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Lo scontro commerciale è un bene per l’oro e lo vedremo a 1.600 dollari?

Pubblicato 15.10.2019, 16:00

L’oro è tornato vicino ai 1.500 dollari, con i future che hanno attraversato la soglia per poi tirarsi indietro prima dell’attestazione di ieri a New York. Il prezzo dei lingotti, nel frattempo, resta vicino al suo vecchio supporto, per tentare un ritorno entro domani o comunque entro questa settimana.

Ancora una volta, le richieste di asset rifugio scatenate dallo scontro commerciale sono state le responsabili di questi movimenti. E ancora una volta il mondo sembra stare accettando questa semplice logica senza farsi troppe domande.

Ma lo scompiglio commerciale USA-Cina è davvero un bene per l’oro? E, cosa più importante, potrebbe portare il metallo giallo a 1.600 dollari ed oltre prima della fine dell’anno (l’obiettivo a cui puntano i fan dell’oro)?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo dare uno sguardo allo storico dei prezzi dell’oro ed alla sua correlazione con lo scontro commerciale.

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Ecco il fattore chiave: lo scontro commerciale funziona in entrambe le direzioni per l’oro

Torniamo al gennaio 2018, quando è cominciato il conflitto commerciale, con i dazi apparentemente innocui applicati dal Presidente USA Donald Trump su pannelli solari e lavatrici ad uso domestico in arrivo dalla Cina. Trump ha poi introdotto un’imposta del 25% sull’acciaio cinese e del 10% sull’alluminio.

Il successivo round di dazi è arrivato nell’estate 2018, a luglio, agosto e settembre, in rapida successione. Ad oggi, 464° giorno ufficiale del conflitto commerciale, gli Stati Uniti applicano dazi su 550 miliardi di dollari di prodotti cinesi. La Cina risponde con dazi su 185 miliardi di dollari di prodotti USA.

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Ora, diamo un’occhiata a come sono andati i prezzi dell’oro negli ultimi 20 mesi. Per tutto il 2018, l’oro ha visto un calo da oltre i 1.300 dollari l’oncia di gennaio ai 1.200 dollari di ottobre. I ribassi maggiori sono avvenuti in realtà tra l’aprile e il settembre 2018, quando sia le parole che le conseguenti azioni nell’ambito dello scontro commerciale sono state più intense. Quest’anno, dopo un’ondata di slancio rialzista in estate che l’ha spinto al massimo di sei anni di poco meno di 1.560 dollari, l’oro è rimasto incastrato in movimenti altalenanti ed in range stretto.

In parte, alcune difficoltà possono essere attribuite alle prese di profitto dai livelli di overbought. Ma le voci che circolano in questo periodo parlano di un accordo commerciale USA-Cina che potrebbe essere in vista e dell’impasse sulla Brexit che potrebbe presto finire. La conclusione delle due principali situazioni di stallo al mondo riduce la necessità di rifugiarsi in asset come l’oro, così dicono.

Ma è solo metà della storia.

L’utilizzo di oro per gioielli da parte della Cina comincia ad essere colpito

La parte di cui raramente sentiamo parlare è che lo stress causato dallo scontro commerciale all’economia cinese ed al sentimento di crescita sta pesando anche sulla sua domanda di oro utilizzato per la produzione di gioielli, ornamenti e per applicazioni industriali.

Di certo, la Cina è ancora il principale compratore di lingotti al mondo. La sua banca centrale ne ha comprato quasi 10 tonnellate solo a luglio, portando le riserve di oro a 62,26 milioni di once, circa 1.945 tonnellate.

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Ma d’altra parte, il settore commerciale sta vedendo una domanda di oro ridotta. Sebbene la domanda di gioielli cinese nel 2018 sia aumentata del 3% su base annua al massimo di tre anni di 672,5 tonnellate, nel solo quarto trimestre si è registrato un tonfo del 3%.

Fawad Razaqzada, analista tecnico per le materie prime e le valute di forex.com, ha scritto ieri:

“Anche se Stati Uniti e Cina dovessero mettere fine al loro scontro commerciale, questo non sarà necessariamente un male, in quanto le prospettive di un aumento della domanda fisica da quello che è uno, se non il maggiore, dei principali consumatori di oro al mondo potrebbero tenere i prezzi supportati”.

