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Visti i recenti sviluppi legati alla diffusione del coronavirus, durante la giornata del 3 marzo, la Federal Reserve ha deciso di tagliare i tassi d’interesse dello 0,5%, scatenando una reazione opposta a quello che le autorità avrebbero sperato.
Jerome Powell, presidente della Federal Reserve si è espresso dicendo: “Il virus e le misure prese per contenerlo peseranno per un periodo di tempo sull’attività economica qui e all’estero. Il taglio dei tassi non ridurrà il numero delle infezioni e non risolverà i problemi della produzione, lo sappiamo. Ma crediamo che le nostre azioni forniranno una spinta significativa all’economia.”
Non si è fatta attendere la risposta del presidente americano Donald Trump che su Twitter non ha perso l’occasione per ricordare le numerose volte che lui stesso aveva incentivato la FED a riallineare i tassi d’interesse americani a quelli delle altre nazioni per favorire l’economia statunitense. Le critiche che Trump sta portando avanti nei confronti della banca centrale americana hanno luogo da molto tempo. Accusata di mantenere i tassi d’interesse troppo alti rispetto al mercato, dal canto suo, la Fed ha sempre mostrato integrità, non cedendo alle numerose provocazioni fatte da Trump e agendo in maniera disinteressata rispetto alla campagna politica su cui il presidente americano ha sempre fatto leva.
L’amministrazione Trump nel corso di questi anni ha chiesto spesso e volentieri alla Federal Reserve una riduzione dei tassi, i quali avrebbero fatto aumentare investimenti e produzione. Non risulta però di difficile comprensione che questo atteggiamento è fortemente condizionato da interessi di partito piuttosto che pubblici. A conferma di ciò è doveroso dire che lo stesso presidente, in questi giorni sta limitando la stampa con tutti i mezzi a sua disposizione per evitare la diffusione del panico dovuto al coronavirus per paura che tali effetti portino forti ripercussioni sull’economia. Il presidente americano, solitamente molto attento all’attenzione che i media gli riservano, in vista delle prossime elezioni presidenziali potrebbe pagare a caro prezzo questo modo di agire.
In seguito all’annuncio fatto dal presidente della banca centrale americana, i mercati finanziari, che in un primo momento hanno reagito positivamente con un forte spike rialzista, sono andati in rosso dopo pochi minuti, continuando la discesa ormai iniziata da diverse settimane. Questo perchè un taglio così accentuato ai tassi d’interesse non avveniva dalla Grande Recessione del 2008. Dunque, quella che inizialmente era stata pensata come una manovra per far ripartire l’economia, ha incentivato l’analisi che pochi giorni prima era stata pubblicata da Moody’s su una possibile recessione globale.
Nel report di Moody’s Analytics si legge “L’economia globale subirà un impatto sul Pil di quasi un punto percentuale (annualizzato) nel primo trimestre, e rallenterà di 0,4 punti percentuali fino al 2,4% nel 2020”. Inoltre, Moody’s evidenzia come l’economia mondiale presentasse debolezze già prima dell’arrivo del coronavirus e che quest’ultimo abbia solo accentuato una situazione che per forza di cose, sarebbe stata destinata a muoversi in questa direzione. Mark Zandi, Chief Economist di Moody’s Analytics sottolinea: “L'economia era già fragile prima dell'epidemia e vulnerabile a tutto ciò che non si fosse attenuto al copione. Covid-19 era fuori copione”.