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I mercati se la passano meglio con o senza le dichiarazioni della Fed?

Pubblicato 19.08.2019, 15:17

Ultimamente, la versione del presidente della Federal Reserve Jerome Powell di un parlare chiaro fa quasi rimpiangere i giorni della tendenza di Alan Greenspan a rilasciare commenti criptici. È stato il presidente di vecchia data della Fed, dopotutto, ad aver detto una volta ad un senatore: “Se le sembro troppo chiaro, deve aver frainteso quello che ho detto”.

Per Greenspan, “borbottare con incoerenza” era l’essenza stessa della banca centrale. Ma la crisi finanziaria 2008-09 ha cambiato le cose.

Innanzitutto, gli ex presidenti della Fed Ben Bernanke e Janet Yellen hanno ritenuto importante rassicurare i partecipanti dei mercati con “linee guida”, una tecnica che sembra essere sopravvissuta alla propria utilità in quanto troppo spesso pone la banca centrale su un cammino di politica monetaria alquanto scivoloso.

Bernanke ha inoltre istituito le conferenze stampa a seguito del vertice di politica monetaria del Federal Open Market Committee (FOMC) quattro volte all’anno. Powell ha allargato la pratica a tutti gli otto vertici, in modo che ciascuno di essi potesse essere “in tempo reale”, cioè pronto a cambiare la politica monetaria ed a spiegare il significato dei cambiamenti durante la conferenza stessa.

Ma Powell ha sottolineato anche di voler allontanarsi dal linguaggio incomprensibile dei suoi predecessori economisti e, non essendo lui un economista, spiegare la politica monetaria in modo chiaro. Ha detto di voler parlare a Main Street, non solo a Wall Street. Comunque, qualunque sia il suo pubblico, il messaggio deve essere chiaro se intende parlare per tutto il tempo.

Tuttavia, i suoi sforzi per evitare il gergo specialistico fanno sì che eviti anche quella precisione di linguaggio per comunicare con i partecipanti dei mercati che sono abituati proprio a quel gergo. Insieme al suo essere innegabilmente insensibile alle sottigliezze linguistiche (sembra non avere idea dell’impatto che le sue parole avranno sui mercati), si potrebbe dire che questo parlare chiaro crea più confusione dei borbottii incoerenti di Greenspan.

In effetti, molti dei commenti di Powell sono sull’orlo del gergo e spesso sono considerati come tali. Quando Powell ha descritto il taglio di un quarto di punto del vertice del FOMC di fine luglio come “aggiustamento di metà ciclo”, questa è sembrata una frase familiare ai partecipanti dei mercati, che hanno pensato sollevasse dubbi circa ulteriori tagli dei tassi per via della storia di questa definizione.

Bisogna ammettere che la Fed cammina sul filo del rasoio. Sta cercando di leggere i dati positivi come un segno di un’economia relativamente forte che non ha urgente bisogno di stimolo monetario, giustificando al contempo ulteriori stimoli.

Ovviamente, Bernanke e Yellen hanno avuto il lusso di non dover prendere molte decisioni. Nei loro rispettivi mandati, la Fed ha abbassato il tasso di riferimento dei fondi Fed vicino allo zero e lo ha lasciato a quel livello per parecchi anni. Le differenze di opinione all’interno del FOMC si sono limitate solo a quanto presto cominciare ad alzare i tassi.

Ci sono stati dei dissensi lungo la strada, ma niente di simile al tira e molla degli ultimi due vertici, con i contrari che si sono opposti al fallimento di un taglio dei tassi un mese per poi opporsi al taglio il mese dopo.

Una conseguenza del tenere una conferenza stampa dopo ogni vertice del FOMC è che Powell passa molto tempo sotto i riflettori. Vediamo e sentiamo molte più cose da lui sulla politica monetaria rispetto probabilmente a qualunque altro suo predecessore.

Il ritardo del governo nel riempire due posti vuoti nel consiglio dei governatori ha inoltre contribuito ad un vuoto che viene colmato da Powell. Dei cinque membri attuali, il vice presidente per la supervisione Randal Quarles e la rappresentante delle banche minori Michelle Bowman normalmente non commentano la politica monetaria, lasciando questo compito a Powell e ad altri due governatori.

I capi delle banche regionali parlano abbastanza spesso nei loro distretti o alle grandi conferenze, ma la maggior parte di essi non può votare tutti gli anni. Il che significa che hanno meno di un pubblico nazionale, soprattutto quando competono con il presidente per avere l’attenzione.

Nel classico romanzo distopico di George Orwell, 1984, viene presentata la Neolingua, una versione semplificata dell’inglese per rendere più chiari gli annunci del Grande Fratello. Non ha funzionato molto bene. Le parole spesso finivano per significare l’opposto di ciò che sembravano.

Neanche l’esperimento di Powell ha funzionato tanto bene. Si sarebbe tentati di dire che è il momento che i banchieri centrali tornino a fare silenzio, ma questo probabilmente porterebbe ad una confusione ancora maggiore.

Una soluzione potrebbe essere far partecipare un altro funzionario alla conferenza stampa, come il presidente della Fed di New York John Williams nel suo ruolo di vice presidente del FOMC, o Richard Clarida, vice presidente della Fed, o entrambi.

Il vice presidente Luis de Guindos spesso si unisce al Presidente Mario Draghi alla conferenza stampa della BCE, sebbene non dica molto.

Ma Powell non è Draghi. L’ex governatore della Banca d’Italia tiene costantemente il polso dei mercati e padroneggia tutte le sfumature della comunicazione, dal bazooka “tutto quello che serve” alla straordinaria gestione delle aspettative sull’imminente pacchetto di allentamento monetario.

A Powell farebbe comodo una mano e non c’è motivo perché resti sul palco da solo. Inevitabilmente, ovviamente, i giornalisti comincerebbero ad indirizzare le loro domande a Williams o Clarida per avere risposte su cui i mercati possono fare affidamento. Ma al pubblico potrebbe andare meglio così.

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