di Stefano Rebaudo
MILANO (Reuters) - Con l'acquisto di una quota fino a 5%, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) diventa l'ago della bilancia dell'assemblea Telecom Italia (MI:TLIT) (Tim) e opziona una quota della rete fissa, in vista della possibile separazione e quotazione, chiesta dal governo e dal fondo attivista Elliott.
Lo dicono fonti di settore, aggiungendo che Cdp potrebbe considerare, in una seconda fase, l'ipotesi di alleggerire la sua posizione in Telecom Italia e rafforzarsi nella rete.
L'ipotesi dell'ingresso di Cdp in Tim e la mosse successiva era stata suggerita anche da Massimo Mucchetti senatore del Pd e presidente della commissione Industria nell'estate 2017.
Non è stato possibile avere un commento immediato da Cdp e Tim. Vivendi (PA:VIV) non ha voluto commentare.
ASSEMBLEA TELECOM ITALIA
In passato, tutte le volte che i fondi istituzionali si sono opposti al socio di riferimento in assemblea, l'esito è stato determinato da una percentuale di voti decisamente esigua.
Da ora in avanti, in casi come questi, il voto della Cdp, con il 5% del capitale, potrebbe rivelarsi decisivo.
Cdp dovrebbe peraltro partecipare ai lavori il 24 aprile, quando il fondo Elliott ha chiesto e ottenuto di mettere ai voti la proposta di nominare sei consiglieri.
Elliott è in grado di influenzare l'esito dell'assemblea se riesce ad associare i fondi istituzionali, il cui voto è spesso in linea con i suggerimenti dei proxy adviser.
Cdp su questo fronte sarebbe invece più libera di muoversi secondo sue valutazioni strategiche.
SCORPORO DELLA RETE
Il percorso già immaginato dal ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e di altre forze politiche, tra cui Pd, Forza Italia e in una certa misura anche i 5 Stelle che chiedono nel loro programma una rete unica nazionale a controllo pubblico, passa attraverso il collocamento in borsa.
L'AD Amos Genish non si è ancora pronunciato a favore dell'Ipo, che è però richiesta dal fondo Elliott.
In ogni caso due fonti di settore riferiscono che la rete di accesso (NetCo), che sarà oggetto di separazione, sarebbe valutata 12-14 miliardi ed è possibile scorporarla attribuendole un debito fino a 10-12 miliardi.
L'equity value potrebbe essere un minimo di 2 miliardi e di conseguenza avere una quota rilevante richiederebbe un investimento non eccessivo.
Il 5% di Tim, che dovrebbe acquistare Cdp, agli attuali prezzi di mercato vale circa 600 milioni di euro, una somma che permetterebbe di avere una quota rilevante in NetCo.
Se anche si decidesse di portare in borsa una società delle reti, che quindi includesse l'infrastruttura di Tim, Open Fiber - controllata da Cdp ed Enel (MI:ENEI) - e possibilmente anche altri operatori, la valutazione dovrebbe sempre tenere conto del debito attribuito alla rete Tim.
LA POSIZIONE DI VIVENDI E L'AD AMOS GENISH
La possibile uscita di Vivendi (che ha poco meno di 24%) da Tim resta una delle opzioni, anche se i francesi attenderanno probabilmente che l'operazione rete, che, almeno nelle intenzioni é destinata a creare valore, sia conclusa o comunque ben avviata.
Inoltre Tim con la rete fissa scorporata e con il fondo Elliott uscito dal capitale, perché ha realizzato la plusvalenza attesa, potrebbe diventare interessante per Vivendi che la potrebbe guidare, verso la fusione con altro operatore.
Per un'operazione del genere la variabile politica sarebbe decisiva, ma il gruppo francese avrebbe a suo favore il fatto di aver avviato la separazione della rete.
Anche sulla posizione di Genish ci sono opinioni diverse.
Una fonte vicina alla vicenda ritiene che potrebbe lasciare, se il peso di Vivendi in consiglio si dovesse ridurre e a causa delle difficoltà a praticare ulteriori tagli dei costi, dopo la cura dell'ex-AD Flavio Cattaneo.
Una delle fonti di settore ritiene invece che potrebbe rimanere al suo posto, almeno fino a quando la separazione della rete é realizzata, anche considerato che si è rivelato un interlocutore affidabile per il governo.
LA DIATRIBA LEGALE SULL'ASSEMBLEA DEL 24 APRILE
Le prossime mosse del socio francese sul consiglio restano un'incognita, anche se la nota Tim di ieri, che rinvia al cda convocato per lunedì 9 aprile, sembra far intendere che la partita sia tutt'altro che chiusa.
Dal punto di vista giuridico non é chiaro come potrà essere risolta la questione, se l'assemblea del 24 aprile dovesse votare la nomina dei sei rappresentanti del fondo.
Da una parte Elliott ritiene che, in quel caso, il consiglio sarebbe regolarmente costituito e quindi che l'assemblea del 4 maggio convocata per rinnovare il cda sarebbe inutile.
Vivendi, secondo quanto riferisce una seconda fonte vicina alla vicenda, ritiene invece che, in virtù del fatto che più di metà dei consiglieri ha dato le dimissioni con effetto dal 24 aprile, quindi prima dei lavori dell'assemblea, quando i soci voteranno la proposta Elliott il cda sarà di fatto decaduto e anche la nomina dei sei consiglieri non sarà in grado di riportarlo in vita. Tutto sarebbe quindi rinviato al 4 maggio.
Al momento non è chiaro se per arrivare a un'intepretazione autentica bisognerà attendere il pronunciamento di un Tribunale o se le parti decideranno di accordarsi.
-- ha collaborato Paola Arosio