Vendite al dettaglio MoM di ottobre dell’Europa in uscita oggi alle 11:00 (stima +0,2% contro -0,3% di settembre). Occupati USA ADP (settore privato) di novembre alle 14:30 (stima 128k contro 113k di ottobre).
Produzione industriale della Francia MoM di ottobre peggiore delle attese (stima – 0,3% contro +0,2% attese e -0,6% di settembre). PMI composito di novembre dell’Europa migliore delle stime (stima 47,6 punti contro 47,1 atteso e 46,5 di ottobre). Il PMI composito e il PMI servizi USA di novembre sono risultati entrambi in linea con le attese (50,7 punti e 50,8 punti rispettivamente). Meglio delle aspettative è risultati invece l’ISM non manifatturiero sempre di novembre (52,7 punti contro 52 atteso e 51,8 di ottobre) a conferma dello stato di buona salute dei servizi che sostengono però l’inflazione.
Novembre è stato un mese favorevole per gli investitori, in cui sia le buone che le cattive notizie sono state viste come motivo di ottimismo. Sul fronte delle buone notizie, i dati sull'inflazione durante il mese hanno mostrato ulteriori progressi nel processo disinflazionistico. Il rilascio dell'indice delle spese per consumi personali (PCE) della scorsa settimana da parte del Bureau of Economic Analysis ha infatti fatto eco al tono dell'ultimo rapporto sull'indice dei prezzi al consumo pubblicato all'inizio di novembre.
Gli investitori hanno accolto con favore sia i recenti progressi sull’inflazione, sia i dati che mostrano che l’economia sta rallentando. Questo perché le cattive notizie rafforzano la crescente convinzione che, visti i passi avanti compiuti nel ridurre l’inflazione, la FED considererà i segnali di rallentamento della crescita come un motivo per dichiarare che la missione è compiuta e quindi, oltre a porre fine al ciclo di rialzi dei tassi, possa aprire per ruotare verso un loro taglio all’inizio. 2024. Gli investitori si aspettano un taglio complessivo di 125 bp nel 2024.
Da qualche tempo osserviamo molti dei recenti segnali di rallentamento dell’economia, tra cui dati deboli sul settore manifatturiero, segnali di un allentamento del quadro occupazionale e indicatori economici anticipatori costantemente mediocri. Ma forse il modo più chiaro per illustrare come le cattive notizie abbiano portato il mercato al rialzo nell’ultimo mese è con il Citi Economic Surprise Index, che traccia la differenza tra i risultati economici ufficiali e le previsioni di consenso: maggiore è il livello dell’indice, più i dati economici sono aggiornati. L'indice era pari a 63,7 a fine ottobre, ma da allora è sceso a soli 25,6 la scorsa settimana. In altre parole, le notizie sono peggiori delle aspettative.
Nello stesso arco di tempo, l’indice S&P 500 ha guadagnato circa il 10%. Non crediamo sia una coincidenza che anche l’adozione delle cattive notizie come stimolo per i tagli dei tassi abbia spinto al ribasso i rendimenti obbligazionari. La crescente convinzione che la FED taglierà i tassi la prossima volta che interverrà può essere vista nel rapido calo dei rendimenti obbligazionari, come riflesso dal rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni. Questi ultimi sono scesi dal 4,93% di fine ottobre al 4,19% alla chiusura delle contrattazioni della scorsa settimana. Questo calo dei rendimenti ha ovviamente alimentato l’impennata delle azioni.
La prospettiva delle cattive notizie come buone, si basa sulla convinzione che la FED sarà in grado di utilizzare lo strumento brusco della politica monetaria in modo tale da portare ad un atterraggio morbido nonostante i ritardi imprevedibili di tale politica. E’ possibile tuttavia che l’atterraggio non sia così morbido come se lo aspettano i mercati: la crescita economica potrebbe infatti non essere sufficientemente consistente tanto da mantenere sotto controllo la disoccupazione ma non altrettanto rapida da alimentare pressioni salariali.
Sebbene le pressioni sui prezzi continuino ad allentarsi, riteniamo infatti che permangano aree di preoccupazione per la FED. Fra tutte, l’inflazione sul versante dei servizi dell’economia rimane elevata. Nel frattempo, recenti indagini sulla fiducia dei consumatori hanno mostrato che le aspettative di inflazione stanno aumentando, il che potrebbe portare a maggiori pressioni inflazionistiche e una ripresa del ritmo di crescita dei salari.
Sebbene in calo rispetto al picco post-COVID, la crescita dei salari rimane tuttora intorno ad un livello incompatibile con l’obiettivo inflazionistico della FED. Pertanto, riteniamo improbabile che Powell allenti la politica monetaria finché non ci saranno segnali chiari e persistenti che la crescita dei salari non rappresenti più una minaccia per la stabilità dei prezzi e che altri fattori persistenti, come l’inflazione dei servizi, non saranno completamente spenti.
Come notiamo, l’ultimo miglio nella battaglia contro l’inflazione (il più difficile) si sta svolgendo in un momento in cui l’economia sta rallentando. Questo significa che il quadro occupazionale potrebbe dirigersi verso un punto di flessione e quindi la FED potrebbe incontrare maggiori difficoltà nel gestire un atterraggio morbido.
Come abbiamo già avuto modo di dire, una volta che la disoccupazione inizia ad aumentare, le perdite di posti di lavoro probabilmente acquisiranno slancio e alla fine si tradurranno in una recessione o in qualcosa che gli assomiglia molto. Statisticamente in ogni ciclo economico a partire dalla seconda guerra mondiale, una volta che il tasso di disoccupazione era aumentato di circa lo 0,5%, ha continuato a salire e non si è fermato finché il tasso non è aumentato dell’1,9% o più. Non c'erano fermate intermedie. Non siamo ancora arrivati a quel punto, ma ci stiamo avvicinando al superamento della soglia critica/storica dello 0,5%.
Del resto, le recessioni sono una parte naturale del ciclo economico. La strutturazione di un portafoglio crediamo debba prendere in considerazione le recessioni economiche in modo da resistere agli alti e bassi derivanti da un ciclo economico in continua evoluzione.