L’annuncio della scorsa settimana di JPMorgan Chase & Co (NYSE:JPM), che intende lanciare un suo token digitale, ha avuto delle ripercussioni sul mondo delle blockchain e delle criptovalute. Si tratta di uno sviluppo inatteso da parte di un operatore improbabile. Sarà anche la prima criptovaluta ad essere lanciata da un’importante banca globale.
La banca sta descrivendo l’introduzione di questa valuta alternativa come un progetto pilota destinato ai clienti istituzionali. Secondo JPMorgan, consentirà trasferimenti di fondi “istantanei” e permetterà sia ai clienti che alla banca di regolare i pagamenti tramite una rete blockchain.
L’aspetto più sorprendente sono le dichiarazioni precedenti dell’Amministratore Delegato di JPM Jamie Dimon, noto per aver stroncato più volte il Bitcoin. Alla fine del 2017 aveva definito la principale criptovaluta per capitalizzazione di mercato una “truffa” ed aveva paragonato i fattori responsabili dell’allora rapidissimo aumento del prezzo alla mania che negli anni Trenta del XVII secolo aveva portato alla bolla speculativa sui bulbi dei tulipani in Olanda.
A fine 2018, persino dopo lo scoppio della bolla speculativa del Bitcoin, aveva denigrato l’asset, affermando: “La blockchain è reale, è tecnologia, ma il Bitcoin non è la stessa cosa di una valuta in corso legale”. Secondo quanto reso noto, questa moneta, la JPM Coin, sembra una sorta di ibrido: è basata sulla tecnologia blockchain e sarà ancorata 1:1 ad una moneta in corso legale, il dollaro USA, il che la rende una stablecoin, simile a Tether o TrueUSD.
JPM Coin rappresenta uno sviluppo molto positivo per la classe di asset e per il settore, afferma En Hui Ong, a capo dello sviluppo imprenditoriale della piattaforma di tecnologia blockchain Zilliqa. Dimostra come una blockchain possa migliorare il modo in cui vengono gestiti i pagamenti tradizionali.
Non chiamatela criptovaluta
Tuttavia, aggiunge, non dovrebbe essere considerata una criptovaluta. Piuttosto, sarebbe meglio descriverla come un “asset digitale”.
“JPM Coin sarà basata su Quorum, una piattaforma di ledger distribuito descritta come “orientata alle imprese”, una versione privata di Ethereum. Poiché Quorum è stata sviluppata da JP Morgan e da alcuni dei suoi soci, la rete sarà controllata dalla banca stessa, il che la renderà sia centralizzata che autorizzata, implicando quindi che tutti i partecipanti saranno esaminati prima di potervi entrare.
E questo contrasta con altre criptovalute come Bitcoin ed Ethereum, dove chiunque dovunque può avviare un nodo e partecipare al sistema senza alcun permesso”.
Queste restrizioni implicano che solo un numero ristretto di partecipanti potrà probabilmente essere in grado di entrare nella rete. Le informazioni rese dalla banca, dice Ong, indicano che JPM Coin è un prototipo che verrà testato da un numero ristretto di clienti istituzionali. Sebbene JPMorgan intenda espandere il programma pilota nel corso dell’anno, non sembrano esserci piani per offrire il servizio di criptovaluta ai clienti retail.
Al contrario, le vere criptovalute sono disponibili per tutti, sottolinea Ong. Tutto ciò che bisogna fare è predisporre un portafoglio in cui conservarle. Ciononostante, Ong spiega:
“Malgrado le differenze rispetto alle criptovalute, il lancio di JPM Coin e la partecipazione dei principali istituti finanziari fornisce una maggiore legittimazione all’intero settore blockchain”.
Angelo Laub, a capo di EOS presso Slant, azienda privata che si occupa di elaborazione di dati e mercato di dati, concorda con Ong:
“I soli utenti della moneta di JP Morgan probabilmente saranno JP Morgan stessa e i suoi clienti. Non riesco nemmeno ad immaginare che altre banche la vogliano utilizzare, in quanto ciò le renderebbe dipendenti da JP Morgan Bank per l’elaborazione delle transazioni. Tuttavia, è un grande passo in avanti per una banca fare una cosa del genere. Quest’idea sarebbe stata impensabile uno o due anni fa".
Altri non considerano questo sviluppo particolarmente degno di nota. Marcel Vaschauner, presidente del direttivo di Slant, afferma che JPM Coin (che viene emessa da una banca ed è collegata ai fondi del cliente che la utilizza) somiglia più ad uno strumento di pagamenti digitali europeo chiamato e-money. Spiega che si tratta di un’idea già ampiamente usata dalle fintech.
Tuttavia, viste le critiche precedenti mosse da Dimon alle criptovalute, qualcuno all’interno del settore non può fare a meno di apprezzare l’ironia, anche se poco convinto sulla moneta stessa. Pedro Anderson, direttore operativo e co-fondatore di Winding Tree, afferma:
“JPM Coin è un’ottima conferma [della classe di asset]. La accettiamo. Tuttavia, l’intera questione si basa sull’avere fiducia in JPM, credere che farà tutto giusto se sarà al comando perché … ha un sacco di soldi”.
Passerà il confine?
Ned Myers, vice presidente senior del Product Management di AlphaPoint, ritiene che l’entrata di JP Morgan nel mondo degli asset digitali sia un altro chiaro segnale del fatto che il settore dei token sta rapidamente “superando il confine”, per citare Jeffrey Moore, passando da un’adozione iniziale all’accettazione di massa.
“Insieme ad altri annunci da Fidelity e all’entrata del BAKKT dell’ICE nel mondo delle piazze di asset digitali ... vediamo la mossa di JPM come un chiaro segnale del fatto che l’uso degli asset digitali da parte degli istituti finanziari è ormai arrivato. Aspetto con ansia il punto di svolta, quando i prodotti finanziari tokenizzati diventeranno lo standard di fatto per lo sblocco della liquidità di mercato”.
Altri, però, pensano che non sia altro che una trovata pubblicitaria. Vaibhav Kadikar, fondatore ed Amministratore Delegato di CloseCross, ritiene che JPM Coin, sebbene definita criptovaluta, sia considerata dai critici nient’altro che uno stratagemma auto promozionale con scarso valore reale.
“La banca pionieristica sta facendo affidamento sia sulla sua partecipazione di mercato dominante, con le compagnie che rientrano nella Fortune 500 come clienti, che sul fatto che altre banche ne imiteranno la strategia, per spingere ad una maggiore adozione”.