Di Mauro Speranza
Investing.com – Il ruolo di produttore di auto per Fiat (MI:FCHA) “è finito”. A dichiararlo è Carlo De Benedetti, nel corso di un’intervista rilasciata a Quattroruote, nel corso della quale esprime la sua posizione circa le scelte di John Elkan in tema di fusione di FCA con PSA, oltre che ritornare sulla sua esperienza alla ‘corte’ di Giovanni Agnelli negli anni ’70.
Secondo De Benedetti, “bene ha fatto Elkann con PSA”, sottolineando come “vendere era l'unica alternativa valida”.
“John Elkann ha gestito la trattativa molto bene. Per quelli della mia generazione e per quelli che hanno passato tutta la vita alla Fiat, sentimentalmente è un dispiacere enorme ma la Fiat non è più a Torino da qualche anno. Da sola non poteva farcela”, aggiunge l’ingegnere.
La sua esperienza in Fiat e l’addio
Carlo De Benedetti entra in Fiat nel 1976 con l’appoggio di Gianni e Umberto Agnelli, quest’ultimo suo compagno di scuola, assumendo il ruolo di Amministratore delegato.
Dopo aver cercato di ‘svecchiare’ la dirigenza, decise di voler mettere in atto un piano di ridimensionamento dei costi, con il taglio di 60 mila dipendenti, proposta poi bocciata da Gianni Agnelli.
“Volevo riportare la Fiat al profitto puntando sul controllo di gestione”, ricorda De Benedetti nel corso dell’intervista.
Quando De Bendetti espose il piano all’Avvocato, gli disse “che dovevamo mandare via 60mila persone. Mi chiese dove fossero tutti quei dipendenti. Gli risposi 'Avvocato, se sapesse leggere i conti saprebbe trovarli' e gli feci vedere che il peso del costo del lavoro sul venduto era inaccettabile secondo i parametri degli altri costruttori”.
Quelli “erano gli anni del terrorismo”, sottolinea De Benedetti, “licenziare 60mila persone era un fatto rivoluzionario, visto dalla prospettiva dell'impresa”.
A quel punto, “Agnelli andò a Roma per parlarne al governo e Amintore Fanfani rispose che il piano era impossibile da realizzare”.
Proprio su questo progetto terminò la sua breve esperienza in Fiat, dopo soli quattro mesi. “Avevo il 5% della Fiat, ero il singolo azionista più grande e non ero disposto a vedere distruggere i miei soldi. Per un manager poi, dirigere un'impresa senza poter intervenire sul problema che ne compromette la competitività è la peggiore cosa. E lì uscii”.
Negli scorsi anni, De Bendetti raccontò che quel piano fu realizzato quattro anni più tardi, ma dopo aver perduto “una barcata” di denaro.