L’altro aspetto che ha continuamente colpito l’oro nelle ultime settimane è stato il dollaro USA. L’indice del dollaro, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di sei valute, ha raggiunto il massimo di quasi due anni e mezzo di 99,33 a settembre ed è rimbalzato di oltre il 2% sull’anno in corso. Sebbene questo risultato possa impallidire rispetto ai picchi di sei anni dell’oro ed all’impennata annua del 13%, il rialzo del dollaro ha rappresentato un ostacolo intermittente per il metallo prezioso nelle ultime settimane.

Come spiega l’agenzia di consulenza online sui metalli preziosi Sunshine Profits:

“L’azione di prezzo dell’oro suggerisce che, contrariamente alla teoria, gli attriti commerciali sono stati in realtà negativi per il metallo giallo, in quanto hanno rafforzato il dollaro, il principale rivale del metallo prezioso”.

Non escludete l’ipotesi dell’oro a 1.600 dollari, non ancora

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Sono ancora fiducioso che l’oro raggiungerà i 1.600 dollari, o forse più, prima della fine dell’anno, preparando il terreno ad un tentativo nel 2020 di puntare al suo massimo storico sopra i 1.900 dollari.

La mia convinzione si basa sulle altre due possibilità che avrà la Federal Reserve di tagliare i tassi di interesse prima della fine dell’anno, ciascuna delle quali comporterà probabilmente un’ulteriore riduzione di un quarto di punto, portando la sforbiciata totale sull’anno a 2 punti. Anche se l’oro riuscisse a registrare (e a mantenere) un apprezzamento di 50 dollari in ciascuno degli aumenti di ottobre e di dicembre, questo dovrebbe riuscire a portare il prezzo sopra i 1.600 dollari.

Sono inoltre scettico sul fatto che Stati Uniti e Cina possano riuscire a risolvere le loro divergenze entro la fine dell’anno con un accordo commerciale che non porti ad un ulteriore antagonismo fra di loro. Malgrado la mia spiegazione su come lo scontro commerciale sia un’arma a doppio taglio per la domanda di oro, la tesi popolare è che lo stallo sia di supporto al metallo giallo. Senza una soluzione dell’impasse, aspettatevi che continui ad essere spinto su.

Andy Hecht, un collega che si occupa di materie prime per Investing.com, condivide la mia tesi, affermando che il calo dei tassi di interesse globali, il trend rialzista dell’oro in tutte le valute, gli alti e bassi dello scontro commerciale ed una serie di problemi, dall’Iran alla Brexit ed all’impeachment di Trump, potrebbero scatenare gli acquisti dell’oro in un batter d’occhio.

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Aggiunge Hecht:

“Non sarei sorpreso di svegliarmi una mattina e vedere l’oro ad un nuovo massimo sopra il livello di 1.600 dollari l’oncia”.

Razaqzada di forex.com presenta anche dei fattori tecnici e fisici per spiegare perché l’oro probabilmente supererà i 1.600 dollari entro dicembre.

Afferma che i grafici settimanali dell’oro mostrano che l’indice di forza relativa (RSI) si sta lentamente allontanando dalle condizioni di overbought, fondamentalmente per motivi temporali più che di azione di prezzo. Questo, spiega, è un buon segno del fatto che l’oro si sta mantenendo vicino ai massimi senza cedere molto.

Parla anche dei 3,9 miliardi di dollari di afflussi netti su ETF globali basati sull’oro e prodotti simili a settembre che hanno portato il possesso collettivo al massimo storico di 2.808 tonnellate, superando i livelli di fine 2012, quando l’oro era scambiato vicino a 1.700 dollari.

Se ci si basa su questo possesso di ETF, allora l’oro potrebbe salire di almeno altri 200 dollari dai livelli attuali, asserisce.

Afferma Razaqdada:

“L’oro è schizzato per quattro mesi consecutivi in passato, è salito in 8 degli ultimi 12 mesi, ha superato un consolidamento vecchio di 6 anni ed ha infranto numerosi livelli di resistenza e medie mobili”.

“Perciò, in base ai motivi che elencati, preferiamo pensare che emergeranno pattern di prezzo rialzisti piuttosto che ribassisti da qui in avanti”.

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