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Aumento sforzi per un “dollaro digitale” è incoraggiante, ma quanto è realistico?

Pubblicato 23.04.2020, 09:36

Insieme all’aumento della pandemia globale di COVID-19 c’è stato anche un recente incremento significativo delle discussioni sul lancio di un “dollaro digitale”. Ad essere onesti, considerate le priorità ben più incalzanti al momento per i governi nazionali e per una parte significativa della comunità scientifica, è probabile che l’idea non diventerà realtà tanto presto.

Tuttavia, sono stati compiuti alcuni nuovi passi per adattare il modo in cui la valuta di riserva globale possa essere trasferita ai contribuenti USA e ad altri elettori.

A marzo, il Senatore USA Sherrod Brown (Democratico, Ohio) ha introdotto una proposta chiamata “Banking For All Act” presentata alla Commissione del Senato per le banche, il settore immobiliare e gli affari urbani. In base alla proposta, sarà richiesto alle banche membri, cioè nazionali o statali, o a banche e società fiduciarie che sono membri di una delle banche della Federal Reserve, di gestire dei portafogli digitali, di proprietà della Fed, per persone ed organizzazioni interessate, e che saranno usati per ricevere direttamente pagamenti governativi. Ciò consentirebbe ai clienti di avere dei “FedAccount” presso le loro banche locali.

Nell’attuale contesto economico di forte stress, ciò garantirebbe dei pagamenti sicuri e rapidi alle persone che hanno urgente bisogno di simili iniziative governative in base al pacchetto di aiuti da 2 miliardi di dollari attivato il mese scorso, nonché ad eventuali programmi futuri.

Un dollaro digitale sarebbe persino più utile?

Quindi, un dollaro digitale non sarebbe persino più vantaggioso? Paesi come Cina e Svezia si sono già messi al lavoro per sviluppare versioni digitali delle loro valute in corso legale. Un gruppo di persone affiliate all’agenzia di consulenza professionale globale Accenture, in collaborazione con la Digital Dollar Foundation, crede che sarebbe una soluzione altrettanto utile negli Stati Uniti. Hanno lanciato un progetto mirato a sviluppare quella che definiscono una valuta digitale della banca centrale USA (CBDC), chiamata anche “dollaro digitale”.

In un recente articolo su CoinDesk, uno degli azionisti della Fondazione, ex presidente della U.S. Commodity Futures Trading Commission, Christopher Giancarlo, ha spiegato che “sono state fatte delle proposte per infrastrutture di pagamento in denaro elettronico, il cosiddetto “dollaro digitale”, per distribuire pagamenti elettronici direttamente ai consumatori”.

Secondo la Fondazione, l’iniziativa sarebbe particolarmente valida per le agenzie governative che devono occuparsi della distribuzione di aiuti per la crisi alle fasce vulnerabili della popolazione, soprattutto quelle che non hanno accesso ai servizi bancari. Ad esempio, dicono, la trasmissione diretta di dollari digitali sugli smartphone farebbe risparmiare tempo. Aggiunge Giancarlo:

“In una pandemia in cui il virus viene trasmesso tramite le transazioni in contanti (carta e moneta), pagare cibo e prodotti essenziali in dollari digitali sarebbe più che conveniente: salverebbe vite”.

Non sorprende che per i sostenitori del cripto-mondo una mossa simile sia un fattore positivo per l’intera classe di asset. Ankit Bhatia, amministratore delegato di Sapien Network, ritiene che si tratti di un primo passo entusiasmante che potrebbe spingere all’approvazione degli enti regolatori ed all’adozione delle criptovalute.

“Sarebbe importantissimo per tutto il cripto-mondo, perché è probabile che i commercianti svilupperanno metodi di pagamento che accettano questi “dollari digitali” e che ci siano alte possibilità che questo sviluppo riduca il bisogno di denaro fisico e banche private. Con un ledger alla base del dollaro digitale, le contraffazioni diventeranno molto più difficili e gli innocenti non saranno puniti per le transazioni con denaro contraffatto”.

Altri tuttavia sono meno convinti. Cyril Alvarez, a capo della blockchain per 2gether, avverte che, sul lungo termine, i dollari digitali potrebbero avere alcune ripercussioni per le criptovalute rivali esistenti che sono già ancorate al dollaro USA.

“[Ciò] potrebbe avere un serio impatto su altre stablecoin come Tether o DAI, dal momento che sarebbe un rivale diretto, ma appoggiato dal governo USA. Potrebbe persino portare al divieto di stablecoin non nazionali”.

La vera domanda, fa notare Alvarez, è: cosa succederà alle valute nazionali fra 10-20 anni se le stablecoin decentralizzate dovessero diventare sempre più accettate ed utilizzate? Come potranno i governi, ad esempio, applicare sanzioni contro un attore statale o non-statale senza il controllo delle chiavi private? Inoltre, cosa comporterebbe una versione digitale per la posizione dell’USD come valuta di riserva mondiale?

Sebbene Alvarez non abbia delle risposte pronte, non crede che il lancio di un “dollaro digitale” sia imminente:

“Ci sono così tante domande complicate a cui rispondere ancora che lo ritengo un evento improbabile nei prossimi cinque anni”.

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