MILANO (Reuters) - La proposta di convertire la raffineria di Gela, al momento chiusa a seguito di un incendio, in un impianto per produrre il bio diesel non convince i sindacati che confermano la sciopero generale del prossimo 29 luglio in tutti i siti di Eni per protestare contro la volontà della major petrolifera di mettere in discussione il settore della chimica e della raffinazione con la possibilità di chiusura di cinque raffinerie in Italia, a seguito della crisi dei consumi. Complessivamente sono oltre 30.000 i lavoratori interessati.
"Ho la sensazione che l'incendio sia un pretesto per non riaprire più l'impianto. Sono a rischio 3.500 persone e non parlo solo di occupazione, ma di un territorio del Mezzogiorno fra i più infrastrutturati insieme a quello padano. Dicono che chiudono per fare una bio raffineria che è l'equivalente dell'arrendiamoci. Non è la stessa cosa. Lo sciopero del 29 è confermato", dice a Reuters il segretario generale di Filctem-Cgil, Emilio Miceli, commentando quando affermato da Eni alla stampa nel fine settimana.
In un'intervista al Sole 24 Ore di sabato, Salvatore Sardo, Chief downstream & industrial operations officer di Eni, ha spiegato che la raffineria di Gela non chiude e che è pronto un piano di riconversione da due miliardi. Gela avrà un futuro nella produzione di bio-diesel e come centro di formazione interna al gruppo sui temi della salute e dell'ambiente. Il manager ha poi aggiunto che non sarà licenziato nessuno dei 970 dipendenti.
In settimana dovrebbe partire il tavolo tecnico fra governo, Eni e sindacati per affrontare la questione a livello nazionale. "Speriamo che parta", ha aggiunto Miceli, riferendosi all'avvio delle trattative.
(Giancarlo Navach)
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