Ancora una volta, Facebook (NASDAQ:FB), sia la compagnia che il titolo, si trova sotto pressione. Nella campagna capeggiata dai gruppi per i diritti civili USA per costringere la compagnia social a controllare la diffusione di messaggi di odio e disinformazione sulle sue piattaforme, numerosi marchi globali stanno ritirando le proprie inserzioni da Facebook.
Gli investitori stanno diventando sempre più nervosi man mano che la campagna aumenta. La loro maggiore preoccupazione: le prospettive finanziarie del colosso dei social stanno diventando più incerte, soprattutto con la pandemia che infuria ancora, mantenendo chiuse molte attività che di conseguenza non stanno spendendo soldi per la pubblicità.
E il titolo della compagnia rispecchia questa preoccupazione. Nelle ultime cinque sedute, il titolo di Facebook è crollato di oltre l’8.
Grafico settimanale FB sui 12 mesi precedenti (TTM)
Nello stesso periodo, il numero di marchi globali che ha annunciato lo stop alle campagne pubblicitarie su Facebook è lievitato.
Dopo che Unilever (NYSE:UL) e Coca-Cola (NYSE:KO) hanno reso noto che avrebbero messo “in pausa” le spese su Facebook, Starbucks (NASDAQ:SBUX), Levi Strauss & Co. (NYSE:LEVI) e PepsiCo (NASDAQ:PEP) si sono unite al boicottaggio del colosso dei social e di altre piattaforme. Solo ieri, le hanno seguite a ruota anche Ford (NYSE:F) and Clorox (NYSE:CLX), tra gli altri.
Questi marchi supportano la campagna “#StopHateForProfit” che punta a costringere Facebook e gli altri social a monitorare in modo più efficace e vietare i post che inneggiano alla violenza, che dividono e disinformano il pubblico, e che promuovono razzismo e discriminazione. Secondo il Wall Street Journal, in base ad una nota di ricerca di MKM Partners che ha fornito un link, esiste un “tabulato che fino a [ieri] sera elenca più di 240 compagnie, organizzazioni e privati che hanno preso parte alla campagna”.
Starbucks domenica ha reso noto che interromperà le spese per tutte le piattaforme social, portando avanti al contempo delle discussioni interne con partner media e gruppi per i diritti civili “nel tentativo di fermare la diffusione dei messaggi di odio”.
Il titolo soffre, ma come vanno gli affari?
Come abbiamo detto, il titolo di Facebook ha reagito negativamente a questa iniziativa di alto profilo per influenzare la sua politica editoriale. In effetti, dopo aver raggiunto il massimo storico di 245,19 dollari la scorsa settimana, il titolo è stato scambiato a 220,64 dollari alla chiusura di ieri.
Per gli investitori a lungo termine, la questione principale è capire quanto possano essere dannosi queste ritirate delle inserzioni per la compagnia che sta già vedendo un sostanziale rallentamento della crescita delle vendite durante la pandemia.
Un importante punto di forza che differenzia Facebook dalle altre piattaforme social è che il suo flusso di entrate è altamente diversificato. Non dipende dai grandi marchi. Sebbene i grossi inserzionisti come Unilever e Coca-Cola abbiano catturato la maggior parte della luce dei riflettori, la vasta maggioranza degli 8 milioni di inserzionisti di Facebook sono piccole aziende, molte delle quali dipendono fortemente dalla portata globale del social per le loro vendite.
L’anno scorso, le vendite inserzionistiche di Facebook sono salite a 69,7 miliardi di dollari a livello globale grazie ai suoi milioni di inserzionisti. Per molte aziende, soprattutto quelle che si basano sull’e-commerce e sul contatto diretto con i consumatori, abbandonare Facebook non è un’opzione.
Questo è il motivo per cui il fondatore ed amministratore delegato della compagnia Mark Zuckerberg si focalizzerà di più sulle piccole imprese dopo la pandemia. Facebook sta inoltre rendendo le sue proprietà più allettanti, per sfruttare la sua base utenti da 2,6 miliardi di persone al fine di promuovere nuove aree di crescita.
Nuova iniziativa di e-commerce
Nell’ambito di questo piano, Facebook il mese scorso ha svelato le nuove funzioni di e-commerce su tutte i suoi social, che comprendono Messenger, WhatsApp ed Instagram. Questa nuova iniziativa si rivolge principalmente alle piccole imprese che si trovano in difficoltà a causa della pandemia. La funzione consentirà ai commercianti di configurare dei punti vendita online sulle piattaforme Facebook ed Instagram.
Il prodotto principale, chiamato Shops, è una nuova versione di una funzione già esistente su Facebook con un nome simile. Consentirà ai venditori di caricare i loro cataloghi prodotti sulla pagina Facebook o sul profilo Instagram. Shops, ad un certo punto, sarà accessibile dall’intera rete, fornendo ai distributori una linea diretta all’enorme base utenti di Facebook con un unico catalogo prodotti.
Detto questo, la campagna contro i messaggi di odio avrà delle implicazioni, ma probabilmente saranno più dannose per la reputazione della compagnia.
“Data la quantità di attenzione che sta attirando, avrà un impatto significativo sugli affari di Facebook”, scrive in una nota pubblicata da Bloomberg l’analista di Wedbush Securities Bradley Gastwirth.
“Facebook deve risolvere la questione in modo rapido ed efficace per impedire che l’esodo degli inserzionisti vada fuori controllo”.
Un possibile colpo alle entrate dai grandi marchi, insieme alla recessione globale che sta distruggendo molte piccole imprese, potrebbe far aumentare le pressioni sulle vendite di Facebook. La compagnia dovrebbe riportare una crescita delle entrate di solo l’1% questo trimestre ed un balzo del 7% nel terzo, segnalando una forte riduzione delle entrate che spesso raggiunge livelli di crescita superiori al 20%.
Morale della favola
Se dovesse affrontare ulteriori divieti sulle inserzioni e la campagna di boicottaggio dovesse protrarsi oltre luglio, Facebook probabilmente avrà una performance inferiore a quella di altri titoli tech a mega capitalizzazione. Una simile eventualità potrebbe costringere Mark Zuckerberg & Co. ad introdurre dei cambiamenti più radicali per controllare i messaggi di odio e la disinformazione.
Detto questo, ci aspettiamo ribassi limitati per Facebook da questo sviluppo negativo. Non esiste nessun’altra piattaforma social altrettanto potente su cui i marchi possano spostare definitivamente i loro investimenti pubblicitari.