Nel 1989, il Giappone conquistava il mondo.– WSJ
Qualcuno dice che l’economia e i mercati finanziari USA siano in bolle epiche.
Pur trovandoci in una qualche bolla, la nostra situazione attuale impallidisce rispetto alla bolla del Giappone e ai conseguenti decenni persi.
La situazione del Giappone di allora e la nostra attuale non sono esattamente comparabili. Tuttavia, ci sono delle somiglianze.
La doppia bolla del Giappone
Nella prima settimana del gennaio 1990, l’indice nipponico Nikkei 225 aveva raggiunto il picco a 38.916. Come vediamo sotto, l’indice Nikkei era schizzato del 488% in soli dieci anni prima del massimo storico. All’epoca, il P/E ratio era di quasi 60. Oggi, 35 anni dopo, il Nikkei ha finalmente segnato un nuovo massimo storico. Nello stesso periodo (dal 1990 a oggi), l’S&P 500 è schizzato del 1350%!
Non era solo il mercato azionario ad essere in bolla alla fine degli anni Ottanta. Le valutazioni immobiliari, spinte da leve estreme, erano alle stelle. All’epoca, si stimava che il mercato immobiliare totale in Giappone valesse quattro volte quello degli Stati Uniti.
Dalla rovina alla bolla
Dopo la ricostruzione dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone aveva visto un boom economico. Era rapidamente diventato una delle principali potenze economiche e finanziarie mondiali.
Nel 1970, il PIL del Giappone era pari a 217 miliardi di dollari. Entro il 1990, era aumentato a 3,19 mila miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo di ben il 14,4%. A confronto, gli economisti si sono meravigliati per il tasso di crescita a cifra singola della Cina dal 2000.
Questi enormi guadagni economici si sono fermati del tutto a metà degli anni Novanta, segnando l’inizio dei “decenni perduti del Giappone”.
Da allora, il Giappone è stato afflitto da stagnazione economica e deflazione. Il primo grafico sotto mostra che il PIL del Giappone si è ridotto dal 1995. Allo stesso modo, i prezzi sono rimasti invariati nello stesso periodo, con numerose ondate di deflazione.
La lunga strada verso la ripresa
Ci sono molti fattori che contribuiscono ai decenni perduti del Giappone.
All’apice della bolla, nel dicembre 1989, il governo e la Banca del Giappone (BOJ) hanno implementato politiche per bucare le bolle degli asset. Ostacolando la capacità del sistema bancario di creare nuovo debito e di rifinanziare il vecchio debito, si è bloccata la bolla azionaria e quella immobiliare. Il sistema bancario era in grave pericolo, con i valori degli asset che crollavano precipitosamente e i prestiti a garanzia di tali attività privi di garanzie sufficienti.
Nel bene e nel male, il governo aveva supportato le banche per evitare fallimenti catastrofici. Il Giappone probabilmente ha evitato una crisi bancaria e una depressione economica pari o forse peggio alla nostra degli anni Trenta.
Sfortunatamente, le banche sono diventate zombie. Non potevano cancellare i crediti deteriorati; pertanto, la loro capacità di creare nuovi prestiti o di rifinanziare quelli in scadenza era fortemente limitata. Il Giappone di fatto aveva evitato un’enorme depressione, ma era finito con decenni di stagnazione economica. Qual è il male minore?
Effetti demografici persistenti
Ad accentuare ulteriormente i decenni perduti di problemi economici del Giappone è la sua popolazione in calo e in invecchiamento. Il primo grafico sotto, gentilmente fornito da Macro Trends, mostra che la crescita della popolazione nipponica ha raggiunto il picco nel 2009 e da allora scende. Aspetto ancor più preoccupante, il secondo grafico rivela che una grande percentuale della popolazione è over 50 ed è supportata da una base di giovani in diminuzione.
Un’importante conseguenza della prolungata stagnazione economica del Giappone è l’impatto sul mercato del lavoro e sul panorama demografico. Gli elevati tassi di disoccupazione, in particolare tra i giovani, e gli stipendi stagnanti sono diventati la norma. Il risultato è un umore basso, che ha portato a cali dei consumi pro-capite e della fiducia. Di conseguenza, il desiderio di avere figli è sceso nella popolazione.
Molti figli adulti continuano a vivere con i genitori e si rifiutano di lavorare o di sposarsi e mettere su famiglia.
A peggiorare l’aspetto demografico, il Giappone ha rigide norme sull’immigrazione. Il suo tasso di immigrazione netto è 0,74 per 1000 persone, rispetto a 3 per 1.000 degli USA. Dato il suo basso tasso di migrazione netto, il Giappone non riesce a compensare il suo tasso negativo di nascite/decessi con gli stranieri.
La BOJ
La Banca del Giappone (BOJ) ha fatto tutto il possibile per supportare economia e banche. Il grafico sotto, di Trading Economics, mostra che il tasso di interesse di prestito chiave è stato vicino allo zero per oltre 20 anni. Di recente l’ha alzato a 0 - 0,10%. Se strizzate gli occhi, riuscite a vedere l’aumento dei tassi evidenziato con un cerchietto rosso.
Inoltre, ha fatto forte affidamento sugli acquisti di asset (QE). La Banca Mondiale stima che gli asset della BOJ siano pari a ben l’89% del PIL del Giappone. Quasi il triplo rispetto alla Fed. Inoltre, la BOJ possiede circa il 60% del mercato degli ETF azionari ed è il principale azionista di oltre un quinto delle compagnie del Nikkei 225. Possiede anche più di metà dei titoli del Tesoro della nazione.
Afferma di stare cercando di normalizzare la politica. Tuttavia, con lo yen scambiato ai minimi di 20 anni e in deprezzamento contro il dollaro USA, la BOJ dovrà darne prova tramite tassi più alti e meno QE. Il sistema bancario e l’economia del Giappone sono in grado di gestire una simile normalizzazione?
Sintesi
Il Giappone ha commesso dei gravi errori negli anni Settanta, alimentando una delle più grandi bolle finanziarie della storia. Può essere criticato anche per la gestione delle conseguenze delle bolle.
La lotta per riconquistare la normalità economica e di politica monetaria evidenzia come la bolla influenzi ancora drasticamente la nazione.
Non è troppo tardi per l’America per gestire meglio le sue finanze. Sfortunatamente, la maggior parte dei politici vuole essere rieletta e non farà ciò che è meglio per l’America. Proseguire su questa strada alla fine ci porterà alla situazione del Giappone del 1989. Ma non bisogna confondere la nostra situazione con quella del Giappone di quarant’anni fa.