senza fare deficit, le risorse finanziarie per mantenere promesse elettorali il cui costo è stimato in €30 miliardi (circa il 2% del PIL). Il Piano “B” lo ha anticipato la Premier Meloni in occasione della riunione della Maggioranza di Governo che si è svolta lunedì a Roma, la spending review, ovvero i famosi tagli lineari alle spese dei Ministeri. Vecchia ricetta di politica economica che ha spesso finito per scontentare molti senza grande efficacia sul piano del recupero di efficienza dei conti pubblici. Ci auguriamo che nonostante tutto, nella Legge di Bilancio ci siano le attese norme di rilancio di Piazza Affari, che a costi bassissimi avrebbero un effetto moltiplicatore sullo sviluppo economico del Paese.

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Il debito? È cosa nostra



La Banca d'Italia e gli istituti di credito italiani detengono, complessivamente, la maggioranza del debito pubblico italiano: €1.415 miliardi su complessivi €2.815 miliardi. Si tratta di una percentuale pari al 50,3% superiore al 47,8% di fine 2021. In meno di due anni il sistema bancario, con il 25,8% della Banca d'Italia e il 24,5% delle banche, hanno creato un blocco di sicurezza per le finanze pubbliche del nostro Paese contro la volatilità e lo spread, ovvero hanno ridotto i rischi di una fuga di capitali dal Paese. I grandi investitori attraverso i fondi d'investimento stranieri, pur avendo ridotto detenzione di bond governativi italiani, nello stesso periodo, di circa il 4%, restano i primi possessori di bot e btp con il 26,5% dei titoli circolazione. In valore il totale delle obbligazioni emesse dal Tesoro "nel portafoglio" agli investitori stranieri ammonta a oltre €746 miliardi (dato di maggio scorso), in calo di quasi 60 miliardi rispetto a dicembre 2021. Dati riportati nello studio realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale le famiglie detengono il 10,9% del debito pari a €306,8 miliardi, in aumento di quasi €80 miliardi rispetto ai €227,1 miliardi di fine 2021 che corrispondevano, in quella fase, all'8,5% dei bot e btp in circolazione.

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