Mancano ormai poche ore al principale appuntamento dell’anno per gli azionisti di ben 60 società quotate a Piazza Affari e come avviene puntualmente in questo periodo, c’è chi si chiede se sia meglio un uovo oggi o una gallina domani e quali impatti avrà lo stacco sulle quotazioni. Prima di cercare di rispondere al quesito, ricordiamo che lunedì 20 maggio, 21 titoli inclusi nel principale listino milanese, il FTSE Mib, staccheranno il dividendo dalle quotazioni azionarie, per il pagamento che avverrà nei due giorni successivi.
Quest’anno l’incidenza sul valore dell’indice Ftse Mib è stimata in 531 punti, pari al 2,54% dei 20863 punti dell’ultima chiusura, grazie al contributo generoso di Intesa Sanpaolo (MI:ISP), che distribuirà un dividendo di 0,197 euro ad azione ( 9,2% di dividend yield sull’ultima quotazione), Azimut (MI:AZMT), che anche quest’anno farà felici i suoi azionisti con un dividendo di 1,50 euro ad azione ( 8,85%), o ancora Generali (MI:GASI), con 0,90 euro ad azione ( 5,38%) e FCA (MI:FCHA), che dopo aver distribuito ad aprile un dividendo ordinario di 0,65 euro elargirà il 20 maggio anche un dividendo straordinario di 1,30 euro ad azione nell’ambito dell’operazione Magneti Marelli : ciò implica che all’apertura delle contrattazioni di lunedì 20 maggio, l’indice segnerà un ribasso del 2,54% , che come avviene praticamente ogni anno scatenerà qualche notizia allarmistica di un presunto crollo di Piazza Affari che non esiste.
Nella realtà dei fatti, la quotazione al netto dei dividendi, peraltro già osservabile sul corrispondente contratto future con scadenza giugno che infatti, quel giorno, non segnerà la medesima variazione negativa dell’indice, non comporterà alcun danno per chi ha investimenti sul mercato azionario italiano e pertanto si può dire che lo stacco del dividendo non eserciterà alcun impatto significativo sul risultato degli investimenti. O quasi.
Quel che è certo è che sarà inutile mettersi in posizione “ short” alla chiusura del venerdì per sfruttare la discesa dei titoli e dell’indice all’apertura del lunedì. Benché sia venuto in mente a tutti almeno una volta, è inutile provarci perché in Borsa non ci sono pasti gratis. Pertanto accantonata l’idea di andare corti sul listino, vediamo in termini economici cosa accadrà , a titolo di esempio , a chi avrà in portafoglio il titolo Intesa Sanpaolo tra la chiusura di venerdì 17 e l’apertura di lunedì 20.
Ipotizzando una chiusura di settimana a 2,10 euro ad azione, alla riapertura dei mercati il titolo Intesa Sanpaolo ripartirà da 1,903 euro, segnando pertanto una variazione negativa del 9,3%. Un’azionista che possedesse 10000 Intesa Sanpaolo si troverà pertanto con una perdita di 1970 euro che già nel corso della giornata, ma in realtà già in apertura, potrà aumentare o diminuire a seconda che ci siano acquisti o vendite sul titolo. Tuttavia, tale perdita sarà soltanto il frutto della scissione del dividendo dalla quotazione azionaria e pertanto il 22 maggio si riceverà il corrispettivo in accredito per pareggiare i conti.
Ma sarà proprio così? In realtà no, perché la fiscalità sui dividendi azionari prevede che questi vengano considerati come “ redditi di capitale”, senza alcuna possibilità di compensazione con eventuali minusvalenze. Pertanto, il dividendo di 0,197 euro arriverà all’azionista al netto del 26% , ovvero nella misura di 0,14578 euro per ogni azione posseduta. A conti fatti, mentre la perdita da dividendo sarà , nell’esempio delle 10000 azioni, pari a 1970 euro, l’accredito del dividendo sarà di 1457,8 euro: 512,2 euro è la differenza negativa.
Conviene quindi davvero l’uovo oggi, ossia incassare il dividendo o forse esiste un modo per farlo fruttare in maniera alternativa e meno onerosa da un punto di vista fiscale? Una prima ipotesi potrebbe essere quella di vendere il titolo in chiusura del venerdì e riacquistarlo alla riapertura del lunedì: in questo modo, ipotizzando l’assenza di variazione del titolo rispetto alla quotazione ex-dividend, si sarebbe certi di incassare l’intero dividendo lordo, in particolare se si hanno minusvalenze da far valere come compensazione per la chiusura dell’operazione in ipotetico guadagno. Una seconda strada, meno aleatoria, è invece quella che consente di trasformare il dividendo in una strategia di investimento fiscalmente efficiente che il mercato conosce ormai molto bene e che anche nel primo trimestre del 2019 ha fatto segnare numeri record all’industria dei certificates.
