di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Cosa vuole fare Silvio Berlusconi di Forza Italia? Si crede ancora il federatore del centrodestra e dei conservatori italiani? Serve ancora al fondatore e padrone di Mediaset avere un partito?
Attorno a queste domande ruota il futuro del movimento che ha incarnato nell'ultimo ventennio il moderatismo politico italiano. A leggere quel che ha scritto Giuliano Ferrara sul Foglio giovedì scorso parrebbe che a Berlusconi un partito non serva più. In ogni caso la Forza Italia di oggi non ha più i connotati del ventennio berlusconiano. Basta guardare il fallimento della candidatura di Antonio Catricalà alla Consulta: candidato di Gianni Letta e, quindi, di Berlusconi è stato sonoramente bocciato dai 128 membri dei gruppi parlamentari.
Rivolta contro il padre-padrone? Quel che è evidente è che il partito, dilaniato da lotte intestine tra i fautori del partito-azienda, il giro stretto di Arcore, la corrente di Raffaele Fitto, i duri e puri alla Augusto Minzolini, gli antigovernativi alla Renato Brunetta... non regge più. Le falangi non sono certo più di prima: quello che è cambiato è la tenuta della leadership. Berlusconi non è più il terminale indiscusso di ogni diatriba: un po' perché debole per la pena giudiziaria, per l'età che avanza e - sostengono i più - per la voglia, venuta meno, di avere un partito.
Ci sarà presto un nuovo assetto del centrodestra? Per ora pare di no. La nuova parola d'ordine in Forza Italia è che bisogna prepararsi alle elezioni di primavera (elezioni che nessuno ha indetto e che che vengono imputate a una non meglio precisata volontà di Matteo Renzi). E l'imminente campagna elettorale è il nuovo coperchio costruito per comprimere il ribollire delle tensioni interne.