MILANO (Reuters) - La procura di Milano ha aperto un nuovo versante nel procedimento condotto dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro su una presunta corruzione internazionale da parte di Eni in Nigeria.
Lo hanno confermato Eni, in una nota in risposta a una richiesta di chiarimenti di Reuters in cui dice di aver avuto notizia dell'indagine e in cui dichiara la correttezza del suo operato, e fonti giudiziarie dopo che la notizia è stata pubblicata oggi dal Fatto Quotidiano.
Le fonti hanno aggiunto che gli uomini della Gdf di Milano la settimana scorsa si sono recati nella sede della società per notificare un avviso di garanzia per corruzione internazionale alla persona giuridica Eni in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende per illeciti commessi dal management e una richiesta di esibizione di una serie di atti relativi al "resolution agreement" del 27 aprile 2011 fra Eni e il governo nigeriano per il giacimento petrolifero offshore Opl 245.
Le fonti hanno riferito inoltre che nei mesi successivi all'accordo, l'Eni versò un miliardo e 92 milioni di euro su un conto intestato al governo nigeriano presso la banca Jp Morgan Chase di Londra. Successivamente il governo nigeriano girò il denaro su un conto riferibile a Dan Etete, ex ministro dell'Energia nigeriano che viene ritenuto dalla procura il vero titolare, attraverso prestanomi, della società Malabu che detiene i diritti della concessione petrolifera.
Di questa cifra, circa 800 milioni finirono in Nigeria a Etete e a suoi parenti. Altri 200 milioni sono invece rimasti a Londra, bloccati dalle autorità giudiziarie britanniche, dopo che il mediatore di Etete, Ebeka Obi, gli ha fatto una causa civile a Londra, lamentando di non aver ricevuto dall'ex ministro il pagamento pattuito. La vicenda è divenuta di dominio pubblico proprio grazie a questa causa civile, i cui atti sono stati trasmessi alla procura di Milano.
Etete per questa vicenda è indagato per riciclaggio dagli inquirenti londinesi, ed è stato condannato sempre per riciclaggio in Francia nel 2007.
A Milano per questo filone di inchiesta sono indagati da tempo l'ex AD Paolo Scaroni e l'uomo d'affari Luigi Bisignani che è stato lungamente interrogato dal pm De Pasquale nei mesi scorsi.
E proprio alcune intercettazioni di Bisignani nell'indagine sulla cosiddetta P4 del pm John Woodcock, acquisite dalla procura di Milano, hanno dato nuovo impulso all'indagine.
Eni nella nota, oltre ad assicurare la "massima collaborazione" alla magistratura italiana, ricorda che la concessione Opl 245 "è stata assegnata a Eni e Shell dal Governo Nigeriano nel corso del 2011. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni, senza l'ausilio di alcun intermediario ed unicamente con il governo Federale e Shell".
"Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all'assegnazione del blocco su un conto corrente vincolato a nome del Governo Nigeriano presso una banca internazionale - conclude - Nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu precedente titolare del blocco in questione".
Questo è solo l'ultimo di una serie di fascicoli d'indagine che hanno coinvolto società del gruppo Eni e la Nigeria.
Nel luglio dello scorso anno Saipem, società del gruppo, è stata condannata dal Tribunale di Milano a 600.000 euro di multa e alla confisca di 24,5 milioni di euro, sempre per corruzione internazionale in Nigeria, in base alla legge 231. La particolarità è che Saipem, che ha fatto ricorso in appello, è stata condannata, mentre i cinque manager imputati avevano usufruito dell'estinzione del reato per prescrizione.
Saipem ed Eni come persone giuridiche, e ancora Scaroni e l'ex AD Saipem Pietro Franco Tali, fra gli altri, sono indagati per corruzione internazionale dal pm De Pasquale per presunte tangenti su quattro appalti in Algeria.