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La FED ha finito il ciclo di rialzi dei tassi, ma è difficile che a breve scendano

Pubblicato 06.11.2023, 08:07
Aggiornato 09.07.2023, 12:32
US500
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PMI composito di ottobre dell’Europa in uscita oggi alle 10:00 (stima 46,5 punti contro 47,2 di settembre. Importante seguire il dato di inflazione YoY di ottobre della Germania in uscita mercoledì alle 8:00 (stima 3,8% contro 4,5% di settembre).
 
Venerdì scorso i dati USA del lavoro sono risultati più deboli delle aspettative: il tasso di disoccupazione di settembre è stato pari al 3,9% (3,8% le attese e il dato di agosto). Il numero complessivo di disoccupati, pari a 6,5 mln, è cambiato poco rispetto a settembre, ma risulta in aumento dello 0,5% rispetto ai minimi di aprile. Gli occupati di ottobre sono cresciuti di 150k (180k le attese e 297k il dato di settembre) al di sotto della media mensile di 258k degli ultimi 12 mesi.
 
In flessione rispetto alle attese il PMI composito di ottobre (50,7 punti contro 51 atteso e 50,2 di settembre), il PMI servizi di ottobre (50,9 punti contro 53 atteso e 50,1 di settembre) e l’ISM non manifatturiero di ottobre (51,8 punti contro 53 atteso e 53,6 di settembre).
 
Una crescita più lenta dell’occupazione può riflettere un’economia che si sta raffreddando, mantenendo l’inflazione a fuoco lento. L'inflazione è già diminuita drasticamente rispetto a un anno fa, quando la FED ha aumentato i tassi ai massimi degli ultimi 20 anni, ma finora non sembra aver avuto un impatto negativo sul mercato del lavoro.
 
Scavando un po’ più a fondo, notiamo come la crescita annuale dei salari sia stata del 4,1% in ottobre, ancora relativamente elevata e superiore alla media del 4% stimata dagli analisti. Tuttavia è scesa dal 4,2% di settembre. I salari sono attentamente monitorati per il possibile impatto inflazionistico, anche se Powell ha affermato questa settimana che la crescita dei salari non è stata uno dei principali motori della recente inflazione.
 
Per quanto riguarda i mercati finanziari, notiamo come l'attuale stagione degli utili sembra molto simile agli ultimi trimestri, con la maggior parte delle aziende che superano le aspettative sugli utili, ma non se la passano altrettanto bene in termini di fatturato. Dei circa tre quarti delle società dell’S&P 500 che hanno riportato utili finora, l’81% circa ha superato le stime di consensus sull’utile, ma solo il 48% ha registrato ricavi superiori. Il miglioramento dell’utile netto è stato principalmente trainato dal miglioramento della produttività e dalla razionalizzazione dei costi di struttura. Il miglioramento di queste due componenti ha ovviamente dei limiti e non può spingersi all’infinito. Occorre che poi ci sia il sostengo dei ricavi.
 
Le prospettive gestionali moderate per il trimestre in corso e per il prossimo anno potrebbero fungere da segnale di allarme. Se si guarda alle linee guida aziendali, ci sono prove evidenti di un indebolimento economico in alcuni settori del trimestre in corso (anche se non in tutti i settori). Indebolimento che dipenderà dalla persistenza della contrazione economica attesa a causa dei rendimenti più elevati e che in definitiva influirà sulle stime di crescita per il 2024.
 
Se concordiamo sul fatto che con molta probabilità l’aumento di luglio è stato l’ultimo di questo ciclo di stretta monetaria, il fattore determinante diventa quanto tempo i tassi saranno mantenuti elevati, perché questo non potrà non avere ripercussioni sulle prospettive economiche e finanziarie delle aziende.
 
Sebbene il tasso di riferimento della FED sia al livello più alto degli ultimi 22 anni, l’economia statunitense si è dimostrata sorprendentemente resistente, ma gli effetti dei rialzi cominciano a farsi sempre più concreti. Venerdì scorso, come abbiamo visto, il tasso di disoccupazione di settembre è cresciuto al 3,9% (dal 3,8% di agosto) e il numero degli occupati di ottobre, pari a 150k, è cresciuto decisamente meno rispetto alle attese di 180k e al dato di settembre di 297k. A seguito dei dati i trader di futures hanno fissato a quasi l'80% di probabilità che il FOMC mantenga invariato il tasso di interesse nel meeting di dicembre.
 
Tassi fermi a dicembre. Ma potrebbe essere in arrivo una loro flessione? Difficile che dai livelli attuali aumentino ancora e quindi la prossima mossa della FED sarà al ribasso. Ma crediamo non così in fretta. Gli investitori insistono però sul fatto che i tassi ufficiali saranno presto abbassati e quindi potrebbero riconsiderare le scelte di portafoglio.
 
Sebbene i mercati abbiano apparentemente concluso che la fine dei rialzi della FED significa che presto verranno tagliati aprendo un nuovo ciclo di politica monetaria entro la prima metà del 2024, non ci sentiamo di condividere questa visione. La crescita economia USA rimane infatti forte, nonostante la FED di Atlanta abbia tagliato le stime per il 4Q23 dal 2,3% all’1,2%. E anche l’indice PMI, rimane in territorio espansivo. E mentre la FED ha compiuto progressi significativi verso l’obiettivo d’inflazione al 2%, sia i dati economici che la sua retorica continuano a puntare a tassi più alti per periodi più lunghi.
 
Ciò suggerisce che i rendimenti rimarranno all’interno di un range ai livelli elevati. Almeno per ora. Gli investitori alla ricerca di interessanti opportunità di portafoglio
in questo contesto dovrebbero considerare le allocazioni alle attività di rischio, incluso per esempio gli immobili commerciali, che storicamente hanno avuto buoni risultati in questo contesto di circostanze difficili.

Il settore immobiliare commerciale ha dovuto far fronte a venti contrari sin dall’inizio dell’attuale ciclo di politica monetaria restrittiva della FED. Dal 16 marzo 2022 (il giorno la FED ha alzato i tassi per la prima volta in più di tre anni) al 31 ottobre 2023, i fondi comuni di investimento immobiliare (REIT) statunitensi quotati in borsa hanno reso mediamente il -25%, come misurato dall'indice FTSE Nareit All Equity REITS.
 
Al contrario, il più ampio indice S&P 500 è sceso del -2,6% nello stesso periodo. Riteniamo che il sentiment negativo nei confronti dei REIT e la loro sottoperformance spossa essere attribuito in gran parte all'incomprensione del mercato sull'impatto di un aumento dei costi di finanziamento del debito sugli utili dei REIT. In verità invece, i REIT hanno aumentato gli utili nel 2022 e nei primi sei mesi del 2023. Data la maggiore crescita degli utili e il calo dei prezzi, i REIT hanno visto i loro multipli degli utili futuri diminuire più di qualsiasi altro settore azionario, rendendoli attraenti in termini di valutazione.
 

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