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Greggio in salita, previsto un calo delle scorte USA

Pubblicato 08.07.2015, 12:47
© Reuters.   I futures del greggio WTI recuperano le perdite precedenti in vista dei dati sulle scorte USA
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Investing.com - I futures del greggio West Texas Intermediate recuperano le precedenti perdite di questo mercoledì, nella speculazione che i dati settimanali sulle scorte previsti nel corso della seduta mostrino un calo delle scorte di greggio USA maggiore del previsto la scorsa settimana.

Sul New York Mercantile Exchange, il greggio con consegna ad agosto sale di 45 centesimi, o dello 0,85%, a 52,78 dollari al barile negli scambi della mattinata statunitense, risollevandosi dal minimo della seduta di 51,48.

Ieri, il prezzo del greggio scambiato sulla borsa di New York è precipitato a 50,58 dollari, il minimo dal 6 aprile, per poi chiudere a 52,33 dollari, in calo di 20 centesimi, a causa dei timori per la crisi del debito greco e dei forti ribassi sui mercati azionari cinesi.

Il report governativo di oggi dovrebbe mostrare un calo delle scorte di greggio statunitensi di 0,7 milioni di barili la scorsa settimana, mentre le scorte di benzina dovrebbero essere scese di 0,3 milioni di barili.

Ieri, alla chiusura dei mercati l’American Petroleum Instituteha dichiarato che le scorte di greggio statunitensi sono scese di 958.000 milioni di barili nella settimana conclusasi il 3 luglio, contro le aspettative di un calo di 1,1 milioni di barili.

I futures del greggio sono crollati la scorsa settimana quando Baker Hughes (NYSE:BHI) ha dichiarato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti è salito di 12 unità la scorsa settimana a 640, dopo 29 settimane consecutive di riduzione.

Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna ad agosto è in salita di 64 centesimi, o dell’1,13%, a 57,49 dollari al barile. Quest’oggi il Brent aveva toccato il minimo giornaliero di 55,88 dollari.

Ieri, il greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra ha segnato 55,10 dollari, un livello che non si registrava dal 25 marzo, per poi attestarsi a 56,85 dollari, in salita di 31 centesimi, o dello 0,55%.

Lo spread tra il Brent ed il WTI è di 4,71 dollari al barile, contro i 4,52 dollari segnati alla chiusura di ieri.

Il sentimento dei mercati è sostenuto dalle speranze di una soluzione alla crisi del debito greco, dopo che i funzionari della zona euro hanno dato al paese tempo fino a domani per presentare nuove proposte per stipulare un accordo coi creditori.

Il governo greco presenterà quest’oggi una richiesta ufficiale per ricevere un nuovo pacchetto di salvataggio da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), il fondo di salvataggio permanente della zona euro.

Il prezzo del greggio ha risentito fortemente del crollo che si sta registrando sulle piazze di scambio cinesi, nonostante i tentativi del governo di mantere la calma sui mercati.

L’indice Shanghai Composite è crollato di quasi il 6% negli scambi volatili di questo mercoledì dopo il crollo dell’8% segnato poco dopo l’apertura, mentre gli scambi per oltre 500 compagnie quotate sulla borsa di Shenzhen e su quella Shanghai sono stati sospesi. Nelle ultime quattro settimane l’indice è crollato di quasi il 37%.

Gli operatori dei mercati temono che il crollo dei titoli azionari possa allargarsi ad altri settori economici, riducendo di conseguenza la domanda di petrolio da parte della nazione asiatica.

La Cina è il secondo consumatore mondiale di greggio dopo gli Stati Uniti ed è stata il motore del rafforzamento della domanda.

I traders del greggio seguiranno con particolare attenzione le trattative sul nucleare tra l’Occidente e l’Iran, che potrebbero comportare l’immissione di milioni di barili di greggio sul mercato mondiale, un mercato dove però il greggio risulta già in eccesso.

Tehran è intenzionata a raddoppiare le esportazioni di greggio ad oltre due milioni di barili al giorno in caso di un accordo e della cancellazione delle sanzioni, secondo quanto dichiarato da un funzionario iraniano ieri.

La produzione globale di greggio supera ancora di gran lunga la domanda per via dell’impennata del petrolio di scisto negli Stati Uniti e dopo la decisione dello scorso anno dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio di non tagliare la produzione.

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