Di Giulio Zangrandi
Nonostante la traiettoria di Usa ed Europa si faccia più netta, gli investitori non concordano sull’entità della contrazione che colpirà l’economia nel 2024. Alcuni pensano sarà breve e poco profonda, altri parlano di “insidie sottovalutate”. Ma, per tutti, il miglior modo di proteggere il portafoglio sono le obbligazioni
Non bastano le sorprese positive provenienti dal Pil americano. Né le conferme di un Europa che si avvia ad ampie falcate verso la recessione tecnica. Il passatempo più in voga per il Natale degli economisti promette di essere il rebus della crescita. Con una domanda su tutte: nel 2024, sarà hard landing o soft landing? E, se i mercati sembrano già dare per scontato un miglioramento del quadro macro, gli asset manager si dimostrano ben più divisi. Eppure, anche nell’ottica dei due gestori, una risposta univoca a ciò che verrà c’è e si chiama reddito fisso.
Recessione sì, recessione no
Una recessione di breve durata e poco profonda che allenterà definitivamente le pressioni inflazionistiche e permetterà alle banche centrali di iniziare a tagliare i tassi di interesse anche prima del previsto. È questa la previsione per i prossimi mesi di Fabio Fois, responsabile investment research e advisory di Anima (BIT:ANIM) SGR, che intravede la tanto attesa stabilizzazione del ciclo economico e monetario dopo anni di shock senza fine. Secondo l’esperto, sia gli Stati Uniti che l’Unione europea andranno incontro a una contrazione sana ma con uno scarto temporale molto importante: “Mentre il Vecchio Continente è di fatto già in recessione, con il Pil luglio-settembre stimato in calo dello 0,1%, gli States ingraneranno la retromarcia solo a partire dal terzo trimestre”. Una dinamica destinata a sgonfiare il fenomeno inflattivo su ambo le sponde dell’Atlantico e allentare la politica monetaria di Fed e Bce, con la prima che “potrebbe tagliare meno di cento punti base” e la seconda in lizza “battere la rivale sul tempo”.
Sempre guardando al 2024, gli analisti di Allianz (ETR:ALVG) Global Investors vedono invece mercati troppo rilassati dopo un 2023 in cui la crescita si è dimostrata molto più resistente delle attese. “Crediamo che l'andamento sarà peggiore rispetto al consensus. In sostanza che ci sarà recessione”, ha spiegato il country head Enzo Corsello. Sottolineando come le insidie siano in realtà molteplici. “Il mercato ha optato per il soft landing con meno di due economisti su cinque che prevedono una caduta della crescita, al contrario di quando dilagava una diffusa ma errata convinzione di imminente recessione”. Un secondo fattore collegato alle difficoltà della crescita è rappresentato da un mantenimento dei tassi nell’intorno degli attuali livelli per un periodo più lungo del previsto. Questo anche in forza di fenomeni a medio-lungo termine, come decarbonizzazione e deglobalizzazione, che ostacolano l’ultimo miglio dell’inflazione verso i target delle banche centrali. Ultimo elemento da citare è il rischio politico e geopolitico, da monitorare in vista delle elezioni che interesseranno Usa, Regno Unito e Parlamento europeo ma anche delle incognite internazionali sui fronti Ucraina-Russia e Israele-Palestina.
Sulla stessa lunghezza d’onda di Allianz GI si colloca anche T. Rowe Price. Di “mercati troppo ottimisti” ha infatti parlato Yoram Lustig, head of multi-asset solution EMEA & Latam della casa di gestione. Dal suo punto di vista, “un altro trimestre negativo conclamerà la recessione in Europa ma anche negli Usa il rallentamento è un rischio molto concreto”. E anche l’inflazione “continuerà il percorso di avvicinamento ai target di Fed e Bce ma con tempistiche più lunghe rispetto al consensus”, inducendo le due banche centrali a “tagliare solo nella parte avanzata dell’anno”.
Asset allocation, è l’ora del reddito fisso
Nel contesto descritto da Fois, la scommessa migliore restano le obbligazioni governative e il loro profilo rischio-rendimento al quanto appetibile. Lo ha confermato anche Filippo Di Naro, responsabile direzione investimenti della società, che ha prospettato due scenari alternativi: “Se crescita e inflazione dovessero continuare nel loro rallentamento lento, i titoli a reddito fisso trarrebbero beneficio dagli alti elevati su cui si attestano i tassi. In caso contrario, i guadagni in conto capitale accelererebbero il recupero dei portafogli dopo le perdite del 2022”. Il focus della casa resta naturalmente puntato sul governativo dei Paesi sviluppati, con Bund e T-bond in testa, mentre i mercati emergenti offriranno condizioni diverse a seconda del contesto: rimarranno poco favorevoli nella prima metà del 2024, con un dollaro ancora ben supportato dalla Fed, mentre miglioreranno nel secondo in scia all’approssimarsi del pivot della banca centrale. Quanto al segmento corporate, Di Naro crede che il deterioramento del quadro macro provochi un aumento dei premi al rischio e della dispersione ma con un impatto negativo dell’allargamento degli spread sui ritorni che sarà compensato da carry elevato e rendimenti governativi in calo: “Ci aspettiamo un irripidimento della curva del credito e privilegiamo le scadenze intermedie del comparto investment grade, i settori non ciclici e, più in generale, le strategie up in quality”.
Per Allianz Global Investors, è il fixed income product specialist Massimiliano Maxia a dare conferma del valore strategico riconosciuto ai bond. “Le banche centrali faranno di tutto per far capire ai mercati che almeno fino a metà 2024 i tassi non saranno toccati”, ha spiegato Maxia, che ha sottolineato come l’attuale conformazione delle curve dei rendimenti rende sensata “un'esposizione concentrata sulla parte breve, indipendentemente dal comparto e dalla geografia”. “Abbiamo una moderata preferenza per governativi e siamo un po’ più prudenti sui corporate, anche se nell’high yield i livelli di carry sono molto protettivi. Essenziale, però, una selezione accurata degli emittenti”, ha spiegato. “Ci aspettiamo”, sono state ancora le sue parole, “che intervenga prima la Fed della Bce sul taglio dei tassi e abbiamo quindi un lieve sovrappeso sugli Usa”. Poi la conclusione del ragionamento: “Ha ancora senso avere un’esposizione inflation linked che può valere il 10% di un portafoglio obbligazionario”.
Nell’allocazione strategica di T. Rowe Price non ci sono posizioni eccessivamente sbilanciate. La view sulle asset class considerate complessivamente è per tutte neutrale, anche l’obbligazionario. Sui nove comparti del reddito fisso, sono appena due quelli che risultano sottopesati: government bond e investment grade Usa. European investment grade, global high yield e debito dei marcati emergenti, sia in valuta forte che in valuta locale, sono invece sovrappesati.
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