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Greggio intrappolato tra i tagli e la strategia di Trump sulla Cina

Pubblicato 04.05.2020, 12:51
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Basta con i tori, dicono gli orsi del greggio: è ora di dire la verità sui tagli.

Con le promesse riduzioni della produzione OPEC entrate in vigore da venerdì, il mercato questa settimana cercherà prove tangibili del fatto che i barili stiano venendo effettivamente tolti dal mercato. Per quanto possa apparire prematuro, gli short seller sono stati con le mani in mano nelle ultime tre sedute, con il greggio USA schizzato del 60% dai minimi della scorsa settimana ed il Brent del 32%. D’ora in avanti, gli orsi cercheranno prove del fatto che almeno parte della pressione sul sistema di immagazzinamento globale si sta riducendo.

Come se ciò non bastasse, il riaccendersi dello scontro commerciale tra il Presidente Donald Trump e la Cina sta già spingendo giù i future Dow a Wall Street e facendo salire il dollaro: una combinazione letale per il greggio.

Crude Oil WTI Futures Weekly Chart

Grafico settimanale future del greggio WTI

La strategia elettorale di Trump e la Cina: “l’ultima cosa di cui il greggio ha bisogno”

“La strategia elettorale del Presidente Trump per novembre sembra già chiara e sta già pesando sui mercati a livello globale”, afferma Jeffrey Halley, analista di OANDA, con sede a New York.

“Il Presidente USA e la sua cricca di funzionari sembrano intenzionati a declinare ogni responsabilità della loro presunta risposta inadeguata alla pandemia di COVID-19 nella nazione (e), al contrario, ad attribuire la colpa di ogni cosa alla Cina”.

“Un potenziale riaccendersi delle ostilità commerciali è l’ultima cosa di cui il mercato del greggio ha bisogno in questo momento”, aggiunge Halley.

In particolare per quanto riguarda i tagli, l’ex ministro dell’energia di Mosca Vladimir Milov venerdì ha affermato che ci sono “troppi problemi tecnici” per la Russia per raggiungere la sua quota di 2,5 milioni di barili al giorno di riduzione. “Tagli alla produzione di tale portata non sono mai stati effettuati in Russia, perciò ci stiamo avventurando nell’ignoto”, ha riferito Milov, ora politico di opposizione, al Wall Street Journal.

La Russia è fondamentale per il patto sulla produzione cosiddetto GLOPEC tra i produttori globali, che comprende gli Stati Uniti ed il cartello OPEC guidato dall’Arabia Saudita, e che mira a ridurre almeno 9,7 milioni di barili al giorno dalle scorte globali per compensare parzialmente la perdita della domanda di 20-30 milioni di barili per via della pandemia di coronavirus. Senza una seria partecipazione da parte di Mosca, le scorte petrolifere globali potrebbero non scendere abbastanza velocemente come vorrebbero i mercati.

La Russia non è pronta a tagli rapidi e profondi

Secondo i bene informati, l’infrastruttura petrolifera russa non è preparata per tagli alla produzione rapidi e profondi, in quanto il rigido clima siberiano potrebbe far scoppiare gli oleodotti se non ci sarà greggio al loro interno. Inoltre i giacimenti a basso rendimento dell’era sovietica sono costosi da riparare e riattivare, di conseguenza le principali compagnie petrolifere russe stanno facendo pressioni sul Ministero dell’Energia per avere delle esenzioni dai tagli, in base a quanto riporta il Journal citando analisti del settore di Mosca.

Mikhail Krutikhin, socio dell’agenzia di consulenza indipendente RusEnergy che nelle ultime settimane ha dato consigli alle compagnie petrolifere russe riguardo ai tagli, è d’accordo con Milov. “Semplicemente non sanno come fare”, ha detto, riferendosi alle compagnie che dovrebbero contribuire ai tagli. “Si tratta di un paradigma completamente nuovo”.

Un’indagine di Bloomberg di venerdì mostra che il membro più potente dell’OPEC, l’Arabia Saudita, ha pompato la cifra record di oltre 11 milioni di barili al giorno mentre valutava una guerra di prezzi contro la Russia, sua ex alleata. Sebbene le due nazioni abbiano raggiunto una tregua a metà aprile, siglando un accordo per il taglio di grandi quantità di scorte, i sauditi hanno continuato a produrre tanto per la maggior parte del mese, nonostante la domanda abbia registrato una caduta libera senza precedenti, scrive Bloomberg.

Fino a due settimane fa, almeno 160 milioni di barili erano conservati in mare, lontano dai porti di spedizione globali da Singapore a Suffolk e lungo la Costa del Golfo del Messico USA. Le previsioni indicano che i depositi di greggio convenzionali mondiali (con una portata di circa 3,4 milioni di barili) saranno pieni entro fine maggio.