TUTTO SI TRASFORMA, NIENTE SI DISTRUGGE
Come è noto a chi già ne conosce il funzionamento, i certificati non danno diritto a ricevere il dividendo distribuito dall’azione o indice sottostante. Il motivo per cui questo dividendo non si percepisce è perché viene utilizzato dalla banca emittente, per strutturare una strategia opzionale in grado di proteggere il capitale dai ribassi o di generare un flusso cedolare periodico fiscalmente efficiente: o entrambe le cose. Vediamo ad esempio come il ricco dividendo pagato quest’anno agli azionisti da Intesa Sanpaolo, Azimut, Eni (MI:ENI) e FCA, sia stato utilizzato per la costruzione di un certificato che investe implicitamente proprio sulle 4 blue chips italiane.
Ipotizzando di acquistare i 4 titoli in parti uguali e che il dividend yield rimanga costante nei prossimi esercizi, si riceverà un dividendo lordo del 7,05% annuo ( 5,22% netto) e si parteciperà illimitatamente ai rialzi e ai ribassi azionari. Il certificato Phoenix Memory Airbag identificato da codice Isin CH0470804656, quotato dalla svizzera Leonteq sul mercato di Borsa Italiana EuroTLX, al contrario riconoscerà il dividendo anziché una volta l’anno, in dodici cedole dello 0,60% ( 7,2% annuo), ma a una condizione e cioè che a ogni rilevazione mensile, i 4 titoli siano almeno al 50% del proprio livello iniziale fissato in emissione. Il flusso cedolare, dotato di effetto memoria per permettere all’investitore di garantirsi l’intero rendimento anche qualora per uno più mesi non ci siano le condizioni per il pagamento ma a patto che almeno in una data futura, inclusa quella di scadenza, tutti i titoli siano al di sopra della barriera del 50%, è di natura finanziaria “diversa” e pertanto può essere considerato netto se si hanno minusvalenze generate da qualsiasi altro strumento di investimento, inclusi fondi, ETF, azioni o certificati: da qui la prima differenza a vantaggio del certificato, ossia la possibilità di rendere netto quel dividendo del 7,05% dato dal basket di titoli, avendo minusvalenze da utilizzare.
La seconda differenza tra l’investimento in azioni e quello nel certificato risiede nel fatto che con il paniere di titoli si potrà guadagnare molto più del 7% annuo, cosa non possibile con il Phoenix Memory Airbag. Ma per chi si accontenta del 7,2% annuo, ecco la terza importante differenza: mentre con i titoli, un ribasso del 50% comporterà un dimezzamento del capitale investito, con il certificato il capitale sarà interamente protetto dai ribassi e pertanto anche qualora i 4 titoli si trovino a scadenza al 50% dei valori correnti, i 1000 euro investiti oggi saranno ancora 1000 e in più avranno generato 72 euro di cedole annue. Cosa accadrà infine se uno dei titoli cadrà a scadenza oltre il 50% dall’emissione? Ancora una volta ci facciamo aiutare da un esempio: ipotizzando che uno dei titoli si trovi a scadenza del certificato in ribasso del 55%, il rimborso avverrà nella misura di 900 euro, generando pertanto una perdita di soli 10 punti percentuali.
La discesa dei titoli azionari dell’ultima settimana ha fatto calare anche la quotazione del certificato, acquistabile a circa 980 euro. A questi prezzi, il rendimento sfiora l’8% annuo. C’è inoltre da specificare che è presente tra le righe del regolamento un’opzione cosiddetta “ autocallable”, che consentirà di rimborsare anticipatamente il capitale, maggiorato della cedola, alla prima occasione mensile in cui i 4 titoli rilevino oltre il proprio livello iniziale. Tale opzione verrà esercitata automaticamente a partire da ottobre 2019, pertanto già prima della fine dell’anno si potrebbe rientrare dell’investimento con i premi previsti. Per ottenere il rimborso, a partire dal 2020 il livello richiesto ai titoli scenderà del 5% rispetto all’emissione e cosi via di anno in anno fino all’80% dell’ultimo periodo che precederà la scadenza naturale.Altro esempio, altra trasformazione del dividendo. In questo caso Credit Suisse ha optato per un basket composto dai titoli Azimut, FCA, STM (PA:STM) e Unicredit (MI:CRDI) ( dividendo medio lordo del 4,57% e netto del 3,38%) per confezionare un Phoenix Memory Airbag (Isin XS1520274199) che con cadenza trimestrale prevede il pagamento di cedole del 2,02%, pari all'8,08% p.a., a condizione che il titolo più debole del basket sia almeno al 50% dello strike iniziale, ovvero che ad esempio Unicredit rilevi ogni trimestre al di sopra dei 6,11 euro, un livello mai toccato nella storia. Anche per questa emissione è prevista l’opzione della memoria sulle cedole cosi come quella autocallable che permette il rimborso anticipato del capitale mentre per la protezione del capitale, il funzionamento è del tutto simile a quello precedentemente descritto.
Quotato 98 euro in Borsa Italiana, offre ad oggi un rendimento superiore all’8,50% annuo.