Come previsto, la Fed ha chiuso l’anno aumentando i tassi, portando il corridoio a 1,25%-1,50%.
Finalmente la banca centrale statunitense ha alzato i tassi per la terza volta nell’anno in corso.
Stando al comunicato sulla politica monetaria, le aspettative sul mercato occupazionale sono positive, il tasso di disoccupazione dovrebbe infatti scendere sotto il 4% nel 2018.
Inoltre la Fed prevede che la crescita salirà al 2,1% nel 2018.
Ora la Fed si prepara a un’altra serie di tre rialzi del tasso nel 2018, cosa che si prevedeva già dallo scorso settembre.
Il ritmo dei tre rialzi non subirà un’accelerazione rispetto a quest’anno e, come abbiamo detto più volte in questa newsletter, la Fed non ha motivo di aumentare il ritmo dell’aumento dei tassi, poiché così facendo potrebbe generare forti sconvolgimenti su molti mercati; crediamo piuttosto che la Fed non riuscirà ad aumentare i tassi tre volte.
L’unica ragione per cui la Fed promette così tanti rialzi del tasso è la fiducia che sta cercando di mantenere verso il dollaro. In verità, la Fed non controlla davvero tutte le bolle degli asset.
Le parole chiave dalla Fed sono “inflazione bassa”, anche se noi crediamo che l’inflazione sia più alta del livello utilizzato dalla Fed per prendere le sue decisioni di politica monetaria (secondo noi 3% vs. 2%).
La Fed ha ovviamente bisogno di un’inflazione più forte per annientare il debito senza alzare i tassi, che farebbero scoppiare la bolla.
Ora ci sono bolle in quasi tutte le classi di asset USA.
Di conseguenza, per il prossimo anno siamo rialzisti sull’eurodollaro, anche se il dollaro potrebbe comunque cavalcare un Rally di Natale fino alla fine dell’anno motivato dalla “missione compiuta della Fed per il 2017”.