Investing.com - Il dollaro guadagna terreno contro le altre principali valute questo giovedì, con i mercati che assimilano il previsto aumento dei tassi da parte della Federal Reserve e gli indizi secondo cui la banca resta intenzionata ad inasprire la politica monetaria il prossimo anno.
L’indice del dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, sale dello 0,31% a 94,16 alle 04:03 ET (08:03 GMT).
La Fed ha alzato i tassi di interesse di un quarto di punto al 2,25% ieri, il terzo aumento di quest’anno e l’ottavo dal 2015.
Nella dichiarazione della banca si legge che la Fed prevede un altro aumento a dicembre seguito da tre interventi nel 2019 e da un ulteriore rialzo nel 2020.
La banca centrale ha rimosso l’aggettivo “accomodante” usato per descrivere la politica monetaria nella sua dichiarazione, spiegando che la modifica non indica alcun cambiamento nella sua intenzione di normalizzare la politica monetaria.
Alcuni trader hanno considerato la modifica un segnale del fatto che, se la Fed non ritiene più che la sua politica sia accomodante, allora potrebbe essere vicina alla conclusione del sui ciclo di inasprimento monetario.
Sebbene il Presidente della Fed Jerome Powell abbia dichiarato che non si aspetta nessuna sorpresa al rialzo dell’inflazione, i policymaker hanno alzato le previsioni sulla crescita economica USA per quest’anno ed il prossimo.
L’euro scende contro il dollaro, con il cambio EUR/USD giù dello 0,32% a 1,1701.
Debole anche la sterlina, con la coppia GBP/USD giù dello 0,42% a 1,3112: gli investitori rimangono pessimisti circa le prospettive per le trattative sulla Brexit tra il Regno Unito e l’Unione Europea.
Il dollaro scende contro lo yen, con la coppia USD/JPY giù dello 0,11% a 112,60.
Intanto, il peso argentino scende contro il dollaro, con la coppia ARD/USD in calo dello 0,62% a 0,02596 dopo che il paese è riuscito ad ottenere un prestito di 57 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale.
Il prestito è finalizzato a supportare l’economia argentina sulla scia della crisi monetaria che ha visto l’assalto al peso e un’inflazione galoppante.