Oramai non ci sono più motivi che giustifichino l'attuale fase risk-on dei mercati azionari. Tutti quei fattori, soprattutto l'accordo USA-Cina, l'apparentemente scongiurata Brexit no-deal, il taglio dei tassi FED e le attese degli utili azionari statunitensi, che avevano riportato un certo ottimismo che ha spinto le quotazioni, si sono esauriti.
Proprio all'apice della fiducia degli investitori, come si può vedere dal Fear&Greed Index della CNN.
Quindi è molto probabile che ci troviamo di fronte all'inizio di una congiuntura di mercato risk-off dell'azionario globale. Anche perchè sulla scena mediatica mondiale sta tornando sotto i riflettori una serie di ben conosciuti fattori market mover ribassisti, ossia:
- la rinata sfiducia del mercato verso l'Italia per le tensioni nella maggioranza a causa del trionfo leghista in Umbria;
- i segnali di rallentamento della Germania dai quali tante importanti istituzioni stanno mettendo in guardia gli investitori, in primis la BundesBank, la quale ormai si aspetta ufficialmente la recessione;
- la non scongiurata Brexit no-deal, che potrebbe tornare a far tremare i mercati durante la campagna elettorale in Gran Bretagna;
- l'apparente propensione della FED a non tagliare i tassi il prossimo 11 dicembre: cioè la decisione, che veroficheremo alla prova dei fatti, di non alimentare ulteriormente la crescita dei listini tagliando il costo del denaro.
I fattori sopra elencati, combinati tra loro, formano una bomba di incertezza globale che potrebbe scoppiare da un momento all'altro e la cui miccia potrebbe essere la più che probabile correzione stagionale dei mercati azionari, che si verifica a quasi ogni chiusura delle trimestrali aziendali, poichè innescata da prevedibili vendite allo scoperto. A maggior ragione in mesi come ottobre e novembre, statisticamente ribassisti.
Di conseguenza è molto probabile che nei prossimi mesi assisteremo ad una rinnovata corsa alle quotazioni di mercato dei beni rifugio, che torneranno in risk-on.