Qualunque sia l'esito del voto del 26 maggio, il nuovo establishment europeo dovrà affrontare alcuni dossier scottanti per il futuro dell'Unione che di certo avranno pesanti ripercussioni sui mercati finanziari.
1. La successione alla BCE
Il prossimo ottobre scade il mandato di Mario Draghi a governatore della BCE. La nomina del suo successore spetta al Consiglio europeo, l'organo esecutivo intergovernativo dell'Unione.
L'insediamento di un falco o di una colomba condizionerà la politica monetaria dei prossimi anni. Se essa dovesse essere restrittiva, come accadde durante il mandato di Trichet, potrebbe avere come conseguenze, da un lato, un rialzo doloroso dei tassi di finanziamento dei debiti pubblici più fragili dell'eurozona, in primis di quello italiano, e, dall'altro lato, una stretta del credito che colpirebbe pesantemente le economie reali causando un deprezzamento generalizzato dei corsi azionari.
2. L'instabilità finanziaria italiana
Negli ultimi giorni lo spread è tornato ad avvicinarsi a circa 285 punti base, il minimo di novembre scorso. Segno che i mercati non nutrono buone aspettative per il nostro Paese.
Da tempo l'Italia si trova nella palude della recessione a cui si accompagna un clima d'incertezza politica che continua a crescere e che, verosimilmente, potrebbe aggravarsi dopo il voto europeo alla luce della ridefinizione del consenso politico reale. Inoltre, come sopra ricordato, a pesare ultermente sul rischio Italia è la possibile fine del QE nel 2019 (che finora ha permesso al Bel Paese di non diventare una "Grecia bis"), ma non ancora pienamente attuata. Molto dipenderà dal nuovo inquilino di Francoforte, oltre che dall'auspicabile senso di autoconservazione dell'Italia.
3. La fragilità del sistema bancario europeo
Nei bilanci delle banche europee, sopratutto di quelle francesi e tedesche, pesano migliaia di miliardi di euro di NPL illiqui, cioè di fatto senza mercato.
Qualora dovesse ripresentarsi una crisi economica a livello europeo il "rinoceronte grigio" degli NPL potrebbe manifestarsi con tutto il suo potenziale destabilizzante.
A livello finanziario darebbe inizio a una stagione di profonda e duratura crisi del sistema bancario, che potrebbe causare un crollo dei corsi azionari del settore, una crescita strutturale del costo del debito e il fallimento di molte banche.
A livello macreoeconomico provocherebbe una stretta sistemica del credito dando inizio ad un ciclo negativo dell'economia reale dell'UE che, come facilmente prevedibile, causerebbe un crollo generalizzato di medio-lungo termine dei corsi azionari europei.
Date tutte queste premesse e il clima di forte tenzione globale che stiamo vivendo, non è affatto inverosimile ipotizzare che possa concretizzarsi in un futuro non molto remoto uno scenario di destabilizzazione economico-finanziaria strutturale del sistema UE, con le inevitabili e forti tensioni che ciò provocherebbe sui mercati finaziari a livello mondiale.