di Valentina Za
MILANO (Reuters) - Il balzo nei rendimenti dei titoli di stato italiani ha aumentato la pressione sulle banche, facendo crescere il rischio di una mancanza di capitale mentre sono all'orizzonte scadenze impegnative per il funding.
I titoli di stato rappresentano il 10% degli asset delle banche italiane. Gli analisti hanno stimato che l'aumento del rendimento sui titoli di stato è valso circa 40 punti base che le banche hanno perso mediamente di Cet1 nel secondo trimestre. Nel terzo, sarebbero andati in fumo otto punti base.
Dopo l'esplosione dello spread, gli analisti iniziano a elaborare scenari che vedono il differenziale a quota 400. Uno spread a questo livello costringerebbe alcuni istituti a richiedere nuova liquidità agli investitori, secondo quanto ha detto il presidente di Assiom Forex, Luigi Belluti la scorsa settimana.
Tra le banche più colpite nel secondo trimestre, Banco Bpm (MI:PMII), che ha perso prezioso capitale di cui avrebbe bisogno per liberarsi degli Npl. L'erosione del capitale complica anche la ristrutturazione di Montepaschi.
Nel frattempo la situazione tesa sui mercati ha portato a un aumento del costo del finanziamento.
Intesa Sanpaolo (MI:ISP) a marzo ha emesso un bond a dieci anni pagando 1,83%, bond che veniva scambiato ieri al 3,12%.
Solo Intesa ha emesso titoli unsecured da maggio, ad agosto, con una obbligazione a cinque anni prezzata al 2,15%.
Secondo i trader, però, il mercato è di nuovo congelato.
Per ora, il problema è solo per banche come Montepaschi e Carige che devono finanziare capitale di tier two con debito ibrido.
Grazie ai finanziamenti per 240 miliardi di euro a lungo termine forniti dalla Bce, le banche italiane non hanno problemi di liquidità immediati.
Non ci sono state fughe di depositi, perciò gli istituti potrebbero facilmente continuare a proteggere il loro utile netto da interessi e arrivare a fine anno senza emettere bond.
In ogni caso, però, l'accesso ai mercati è fondamentale.
"Se la mancanza di emissioni dovesse continuare per altri 3-6 mesi diverrebbe un vero problema: i regolatori vogliono che le banche riescano ad accedere ai mercati in ogni momento", commenta Francesco Castelli, a capo del Fixed Income di Banor Capital.
Il liquidity coverage ratio (Lcr) medio delle banche italiane -- uno dei due indicatori monitorati dai regolatori -- era al 171% a fine anno, molto sopra al minimo del 100%, secondo i dati della Banca d'Italia.
Cuscinetti di liquidità superiori alla media secondo Castelli dipenderebbero dalla pressione dei regolatori. L'esperto aggiunge che la speranza delle autorità di supervisione è quella di mantenere intatte quelle riserve per quando i finanziamenti della Bce dovranno essere sostituiti con debito regolare.
I bisogni di rifinanziamento diventeranno più urgenti l'anno prossimo.
A partire da metà 2019 le banche dovranno infatti escludere dal Net stable funding ratio (Nfsr), l'altro indicatore di liquidità preso in considerazione dai regolatori, 140 miliardi di euro di crediti a lungo termine in scadenza a giugno 2020.
Ancor prima dell'incremento dei rendimenti dei titoli di stato, l'agenzia di rating Moody's avvertiva che le banche italiane avrebbero visto salire i costi di finanziamento con il rimborso dei finanziamenti Bce, comprimendo i margini.
In scadenza entro il 2020 ci sono anche circa metà dei 267 miliardi di euro in obbligazioni bancarie in circolazione a febbraio.
Le regole finanziarie più severe introdotte dopo la crisi del 2008 e cambiamenti nella tassazione in Italia dal 2012 rendono inoltre più difficile il finanziamento classico delle banche italiane, che tradizionalmente si affidavano ai clienti al dettaglio.
Gli istituti dovranno anche far fronte alle nuove regole europee su debito e capitale che possono essere cancellati dal bilancio (Mrel) per assorbire potenziali perdite.
"C'è un periodo di transizione a partire da gennaio 2019, ma se le banche non inizieranno a emettere obbligazioni l'anno prossimo avranno difficoltà a rispondere ai requisiti", commenta Cristiano Tommasi, partner di Allen & Overy.
UniCredit (MI:CRDI), che ha requisiti specifici in quanto Sifi, al momento è riuscita a completare solo un terzo del suo piano di finanziamento per il 2018.
Gli istituti di credito hanno passato ai loro clienti solo un quinto dei 100 punti base che vale l'incremento del premio ai rendimenti. È però possibile che a breve dovranno iniziare condividere in maggior misura le spese con i clienti.
"Se lo spread dei bond continua a salire, prima o poi dovremo aumentare il costo del credito", conclude un dirigente di una banca italiana.
-- ha collaborato Luca Trogni