Market Brief
Dopo una fase di letargia, caratteristica delle sedute di contrattazione di fine anno, lunedì i mercati finanziari si sono svegliati con un sussulto dopo che le piazze cinesi hanno archiviato la seduta con un calo del 7% dell’indice CSI 300. A Shanghai le azioni sono calate del 6,85%, a Shenzhen la borsa ha chiuso con una flessione dell’8,19%, perché aumentano i timori per il rallentamento cinese e a causa della fine di un divieto, introdotto la scorsa estate per stabilizzare le borse, sulle vendite di titoli per gli azionisti principali.
Il PMI ufficiale del settore manifatturiero cinese riferito a dicembre (49,7 punti rispetto ai 49,8 previsti) dimostra che sono imminenti ulteriori aggiustamenti al ribasso, mentre l’economia continua il suo processo di trasformazione. Stamattina il PMI manifatturiero elaborato da Caixin, sempre riferito a dicembre, si è attestato a 48,2 punti, cifra inferiore ai 48,9 punti previsti e ai 48,6 del rilevamento precedente. Per quanto riguarda gli aspetti positivi, l’indice ufficiale del settore non manifatturiero è balzato a 54,4 punti dai 53,6 del mese precedente.
Nel Medio Oriente, le tensioni fra Iran e Arabia Saudita si sono intensificate ancora di più dopo che l’Arabia Saudita ha interrotto le relazioni diplomatiche in scia all’attacco alla sua ambasciata a Teheran. L’attacco è arrivato dopo l’esecuzione di un religioso sciita da parte dell’Arabia Saudita. L’incertezza nella regione ha fatto aumentare il prezzo del greggio, il Brent ha guadagnato più dell’1% e testa la resistenza a 38 USD.
Le valute legate alle materie prime hanno fatto registrare i cali maggiori nella notte, l’avversione al rischio si è, infatti, propagata anche oltre i confini cinesi. Il kiwi (NZD) ha ceduto l’1,80%, raggiungendo quota 0,6745 USD. La coppia NZD/USD ora testa il supporto costituito dal limite inferiore del canale di trend ascendente in atto da un mese posto intorno a 0,6750 USD.
Al secondo posto tra le valute con l’andamento peggiore troviamo l’AUD, calato dell’1,30% a Sydney, a quota 0,7198 USD. Prevediamo che le pressioni sulle valute legate alle materie prime, soprattutto AUD e NZD, rimarranno elevate perché gli operatori le hanno sostenute nelle ultime settimane del 2015 a dispetto di dati fondamentali fiacchi.
In Giappone, lo yen è in ottima forma: in rialzo dell’1,30% contro l’USD, ha raggiunto il livello più alto dal 16 ottobre. Lo yen passa di mano a 118,95 contro il biglietto verde, in scia al PMI manifatturiero di dicembre superiore alle attese. L’indice è salito a 52,6 punti a fronte dei 52,5 della stima precedente. La coppia USD/JPY troverà un forte supporto a 118,07 (soglia psicologica e minimo del 15 ottobre); se venisse violato, la prossima area di supporto sarebbe compresa fra 115,50 e 116,20 (minimo dicembre 2014 e agosto 2015). Al rialzo, il livello a 123,76 (massimo 18 novembre) fungerà da resistenza.
In Europa, gli indici azionari sono scesi in territorio negativo con il diffondersi dei timori per la Cina. I futures sul DAX mostrano un calo del 3,04%, quelli sul Footsie dell’1,32%. L’SMI ha ceduto l’1,55%, il CAC 40 francese l’1,68%. Gli asset considerati rifugi sicuri hanno invece tratto vantaggio dall’avversione al rischio, con l’oro in rialzo dello 0,95%, il franco svizzero dello 0,65% contro il dollaro e dello 0,10% contro la moneta unica.
Oggi gli operatori monitoreranno il rapporto IPC in Turchia e Germania; i depositi a vista totali della BNS in Svizzera; i PMI manifatturieri in Canada, Italia, Francia, Germania ed Eurozona; le approvazioni di mutui e il PMI manifatturiero nel Regno Unito; l’indice Markit sul manifatturiero, l’ISM manifatturiero, l’indice sui prezzi pagati e la spesa per le costruzioni negli USA; la bilancia commerciale e il PMI manifatturiero in Brasile.
Arnaud Masset, Market Strategist,
Swissquote Europe Ltd