Altra seduta in rosso per Ubi Banca (MI:UBI) (-1.10%, 2.34 euro prezzo min. del giorno) che si sta riavvicinando a quota 2.252 euro (prezzo min. ultimi 4 anni circa).
Oggi Barclays (LON:BARC) ha ridotto il target di Ubi Banca a 3,4 da 3,54 euro e ha confermato il rating “equalweight”. Gli esperti abbassano le stime sull’utile del 2016 e le previsioni sul 2017-2018 rispettivamente del 2% e del 3%.
Ubi Bca ha archiviato il 2° trimestre con una perdita netta di 829 milioni di euro, in forte peggioramento rispetto all’analogo periodo 2015.
Ieri Credit Suisse ha tagliato il rating a “neutral” da “outperform” e il target a 2,7 da 3,5 euro; Kepler Cheuvreux ha riddtto il target price da 3,5 a 3 euro ma ha confermato il rating buy “buy”.
Il titolo Ubi Banca ha completamente azzerato i progressi degli ultimi 4 anni ed i corsi di questo passo si riavvicineranno al primo target negativo posizionato a 2,23 euro e successivamente a 2,16 (sotto questi livelli nuovi affondi fino in area 2 euro).
Dato l’attuale livello dei tassi di mercato, attesi ancora stabili nei prossimi mesi, l’evoluzione del margine di interesse nella seconda metà del 2016 beneficerà della progressiva azione di ricomposizione della raccolta diretta retail verso la componente, meno onerosa, a breve termine e potrebbe migliorare se troverà conferma la recente ripresa dei volumi di impiego.
Si prevede che le commissioni nette nel 2016 possano ancora beneficiare del processo di ricomposizione della raccolta totale a favore del risparmio gestito e, in minor misura, anche della graduale ripresa dei crediti alla clientela. Il contesto dei mercati finanziari sarà ancora caratterizzato da una persistente volatilità e potrebbe limitare le possibilità di prese di beneficio sulle riserve di valutazione positive relative al portafoglio titoli di proprietà, rispetto a quanto conseguito nel primo semestre.
La continua ottimizzazione delle altre spese amministrative e l’Accordo Sindacale siglato alla fine del passato esercizio dovrebbero consentire di contenere gli oneri operativi, al netto delle componenti non ricorrenti, in linea con il 2015, nonostante l’incremento dei costi relativi alla contribuzione al Fondo Unico di Risoluzione e al Fondo di Garanzia dei Depositi.
La rischiosità particolarmente contenuta del portafoglio in bonis e la prosecuzione della riduzione del flusso di nuovi crediti deteriorati, dovrebbero confermare un’ulteriore riduzione del costo del credito nel 2° semestre del 2016 rispetto all’analogo periodo del 2015, in linea con quanto previsto nel Piano Industriale 2019-2020.