I marchi del lusso dipendono molto dalla crescita e dalla domanda cinese. Ma non tutti allo stesso modo. Per gli analisti di HSBC, Hugo Boss, Tiffany & Co (NYSE:TIF)., Tapestry e Michael Kors (NYSE:KORS) sono meglio posizionati.
Il principale mercato del lusso a livello mondiale è senza ombra di dubbio quello cinese, che da solo vale circa un terzo del giro d’affari dei grandi brand, cioè quanto il Nord America (18%) e l’Europa occidentale (15%) insieme. E’ pertanto comprensibile che un rallentamento dell’economia di Pechino (o anche la sola stima) possa generare dei contraccolpi sul settore in Borsa. Come, per esempio, il dato sul PIL del terzo trimestre al 6,5% su base annua, il più basso dallo scoppio della grande crisi finanziaria. Se poi a questa preoccupazione si aggiunge un report di una prestigiosa banca d’affari (in questo caso Morgan Stanley (NYSE:MS)) che declassa il giudizio sul settore lusso da ‘neutrale’ ad ‘underweight’ ecco che il gioco è fatto. Ed è proprio quello che è successo il 10 ottobre scorso quando, in un clima di alta volatilità sui mercati per le tensioni legate ai tassi dei Treasury USA a 10 anni, proprio quell’analisi non particolarmente positiva sul settore lusso ha propiziato la correzione di alcuni big del settore a cominciare dal gruppo Kering (PA:PRTP) e da LVMH.
MAGGIORI CONTROLLI IN CINA
Non sono bastati i solidi dati di bilancio del terzo trimestre 2018 annunciati dal colosso francese del settore: a preoccupare gli investitori la conferma, nella conference call di LVMH, che le autorità doganali cinesi stanno inasprendo i controlli sugli acquisti effettuati all’estero. Tuttavia, gli investitori preoccupati dalle implicazioni del potenziale rallentamento dei consumi cinesi nel settore della vendita al dettaglio dei beni di lusso, dovrebbero guadare al settore non come ad un universo indistinto quanto piuttosto a realtà molto distinte...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge