Sono pochi i campi dell’attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza (J.K. Galbraith).
Vendita di nuove abitazioni USA di febbraio in uscita oggi alle 15:00 (stima 675k contro 661k di gennaio). Domani vedremo invece il dato importante sulla fiducia dei consumatori di marzo (stima 106,9 contro 106,7 di febbraio).
Gli investitori si chiedono come si possano confrontare le valutazioni dell’indice S&P 500 attuali con quelle della bolla tecnologica che raggiunse il picco nel marzo 2000. Come abbiamo messo in luce più volte, una delle differenze principali tra allora e oggi è la qualità delle aziende che guidano la carica. Come dice il vecchio saggio di mercato, solo perché le azioni sono costose adesso, non significa che non lo saranno più in futuro. Parole sagge per gli investitori.
Uscire sui massimi ed entrare sui minimi di mercato non è mai un esercizio facile e quasi impossibile da eseguire in modo coerente. Naturalmente, dopo il grande rialzo del mercato rispetto ai minimi di fine ottobre 2023 (un po’ più del 25%), molti analisti e investitori temono che il rapporto prezzo/utili (P/E) dell’indice S&P 500, una misura comune del numero di dollari che un investitore è disposto a pagare per un dollaro di guadagni, è troppo alta rispetto alla media storica. In altre parole, le azioni, o almeno un certo numero di settori azionari di alto profilo, sono troppo costose da acquistare ai livelli recenti.
Chi ci segue da tempo, avrà notato che non siamo favorevoli a rincorrere l’S&P 500 al rialzo dai livelli attuali. Riteniamo che le valutazioni siano piuttosto forzate come indica la maggior parte dei parametri, compreso il rapporto P/E. Il che non significa che non ci siano settori da prendere in considerazione. Innanzitutto, riteniamo che i settori dell’informatica (rating neutrale), dei servizi di comunicazione (rating neutrale) e dei beni di consumo voluttuari (rating sfavorevole) siano significativamente sopravvalutati e crediamo che occorra ridurne le esposizioni in ciascuno di essi. Riterremmo in questa fase più conveniente spostarsi sui settori industriale, energetico, dei materiali e della sanità, che presentano multipli in linea o inferiori alle rispettive media storiche.
Ma torniamo alla domanda iniziale e facciamoci aiutare fai numeri. In questo momento, sulla base delle stime medie di consensus dell'utile per azione di 230 dollari per il 2024, l'S&P 500 è scambiato a un P/E di 22 volte. Utilizzando i dati Bloomberg, al culmine del mercato nel marzo 2000 e utilizzando gli utili effettivi per quell'anno, il P/E calcolato sarebbe pari a 27x, quindi significativamente superiore all'attuale P/E. Se applicassimo la valutazione di marzo 2000 alla stima degli utili del 2024 per un confronto, ciò porterebbe l’S&P 500 a circa 6.200 (circa il 20% in più rispetto al livello attuale), chiaramente in bolla come allora.
Come nel caso del rally che ha portato al massimo dell’S&P 500 del marzo 2000, la crescita recente del mercato ha visto un numero relativamente piccolo di titoli orientati alla tecnologia. Tuttavia, una delle differenze principali tra allora e oggi è la qualità di molte delle aziende che guidano la carica. Oggi, le società che guidano il rally stanno mostrando una forte crescita dei ricavi e degli utili, insieme a bilanci solidi e livelli di debito accettabili. Nel 2000, molte società portarono l'indice a livelli record sulla base delle grandi speranze di produrre un giorno ricavi e utili robusti.
I rapporti P/E non sono, come noto, uno strumento di timing. Le azioni hanno valutazioni elevate, ma i prezzi potrebbero comunque salire. Ci aspettiamo tuttavia una maggiore volatilità nei prossimi trimestri che potrebbe offrire interessanti opportunità per aumentare l’esposizione ai titoli azionari a valutazioni più ragionevoli.
Ci sono dei rischi all’orizzonte? E quando non ce ne sono. Previsioni, stime e proiezioni non sono garantite e si basano su determinati presupposti e opinioni, sulle condizioni economiche e di mercato che sono soggette a modifiche anche significative nel corso di poco tempo.
Ogni classe di attività ha le proprie caratteristiche di rischio e rendimento. Il livello di rischio associato ad un particolare investimento o classe di attività è generalmente correlato al livello di rendimento che l’investimento o la classe di attività potrebbe ottenere. I mercati azionari sono volatili, lo sappiamo. I valori delle azioni possono fluttuare in risposta alle condizioni economiche e di mercato generali, alle prospettive delle singole società e ai settori industriali.
Gli investimenti settoriali possono essere più volatili rispetto agli investimenti ampiamente diversificati in numerosi settori dell'economia e aumentano la vulnerabilità di un portafoglio a qualsiasi singolo sviluppo economico, politico o normativo che influisca sul settore. Ciò può comportare una maggiore volatilità dei prezzi.
Se per esempio c’è un aumento del rischio di investimento in un determinato settore industriale, le industrie di quel settore possono essere influenzate in modo significativo dalle condizioni generali del mercato e dell'economia, dalla concorrenza, dall'innovazione tecnologica, dalla legislazione e dai regolamenti governativi e che possono incidere in modo significativo sulla performance di un portafoglio.
Se prendiamo invece il settore energetico, questo potrebbe essere influenzato negativamente dalle variazioni dei prezzi mondiali dell’energia, dall’esplorazione, dalla spesa produttiva, dalla regolamentazione governativa e dalle variazioni dei tassi di cambio, dall’esaurimento delle risorse naturali e dai rischi derivanti da condizioni meteorologiche estreme.
Le industrie dei materiali possono essere influenzate in modo significativo dalla volatilità dei prezzi delle materie prime, dal tasso di cambio tra valuta estera e dollaro, da problemi di esportazione/importazione, concorrenza mondiale, approvvigionamento e produzione e problemi di contenimento dei costi. E lo abbiamo sperimentato durante la pandemia e più recentemente con i problemi legati al canale di Suez.
Alcuni dei rischi associati agli investimenti nel settore sanitario comprendono invece la concorrenza sui prodotti di marca, l’erosione delle vendite dovuta ad alternative più economiche, il rischio di ricerca e sviluppo, le normative governative e l’approvazione governativa dei prodotti che si prevede entreranno nel mercato.