Mercati attendisti

Pubblicato 26.06.2019, 15:10

Il presidente della Fed Jerome Powell ha dichiarato che dall’inizio di maggio le prospettive economiche sono diventate più cupe, giustificando un taglio dei tassi d’interesse della Fed a luglio. Powell ha detto: “rileviamo un aumento dei rischi per quelle prospettive. Siamo ben consapevoli di tali rischi e pronti a utilizzare i nostri strumenti di politica monetaria per sostenere l’attività in caso di necessità”. Il rendimento dei titoli del Tesoro decennali USA ha reagito scendendo di 2 punti base, sotto il 2,0%. È interessante notare che Powell ha anche affermato che “è importante non reagire in modo eccessivo nel breve termine a cose che potrebbero rivelarsi temporanee”.

A nostro avviso, questo commento si riferisce ai timori per la guerra commerciale e alla possibilità che una risoluzione faccia salire i mercati azionari. Le crescenti aspettative (i commenti di Bullard ci spingono a riconsiderare la probabilità di un taglio di 50 punti) non sono comunque bastate per sollevare le borse asiatiche. Gran parte dei mercati azionari asiatici ha registrato una flessione, Shanghai ha chiuso al -0,17% e il Nikkei al -0,51%. La propensione al rischio globale rimane debole.

La notizia di un congelamento dei nuovi dazi su merci cinesi per un valore di $300 miliardi probabilmente darebbe nuovo slancio alle azioni. E questo dovrebbe essere il minimo dopo il vertice fra Trump e Xi in programma sabato. L’ottimismo, però, è stato frenato dalle voci secondo cui gli USA stanno indagando su tre banche cinesi per presunte violazioni delle sanzioni contro la Corea del Nord. Continuiamo a ritenere che la retorica sugli scambi possa indurre volatilità nel breve termine, ma non svolte cicliche nel lungo periodo.

Fatta questa premessa, siamo costruttivi sul blocco delle valute emergenti. La svolta accomodante della Fed e le aspettative aggressive su un taglio del tasso costringeranno gli investitori a cercare rendimenti. Dopo una fase di esitazione, la Fed ora è pronta a fare tutto il necessario per assicurare la crescita USA, soprattutto vista l’assenza d’inflazione. L’unico interrogativo da porsi è quanto velocemente un mutamento nella politica monetaria e fiscale reagisca ai cambiamenti nei dati. L’impennata dell’oro è tipica quando le banche centrali programmano un’ulteriore svalutazione delle loro valute.

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