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Sread&Quirinale - una coppia da tener d'occhio

Pubblicato 07.01.2022, 16:32
Aggiornato 12.03.2019, 08:00


135 punti base distanza tra il BTP ed il Bund, quasi il massimo degli ultimi 15 mesi, sono una buona ragione per occuparsi del Quirinale: l'esito della partita potrebbe essere molto importante anche per il mercato finanziario. La pensa così, Goldman Sachs (NYSE:GS), che il mese scorso aveva pronosticato un allargamento dello spread di 30-40 punti base in vista dell'inizio delle votazioni. Stima azzeccata, in quanto il differenziale con la Germania è circa 50 punti base sopra i livelli di fine estate. 

Nella nota intitolata, Draghi - Should I stay or should I go, la banca d'affari  scrive che sarebbe augurabile per l'Italia una permanenza di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio, in quanto la sua leadership è garanzia di un "rapida implementazione del Recovery Fund". 

Se l'ex governatore della BCE venisse eletto presidente della Repubblica, si rafforzerebbe "l'ancoraggio dell'Italia, e della sua politica, all'Europa, ma questo è un risultato di medio lungo periodo, nell'immediato, "queste elezioni scatenerebbero incertezza riguardo al nuovo governo e alla sua efficacia politica. Data la divergenza interessi tra i partiti in Parlamento e il tempo tipico che ci vuole per formare un nuovo governo, siamo preoccupati che questo scenario comporti un ritardo nell'attuazione del Recovery Fund", si legge nel report.

Insomma, senza Draghi, rischia di avverarsi l'ipotesi poco incoraggiante di Goldman Sachs sul destino dei soldi in arrivo da Bruxelles: "stimiamo che il governo sarà in grado di mettere a frutto solo il 60% di 39 miliardi di sovvenzioni UE previste nel 2022", si legge nella nota firmata anche da Filippo Taddei, oggi Chief Economist for Southern Europe di Goldman Sachs, ma in passato responsabile dell'area economia e lavoro del PD.
Taddei, che probabilmente è il vero autore di un report che sceglie per titolo una canzone di The Clash, ammette che la situazione è ingarbugliata, per cui ogni esito è possibile (close call).

Per orientarsi in un territorio che neanche i quirinalisti conoscono poi tanto bene, è meglio farsi guidare da un politico di esperienza, e di età, notevole, Rino Formica. Intervistato da Repubblica due giorni fa, il novantacinquenne ex ministro delle finanze premette di non aver mai visto "una situazione più terremotata di adesso", in questo momento, "il Parlamento è incontrollabile. Un terzo dei parlamentari sa che è in soprannumero, vista la riduzione dei seggi. Un terzo è consapevole che non sarà ricandidato, un terzo è espressione di capi che non contano più nulla".

Invitato a ragionare su quel che potrebbe succedere, Formica dice che Berlusconi non ha possibilità ("non lo vogliono nè Salvini né Meloni"), mentre Draghi "temo sia inadatto, perché in lui prevale la cultura del banchiere".

A microfoni spenti, probabilmente tanti parlamentari direbbero cose non tanto diverse: Draghi è troppo lontano dal mondo che dovrebbe indirizzare, meglio stia ad occuparsi dell'Italia come presidente del Consiglio. 

Goldman Sachs ritiene che il nome uscirà quando si troverà il compromesso tra chi vuole lo status quo, perché non ha interesse ad andare ad elezioni anticipate, e chi non ha incentivi a mantenere la situazione attuale.
PD e Fratelli d'Italia, pregiudizialmente contrari allo status quo, dovrebbero essere più favorevoli all'ipotesi Draghi al Quirinale. Forza Italia, Italia Viva e Movimento 5 Stelle hanno invece un interesse opposto, mentre la Lega, secondo Taddei sta un po' a metà.

Visti gli equilibri di partenza nel collegio perfetto di 1009 elettori che comincia a votare dal 24 gennaio, le ipotesi con più chance, almeno all'inizio, sono quelle che non prevedono Draghi vincente.

I numeri dicono che un nome del centro destra, ma non Berlusconi, ha la possibilità di vincere. Anche un personaggio delle istituzioni come Giuliano Amato, gradito a quanto pare a tutti, avrebbe qualche possibilità. Se non si trovasse il nome, una soluzione, almeno parziale, sarebbe quella della riconferma di Mattarella, che ha già detto di non voler restare, ma difficilmente direbbe no ad un prolungamento chiesto a gran voce da tutte le forze politiche. La via non sarebbe nuova, vista che con Napolitano si arrivò ad una riconferma seguendo lo stesso copione.

Draghi potrebbe arrivare al Colle nel caso, ad oggi poco probabile, di un vasto accordo trasversale tra forze politiche, un'intesa da unità nazionale che in questo momento non sembra trovare terreno fertile

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