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BCE non cambierà rotta. Tassi oltre il 4%. Rischio recessione sempre più vicino?

Pubblicato 03.04.2023, 08:11
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

L’inflazione complessiva Europea sta calando (anche se quella core rimane comunque elevata). Si intravede la luce in fondo al tunnel? La risposta è positiva, ma l’uscita dal tunnel rimane ancora lontana. Ed è proprio l’inflazione core quella che preoccupa di più la BCE che difficilmente cambierà la rotta di politica monetaria continuando quindi ad alzare i tassi di interesse e trasformando l’attuale fase di rallentamento economico in una probabile recessione.
 
Per ora, quindi, il futuro rimane ancora incerto, con altri fattori di rischio, oltre all’inflazione, che minacciano economia e mercati. Dall’interminabile guerra tra Russia e Ucraina alla crisi del sistema bancario USA. A tutto questo, poi, si aggiunge l’incognita dell’impatto che il rapido aumento dei tassi di interesse avrà sul ciclo economico. Impatto che non abbiamo ancora vista del tutto, grazie al sostegno della politica fiscale. La domanda è se il veloce aumento dei tassi di interesse provocherà una forte recessione, oppure un semplice rallentamento, utile comunque a contenere l’inflazione.
 
Il FMI stima che un terzo circa dell’economia mondiale cadrà in recessione, perché Usa, Europa e Cina stanno rallentando contemporaneamente. Ma di fatto, nessuno è in grado di quantificare l’entità della frenata che al momento rimane un’incognita.
 
Ed è proprio questo che crea incertezza sui mercati finanziari. Un rallentamento apre infatti ampi spazi per una crescita delle azioni, ma in presenza di un hard landing occorrerà capire se la flessione economica sia già prezzata dal mercato.
 
Le obbligazioni sono invece più legate all’azione delle banche centrali. La domanda diventa se queste ultime continueranno ad alzare i tassi di interesse whatever it takes, pur a di fronte ad un rallentamento del ciclo economico, della flessione dei prezzi energetici e della conseguente disinflazione, oppure i rialzi saranno più contenuto o addirittura non ci saranno per nulla?
 
Nel primo caso i rendimenti delle obbligazioni continueranno a salire e i prezzi a scendere. Nel secondo caso invece le obbligazioni potrebbero rappresentare un’interessante opportunità, soprattutto se il rientro dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% si rivelerà più veloce del previsto.
 
I mercati sembrano orientati e credere a questa seconda ipotesi. In una prospettiva di questo tipo, gli investitori dovrebbero ridurre il rischio di credito e concentrarsi su un posizionamento di alta qualità, attraverso obbligazioni core, core plus/intermedie e municipal bond a medio-lungo termine.
 
L’incertezza dell’evoluzione dello scenario potrebbe anche vedere una BCE fermarsi in attesa di prove sull’efficacia dei rialzi mentre l’economia registra una moderata crescita. In questa ipotesi potrebbe essere opportuno aumentare il rischio di credito per un migliore potenziale di rendimento puntando su titoli societari e multi-settore flessibili, obbligazioni high yield a breve durata e bond di
mercati emergenti.
 
Scenario poco probabile, ma che vale la pena di ricordare, è quello che vede un ulteriore tightening con conseguente stagflazione. Questo imporrebbe agli investitori una riduzione della duration per minimizzare il rischio mediante obbligazioni ultracorte o comunque a breve termine e attività a tasso variabile.
 
Allungando l’orizzonte temporale, siamo convinti che il contesto economico sia destinato a ritrovare una configurazione vicina alle condizioni pre-Covid. Trend secolari, come l’invecchiamento demografico e gli elevati oneri del debito crediamo determineranno il ritorno ad una crescita e a un’inflazione moderate, che dovrebbero contribuire a mantenere un contesto di tassi di interesse bassi. Questo significa che, dati i rendimenti più elevati di oggi e il potenziale di apprezzamento futuro del capitale grazie all’allentamento della stretta monetaria, quello attuale potrebbe essere un punto di ingresso vantaggioso per gli investitori a lungo termine.
 
Una delle domande che più spesso ci sentiamo fare dagli investitori è se la recessione sia in qualche modo evitabile. Dall’ulti ma indagine PWC presentata al World Economic Forum, evidenzia come il 73% delle 4.410 società intervistate a fine 2022 prevedeva una flessione della crescita mondiale nel 2023 (Il dato è il peggiore dal 2011). L’abbandono della Cina della politica Zero Covid e il crollo delle quotazioni del gas naturale in Europa, hanno forzato il mercato a rivedere al rialzo le aspettative di crescita per il 2023, inizialmente molto caute. Se nel breve periodo la riapertura della Cina potrebbe deprimere la crescita per l’effetto dell’aumento dei contagi, nel medio periodo rappresenterà sicuramente un driver di sviluppo importante, con un rimbalzo dell’attività economica che diventerà visibile a partire dal secondo trimestre di quest’anno.
 
Gli investitori stanno lentamente convincendo che il sistema economico sia in grado di reggere anche tassi più alti. E da questa convinzione abbiamo notato un atteggiamento più costruttivo sull’azionario Europeo e dei mercati emergenti e maggiori flussi sul mercato del credito. Asset class, queste, solitamente più sensibili alle condizioni cicliche. Guardando sempre al lungo periodo riteniamo però che il mercato sia più favorevole al reddito fisso. Il mercato azionario pur non apparendo caro rispetto alle sue medie storiche, in realtà appare caro rispetto alle altre asset class. Tra l’altro gli utili aziendali continuano ad essere rivisti al ribasso per effetto della compressione dei margini.
 
 

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