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La finanza comportamentale aiuta i mercati

Pubblicato 23.03.2022, 06:09
Aggiornato 12.01.2022, 13:50
Thaler e la finanza comportamentale

Mai come in momenti come l’attuale la comprensione del comportamento degli attori del mercato diventa strategica. Ci sono diversi indicatori che tentano di prevedere le intenzioni di investimento e che svolgono un ruolo di base nell'attività economica complessiva. Tutti gli indicatori fanno riferimento alla teoria comportamentale (vedi R. Thaler e C. Sunstein), piuttosto che alle teorie economiche classiche. La differenza principale tra i due approcci è che secondo Thaler l’essere umano non ha una conoscenza perfetta del mondo intorno a sé, non possiede una forza di volontà ferrea e quando prende decisioni tiene anche conto delle considerazioni altrui e di fattori etici. Alla base delle teoria comportamentale c’è il fatto che gli esseri umani sbagliano così di frequente che è possibile prevederne gli errori e costruire modelli di comportamento alternativi a quelli dell’economica classica. Un esempio per capirci: gli esseri umani tendono a concentrarsi sull’impatto di una singola decisione anziché valutare il quadro complessivo e molti attribuiscono un valore diverso a un bene a seconda che lo possiedano o no. Queste sono il complesso di quelle che Thaler chiama “limitazioni cognitive”, che devono essere considerate nei contesti decisionali, soprattutto di politica economica.

I governi cominciano ad applicarla…
Ed è proprio quello che hanno fatto diversi governi, inclusa la Casa Bianca, facendo proprie le teorie dell’economista di Chicago. E’ stato Thaler a scoprire il meccanismo della “mental accounting”. Secondo la finanza convenzionale infatti, il denaro è fungibile e quindi se per esempio trovo 100 euro a terra li spenderò allo stesso modo di come spendo i soldi in busta paga. Ma Thaler ha verificato che non è così: nella nostra mente esisterebbero “cassetti” separati in cui sistemare il denaro a seconda della provenienza e della destinazione. E ancora, il concetto di “nudge” (la spinta gentile), secondo la quale non è vero che le persone, anche quando hanno accesso all’informazione necessaria, decidano sempre nel modo per loro più conveniente: le decisioni sono spesso influenzate dal contesto nel quale vengono prese.

…anche se è sempre stata dominio del diritto
In passato i governi raramente si sono affidati alle scienze del comportamento per impostare l’attività regolatoria. Questo è sempre stato il dominio del diritto con forti collaborazioni da parte dell’economia. Ha cominciato l’amministrazione USA, grazie a B. Obama, che ha segnato una forte discontinuità con il passato: nel 2011 due anni dopo essere stato nominato presidente, Obama emise un Executive Order in cui si invitavano le Agenzie Federali e valutare l’opportunità dell’utilizzo della teoria del nudge e dell’architettura delle scelte nella loro attività di regolamentazione. Questo ha portato ad esempio all’introduzione da parte del governo americano di una serie di misure di successo nella regolamentazione del credito sugli scoperti di conto, sull’overdraft nella carte di credito e sui down deposit per i mutui. In altre parole, il lavoro di Thaler avvicina le scienze economiche e la finanza, che spesso per mancanza di educazione finanziaria avvertiamo distanti, alla comprensione dei fenomeni che sottendono ai bisogni di tutti i giorni.

La spinta gentile è fondamentale per il nostro paese
Nel nostro paese avvertiamo forte l’esigenza di un’educazione finanziaria che consenta investimenti e risparmi consapevoli. Thaler ha spiegato nella sua ricerca il modo in cui focalizzare le indagini economiche in termini più incisivi su problemi reali e importanti. La teoria di Thaler non indica che settori o titoli privilegiare (anche se alla domanda, Thaler ha indicato il settore fintech), ma consente di formulare la “spinta gentile” per farlo. Nel nostro Paese questo consentirebbe ad una buona parte di denaro dormiente sui conti correnti di essere investito nell’economia reale e per questa via consentire una sostenibile crescita del PIL.

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