Una delle materie prime con più successo lo scorso anno sta andando così così quest’anno. L’arabica, il cui prezzo ribolliva per la maggior parte del 2021, ora è appena in modalità rally. La varietà robusta, che l’anno scorso aveva battuto la performance dell’arabica, ora scende a doppia cifra
La mancanza di domanda in Europa in conseguenza della guerra russo-ucraina sembra essere la responsabile, secondo gli analisti, sebbene la performance stessa dell’arabica possa cambiare presto, con l’incessante serie di rialzi della scorsa settimana.
Negli scambi di ieri, il contratto dell’arabica sull’ICE Futures US si è attestato a 2,31 dollari la libbra. Si tratta di un rialzo di appena il 2,2% sull’anno, rispetto al 76% del 2021.
Ma il miglioramento dei segnali di trading dal 29 marzo suggerisce che l’arabica potrebbe raggiungere presto i 2,45 dollari, con un’impennata di oltre l’8% sull’anno, avvicinandosi ai massimi di 10 anni di 2,60 dollari segnati a febbraio.
“Il grafico giornaliero mostra un consistente ritracciamento dal minimo di 2,12 dollari del 28 marzo”, spiega Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di skcharting.com.
Grafici gentilmente forniti da skcharting.com
L’arabica, consumato da oltre due terzi del mondo che beve caffè, è la varietà scelta da rinomate caffetterie come Starbucks (NASDAQ:SBUX), Tim (MI:TLIT) Hortons di Restaurant Brands (NYSE:QSR) e Dunkin Donuts. Il rialzo del prezzo dello scorso anno era stato dovuto ai problemi di produzione per il COVID, nonché alle restrizioni sulle spedizioni che rendevano difficile spedire in tempo i chicchi dal Brasile.
Quest’anno, l’arabica ha cominciato col piede giusto, con +4% a gennaio.
Ma, col peggioramento dello scontro russo-ucraino a febbraio, lo slancio ha cominciato a ridursi nei timori di un minore consumo in Europa, il principale mercato mondiale del caffè, che rappresenta il 33% della domanda globale.
Sebbene l’arabica abbia raggiunto il massimo di 10 anni ad inizio febbraio, l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio e gli eventi del mese dopo hanno confermato i timori per il commercio del caffè, cancellando il rialzo del 4% da gennaio nei due mesi successivi.
Sorprendentemente, l’arabica è riuscita a chiudere il primo trimestre invariata, con un prezzo di chiusura di marzo praticamente uguale ai 2,26 dollari di dicembre.
Dixit di skcharting avverte che il caffè sarà di nuovo in pericolo se comincerà a consolidarsi sotto i 2,24 dollari, mossa che potrebbe portarlo a ritestare il minimo di 2,12 dollari e ad un’ulteriore accelerazione a 2,05-1,95 dollari.
Ma, in compenso, le ultime cinque sedute sono state una manna, dice.
“La media mobile semplice su 200 giorni di 2,09 dollari sembra aver fornito un supporto a breve termine all’arabica” spiega Dixit, aggiungendo:
“Fino a quando resterà sopra l’area di supporto dinamica di 2,24-2,28 dollari, il rialzo potrà continuare a 2,35-2,40-2,45 dollari sul breve/medio termine”.
Anche i fondamentali sembrano andare a favore dell’arabica.
Sul fronte negativo, la guerra sta causando meno domanda in Europa, insieme alla nuova ondata di COVID a Shanghai, in Cina, col “potenziale di danneggiare seriamente la domanda cinese, considerata la chiusura di città e porti”, scrive Jack Scoville, a capo delle analisi sui raccolti del broker di materie prime di Chicago Price Futures Group.
Ma, a bilanciare tutto questo, aggiunge Scoville, “la mancanza di consegne da Brasile ed Indonesia supporta il mercato dei future” dell’arabica.
Anche per quanto riguarda il caffè robusta si registrano meno consegne dal maggior coltivatore, il Vietnam, “in quanto i produttori hanno venduto la maggior parte del raccolto e stanno tenendo il resto in attesa di prezzi più alti”.
Il robusta è utilizzato dalla maggior parte dei marchi di caffè solubile sul mercato e per il decaffeinato. Coltivato anche in Indonesia, Africa ed India, il robusta ha gli stessi problemi di forniture e raccolto dell’arabica, ma senza una domanda commisurata.
Negli scambi di ieri sull’ICE Futures Europe, il robusta si è attestato a 2.136 dollari la tonnellata, con un tonfo del 14% sull’anno, rispetto al rally dell’81% del 2021.
Nonostante il miglioramento dei prezzi del mercato e dei fondamentali del raccolto, alcuni analisti temono che l’inflazione globale alle stelle alimentata dai prezzi del petrolio ai massimi di 14 anni sopra i 100 dollari al barile sarà deleteria per i distributori di caffè, con i consumatori che tagliano i costi.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.