Di Alessandro Albano
Investing.com - Nonostante una Bce ancora solida sulle sue posizioni (+50 pb ieri e altrettanti a marzo), gli investitori hanno iniziato a vedere uno stop dei rialzi da qui a pochi mesi, spingendo al rialzo indici, EUR/USD e prezzi dei bond.
"È evidente che il mercato si era posizionato per una BCE hawkish", ha scritto in una nota Jamie Niven, Senior Fund Manager di Candriam. "Nonostante le dichiarazioni esplicitamente da falco della banca centrale, con un ritorno alla forward guidance (nonostante si pensasse fosse stata abbandonata) e “l'intenzione” di effettuare un altro rialzo da 50 pb a marzo, abbiamo assistito a un forte rally delle obbligazioni (almeno prima della conferenza stampa della Lagarde)".
Per il manager, c'è "una buona possibilità di un errore di politica monetaria da parte della BCE". Sebbene l'inflazione sia ancora ben al di sopra dell'obiettivo e i dati sulla crescita siano inequivocabilmente più positivi rispetto a due mesi fa, con l'evoluzione dei prezzi del gas e la riapertura della Cina a portare venti favorevoli, Niven spiega che "il ciclo di rialzi dei tassi è stato aggressivo in Europa, persino più aggressivo della Fed in termini di ritmo di rialzi dei tassi, nonostante una data di inizio più tardiva".
"Il timore - aggiunge - è che il ritardo nella trasmissione della politica monetaria provochi un indebolimento della crescita nella seconda metà del 2023. La reazione dei prezzi delle obbligazioni dopo l'annuncio odierno della BCE suggerisce che il mercato tende ad essere d'accordo e non crede davvero che la BCE possa mantenere questo tono da falco più a lungo di quanto già previsto".
Sylvain Broyer, Chief Economist EMEA di S&P Global Ratings si concentra sul contesto macro, e scrive che "sembra evidente che il picco del ciclo dei rialzi sarà nella fascia tra il 3 e il 3,5% per il tasso di deposito della BCE".
Tuttavia, è difficile "avere una visione precisa al momento", in quanto "la lettura dell'economia europea rimane complessa" e soggetta "a forze opposte e asincrone".
"Ad esempio - spiega l'economista di S&P - si prevede che la produzione rimanga forte, ma che i consumi si indeboliscano nella prima metà dell'anno, mentre i consumi e gli investimenti dovrebbero riprendersi nella seconda metà dell'anno, quando la produzione rallenta".
Inoltre, Broyer fa notare la BCE non sta alzando i tassi "solo a causa delle fluttuazioni a breve termine del ciclo economico", ma soprattutto "per ragioni strutturali di lungo periodo".
"Gli shock subiti dal commercio globale dopo la pandemia e la necessità di rendere più ecologiche le nostre economie implicano un riorientamento delle catene di approvvigionamento. Questo processo richiederà necessariamente maggiori investimenti, un nuovo equilibrio del risparmio e quindi tassi più alti. Sarebbe prematuro ipotizzare un taglio dei tassi da parte della BCE alla fine di quest'anno", conclude da S&P.