Di Mauro Speranza
Investing.com – Termina il rally del petrolio durato solo un giorno dopo l’attacco alle infrastrutture dell’Arabia Saudita che aveva provocato la sparizione del 5% della produzione mondiale.
Si tratta di uno dei cali della disponibilità di oro nero più grandi della storia, paragonabile solo alle crisi degli anni ‘70, causati dalla guerra del Kippur e dalla rivoluzione iraniana, e della guerra Iraq-Iran di inizio ’80.
La corsa improvvisa ha visto lo stop grazie all’apertura da parte degli Stati Uniti delle riserve strategiche e dalla dimostrazione che i produttori USA possono far fronte a qualunque situazione di calo della disponibilità.
Gli USA, infatti, rappresentano il primo produttore mondiale con oltre 17,4 milioni b/g, seguiti dalla Russia con 11,6 milioni di b/g e entrambi diffondono il 30% della produzione mondiale.
Il greggio oggi cede l’1%, scambiato a poco più di 62 dollari al barile, dopo il massimo di ieri a 62,90. Nonostante il calo, il prezzo del petrolio resta ai massimi dello scorso maggio. Fermo anche il Brent, venduto a 68 dollari.
Sui mercati, intanto, la frenata dei prezzi sembra non influenzare enormemente i titoli azionari legati al greggio. L’indice europeo del settore, lo STOXX Europe 600 Oil & Gas guadagna l’1%, mentre quello italiano (FTSE Italia Oil & Gas) resta sopra la parità.
Restano in verde Total (PA:TOTF), Royal Dutch Shell (LON:RDSa), BP (LON:BP), con una crescita dell’1%, mentre proseguono gli acquisti sulle italiane Tenaris (MI:TENR), Eni (MI:ENI) e Saras (MI:SRS), nonostante le vendite nel Ftse Mib. Più in difficoltà Saipem (MI:SPMI) (-1%).