Trend weekly ribassista dal 04.05.2014
Trend daily ribasissta dal 08.05.2014
Iniziamo la consueta analisi di fine settimana partendo da quello che è successo dal punto di vista macro economico nell’ultima seduta della settimana appena conclusasi. In Europa, l’istituto di statistica Eurostat ha comunicato che il Pil è aumentato nel quarto trimestre dello 0,3%. Il dato è conforme alla stima preliminare e alle previsioni degli economisti. Le spese per consumi sono aumentate lo scorso trimestre dello 0,4%, gli investimenti fissi lordi dello 0,4%, le esportazioni dello 0,8% e le importazioni dello 0,4%. Su base annua il PIL dell'Eurozona è aumentato lo scorso trimestre dello 0,9%. Anche questo dato è conforme alla stima preliminare. Durante l'intero 2014 l'economia della zona euro è cresciuta dello 0,9% contro il -0,5% del 2013. Mentre per quanto riguarda le singole realtà europee, in Germania la produzione industriale è aumentata nel mese di gennaio dello 0,6%. Il dato è conforme alle previsioni degli economisti. Il dato di dicembre è stato rivisto fortemente al rialzo, da +0,1% a +1%. Su base annua la produzione industriale tedesca è aumentata a gennaio dello 0,9%. Ora passiamo sull’altra sponda dell’oceano, dove venerdì è stato pubblicato il market mover per eccellenza, il più importante in assoluto, ovvero le non-farm payrolls. Sorprende ancora una volta la ripresa del mercato del lavoro Usa febbraio negli Stati Uniti sono stati creati 295 mila nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo, contro attese che indicavano a 235 mila unità, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 5,5% dal precedente 5,7%. Sono ora dodici i mesi consecutivi che il settore privato Usa crea più di 200 mila posti di lavoro, un risultato che non accadeva dal 1977 e che potrebbe spingere la Fed a valutare il primo rialzo dei tassi già in giugno. Il costo del denaro va innalzato nella riunione del board in calendario a giugno. È quanto ha dichiarato Jeffrey Lacker, presidente della Federal Reserve di Richmond. “Alla luce del report relativo l’andamento dell’occupazione –ha detto Lacker nel corso di un’intervista con la Wharton Business Radio- credo che il meeting di giugno sia diventato il maggior candidato all’innalzamento dei tassi”. Lacker quest’anno è membro votante del Fomc (Federal open market committee), il braccio operativo dell’Istituto con sede a Washington. Per finire sempre negli Stati Uniti, il Dipartimento del Commercio ha comunicato che il deficit della bilancia commerciale degli USA è sceso a gennaio dell'8,4% a $41,8 miliardi. Gli economisti avevano atteso un calo a -$42 miliardi. Il dato di dicembre è stato rivisto da -$46,6 miliardi a -$45,6 miliardi. Le importazioni degli USA sono calate a gennaio del 3,9% a $231,2 miliardi. Le esportazioni sono scese del 2,9% a $189,4 miliardi. Ricordiamo che la Bce sta per attuare un programma di acquisto di 60 miliardi di bond ogni mese, a partire dal prossimo 9 marzo, cosa che dovrebbe supportare il mercato per tutto il 2015. La caduta dell’euro e i tassi d'interesse negativi dovrebbero infine sostenere una maggiore crescita ed un più alto livello di inflazione nel lungo periodo. Comunque, le sfide strutturali che l’economia europea deve affrontare rimangono significative e ci si aspetta che ci vorrà del tempo prima di vedere i risultati della politica economia di allentamento quantitativo messa in atto dalla BCE sull’economia reale. Ora dopo la consueta lettura dei market movers dell’ultima seduta della settimana, concentriamoci sui prezzi, che ci dicono tutto quello che occorre sapere per lavorare sul mercato, rimanendo aperti a possibilità di prese di profitto di fronte ad uno scenario principale che rimane comunque ribassista. Il Dollar Index, l'indice che misura il valore del biglietto verde in relazione al paniere delle altre principali valute, è salito dell'1,3% a 97,65 punti. Si tratta del più alto livello da quasi 12 anni. L’ultimo rapporto sull'occupazione migliore delle attese ha rafforzato l'aspettativa dei mercati che la Federal Reserve inizierà presto ad alzare i suoi tassi d'interesse. Gli investitori temono ora che la Fed possa eliminare la parola "paziente" dalla forward guidance sui tassi già durante la prossima riunione del suo comitato esecutivo. Si confermano anche nell’ultima seduta dell’ottava appena trascorsa le forti pressioni ribassiste sull’euro. La divisa unica europea ha aggiornato i minimi a 11 anni e mezzo contro il dollaro Usa allungando sotto la soglia di 1,10. Il cross EUR/USD ha chiuso la settimana ad 1,0850, nuovi minimi dal 2003. Nelle ultime due giornate l'euro è sceso di oltre due figure complice anche il parallelo apprezzamento del dollaro contro tutte le altre principali valute e le crescenti attese per l'avvio del Qe da parte della Bce, previsto per lunedì 9 marzo. La riduzione della forza dell’euro contro il dollaro, soprattutto nell’ultime sedute, aumenta ancora di più la possibilità di raggiungere la parità tra le due valute. Dopo l’ultimo forte strappo ribassista, penso che molto probabilmente la coppia abbia definitivamente messo dietro di sé il livello statico a 1,0967, pronto per raggiungere durante la prossima settimana il prossimo supporto a 1,0694; ovviamente in caso di ritorno al di sopra il livello a 1,0967 potremmo invece assistere a brevi accenni rialzisti, dovuti principalmente alle prese di profitto per tutti coloro che già sono entrati in vendita sulla coppia. Dal punto di vista operativo, sulla coppia in oggetto c’è poco da prevedere e molto da osservare, nel senso che l’unica strada da perseguire nelle prossime giornate resta ribassista; ovviamente bisogna osservare bene dove entrare a mercato, o rientrare nuovamente, solo dopo un rimbalzo (swing high) anche se di breve entità.