Il Presidente Donald Trump ha inasprito la sua guerra contro la Federal Reserve USA, ma in un momento in cui i mercati stanno comunque spingendo i policymaker monetari dalla sua parte. Trump si è allontanato finora dalla sua politica di nominare candidati popolari per il direttivo della Fed, il centro del potere della banca centrale USA, minacciando nomine controverse per due posizioni aperte delle sette disponibili.
Precedentemente, aveva scelto l’economista della Columbia Richard Clarida come vice presidente e Michelle Bowman per il posto nel settore bancario. Altre due nomine dello scorso anno, l’economista di Carnegie Mellon Marvin Goodfriend e Nellie Liang, storico membro della Fed, erano forse troppo popolari, con Goodfriend troppo interventista sull’inflazione e Liang troppo concentrata sulla regolamentazione. Entrambi sono affondati nel processo di conferma del Senato e le loro nomine non sono state rinnovate dal nuovo Congresso.
Quindi Trump ora sta diventando più rivoluzionario, nominando affidabili sostenitori che secondo molti non rispettano i requisiti minimi per il direttivo. A fine marzo ha annunciato la nomina di Stephen Moore, uno dei suoi consulenti economici nella campagna del 2016 nonché importante commentatore televisivo. Poi, la scorsa settimana, ha reso noto che nominerà Herman Cain, magnate della pizza che si era candidato alle presidenziali nel 2012 e si era occupato della raccolta fondi per Trump nel 2016.
La loro missione, ha specificato Trump, sarà quella di fare pressioni sul Presidente della Fed Jay Powell affinché non solo eviti di alzare i tassi di interesse, ma li tagli anche e riporti l’economia su un sentiero di rapida crescita. Ma il fatto è che la Fed sta già andando in questa direzione. I mercati dei future ci dicono che esiste una probabilità del 50% di un taglio dei tassi tra un quarto e mezzo punto percentuale entro fine anno.
Che l’eclatante cambio di rotta della Fed a gennaio da un aumento dei tassi graduale e da una riduzione del bilancio col pilota automatico sia stato dovuto o meno alle pressioni del Presidente è discutibile. Sembra che Trump abbia avuto ragione in ogni caso e che l’aumento dei tassi a dicembre e forse anche quello di settembre siano stati un errore.
Né Moore e né Cain sarebbero vincitori certi della conferma del Senato e Cain potrebbe anche non sopravvivere all’esame delle credenziali che dovrà superare per essere nominato. La sua nomina non è neanche lontanamente forzata come potrebbe sembrare, in quanto è stato attivo nei direttivi della divisione di Omaha della Fed di Kansas City ed è poi stato nominato presidente della stessa banca. Le banche regionali di solito hanno al comando figure imprenditoriali locali e si affidano a loro per avere input sull’economia presi sul campo.
Il direttivo dei governatori a Washington, invece, è di tipo diverso, costellato di dottori di ricerca in economia o almeno professionisti con una profonda esperienza del settore bancario e dei mercati. In base a questi criteri, sia Moore che Cain potrebbero non essere all’altezza.
Ma si potrebbe anche non arrivare a tanto, dal momento che Moore ha un’ipoteca da 75.000 dollari ed ha alle spalle l’accusa di oltraggio alla corte per non aver pagato assegni familiari ed alimenti, tutti aspetti che secondo i legislatori non giocano a suo favore. Cain è stato eliminato dalla corsa alle presidenziali nel 2012 dalle voci di infedeltà coniugale.
Ma tutto questo è poco importante, perché Trump ha messo le cose in chiaro. L’uso stesso del processo di nomina come strumento per metter in riga i policymaker è stato sufficientemente sconvolgente.
Se Moore o Caine accetteranno la sfida di entrare nel direttivo, senza dubbio si faranno sentire ed useranno la loro posizione di membri votanti permanenti del Federal Open Market Committee (FOMC) per dissentire sulle decisioni contrarie al presidente. Ma il vero impatto si avrebbe sui dibattiti a porte chiuse, dove lo sforzo concentrato da parte dei nominati da Trump potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore o contro determinate mosse all’interno di una commissione che si basa sul senso di accordo.
Il FOMC odia avere anche un solo dissenso tra i 12 membri votanti e due passerebbero alla storia. Ma ci vorrà molto di più che un acceso dibattito o un voto di dissenso per superare la trincea istituzionale della Fed. In fin dei conti, ci sono pochi rischi (malgrado alcune allarmanti dichiarazioni che asseriscono il contrario) che Moore o Cain possano avere un effetto permanente sul funzionamento della banca centrale.