Ma non è tutta la storia, dicono i tori del greggio

Chi ha una visione positiva sul greggio afferma che le parole degli orsi non tengono conto dei tagli alla produzione operati dai colossi petroliferi che non hanno preso parte al patto GLOPEC. Le quote sono state attribuite solo alle compagnie petrolifere nazionali in base al patto o ad aziende che i governi possono controllare, come in Russia.

Sebbene questo abbia lasciato le Big Oil, i colossi petroliferi mondiali, abbandonate a loro stesse, stanno comunque collaborando in qualche modo con il GLOPEC.

ConocoPhillips (NYSE:COP) (NYSE:COP), ad esempio, ha reso noto che taglierà 420.000 barili al giorno a giugno. Chevron (NYSE:CVX) ha dichiarato che ridurrà 400.000 barili al giorno e diminuirà del 60% gli impianti di trivellazione. Nel bacino Permiano, Chevron ha già tagliato gli impianti da 17 a 5. Oasis Petroleum (NASDAQ:OAS), intanto, sta per fermare tutte le trivellazioni a Bakken, secondo Reuters. Sempre Reuters giovedì ha riportato che Chesapeake Energy (NYSE:CHK), altro pioniere dello scisto, sta per dichiarare bancarotta, diventando potenzialmente il secondo principale trivellatore USA a farlo dopo Whiting Petroleum (NYSE:WLL) ad inizio aprile.

“Le prime notizie suggeriscono che il rispetto dei tagli sarà alto”, afferma Phil Flynn, analista del Price Futures Group a Chicago, che solitamente è rialzista sul greggio.

Inoltre, domani, la Railroad Commission in Texas, che si occupa della regolamentazione del principale stato produttore USA, voterà per l’approvazione o meno di un taglio del 20% della produzione che dovrebbe eliminare circa un milione di barili al giorno.

Nel frattempo, almeno 30 stati USA su 50 hanno già ripreso le attività in un modo o nell’altro dopo l’allentamento delle misure di restrizione per il COVID-19. E questo potrebbe spingere il consumo di benzina e gasolio, con una nuova ripresa.

Ma i tagli stanno avvenendo con il contagocce, non a pieno regime

Nonostante queste ed altre riduzioni della produzione, il calo degli impianti di trivellazioni attivi ed i tagli delle spese annunciati da vari trivellatori, la Energy Information Administration afferma che la produzione petrolifera USA è scesa di solo un milione di barili al giorno entro il 25 aprile, dal massimo storico di 13,1 milioni di barili al giorno di metà marzo.

E sebbene le raffinerie possano aver cominciato a vedere una certa domanda per il carburante, questo probabilmente avverrà con il contagocce e non a pieno regime. Le scorte di benzina sono scese di 3,7 milioni di barili nella settimana terminata il 25 aprile, ma le scorte di greggio sono comunque aumentate di 9 milioni di barili, ha detto l’EIA.

Inoltre, la revisione della scorsa settimana da parte della Federal Reserve del suo piano Main Street Lending Program (che permette alle compagnie più grandi e più indebitate di chiedere un prestito) potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per il greggio. Sebbene il programma della Fed aiuti i trivellatori ad evitare la bancarotta, per gli orsi quest’ancora di salvezza implicherà che ci sarà ancora più produzione.

In conclusione, Goldman Sachs afferma che i tori del greggio dovranno avere “tempo” e “pazienza” per attraversare la tempesta.

“Il greggio resta un asset fisico e di conseguenza ci sarà bisogno innanzitutto di eliminare il sostanziale esubero delle scorte nel secondo semestre del 2020, il che farà sì che la materia prima resti indietro rispetto al rally dei relativi asset finanziari come i titoli azionari”, scrive la principale voce sull’energia di Wall Street.

L’oro dipende dai posti di lavoro e dalla strategia sulla Cina

Gold Futures Weekly Chart

Grafico settimanale future dell’oro

Per quanto riguarda l’oro, la volatilità ed un dollaro altrettanto forte potrebbero far restare il metallo giallo in un range inferiore ai 1.720 dollari fino a metà settimana, sebbene le dinamiche possano cambiare se Trump dovesse perdere le staffe nella sua strategia di accusare la Cina.

“Ci sono timori che possa scatenarsi una guerra commerciale ed eventi simili sono un bene per l’oro”, ha spiegato a Reuters Avtar Sandu, responsabile senior delle materie prime di Phillip Futures.

Il risultato finale dell’oro per la settimana dipenderà dal report sull’occupazione non agricola di aprile che sarà pubblicato venerdì. Il mercato si aspetta una perdita di 21.000 posti di lavoro per il mese scorso. Se il calo dovesse essere maggiore, l’oro potrebbe raggiungere i 1.730 dollari o più.

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