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Criptovalute: giornalisti nostrani "rimandati a settembre"

Pubblicato 05.10.2018, 15:25
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Questa mattina ho letto un articolo dal titolo e dai contenuti quantomeno discutibili Le criptovalute sono uno dei tanti modi per separare il denaro dagli stupidi”.

Non ho mai visto qualcosa che contenesse una tale quantità di inesattezze e imprecisioni.

Senza indugio, ho deciso di scrivere un articolo a confutazione di queste bizzarre affermazioni.

Sono riuscito a mantenere un tono pacato, al contrario dell’autore dell’articolo oggetto di discussione che, con grande sprezzo del ridicolo, dà degli stupidi a milioni di investitori (me compreso).

Partiamo dal titolo.

Intanto è quantomeno pretestuoso, se non totalmente inopportuno, insultare letteralmente milioni di investitori sulla base di convinzioni personali (ricordo velocemente che giusto qualche giorno fa la New York Stock Exchange, non esattamente l'ultimo exchange in fondo a destra ha annunciato il lancio del suo primo prodotto sul bitcoin, ma ci torneremo).

Dunque delle due l’una. O il signor Piccone (l’autore dell’articolo sul Sole 24 ore nda) ritiene di avere competenze in materia di criptovalute superiori agli analisti della NYSE o a quelli del fondo Black Rock (l’asset manager più grande al mondo con i suoi $ 7 trilioni di capitali gestiti), che giusto pochi mesi fa ha annunciato la creazione di un fondo sulle valute digitali o forse, sottolineo forse, sarebbe il caso che studiasse un pochino, così da evitare in futuro di scrivere articoli su argomenti di cui ignora persino le basi.

Dopo questa doverosa premessa, voglio procedere alla confutazione punto per punto delle affermazioni contenute nell’articolo del Sole.

LIMITI TECNOLOGICI

Nell’articolo si legge:

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ci sono limiti di natura tecnologica che contribuiscono a rendere inefficiente l’uso delle criptovalute come strumento di pagamento (Visa processa circa 1600 transazioni al secondo, un multiplo della blockchain). L’uso nei pagamenti all’ingrosso è ostacolato dall’incertezza dei costi associati alla singola transazione e dai tempi di esecuzione”.

Vero, il numero di transazioni in bitcoin (dunque non di tutto il mercato, ma solo della moneta a più alta capitalizzazione con circa il 50% di dominance) è ancora lontano da quello di Visa, che ad esempio nel 2016 ha processato transazioni per un valore di circa $ 9 trilioni. Ma se andiamo a vedere i dati del 2018, scopriamo che il numero di transazioni in bitcoin, con i suoi $ 1.3 trilioni, ha già superato abbondantemente quelle di PayPal e Discover, che non sono proprio gli ultimi arrivati!

bitcoin vs paypal
Giustamente si obietterà che le criptovalute sono ancora un settore di nicchia e la maggior parte delle transazioni avvengono in un contesto speculativo.

Questo è vero, ma nei prossimi anni la situazione potrebbe mutare radicalmente, se gli sviluppatori del Bitcoin core saranno in grado di rendere più snella e accessibile la tecnologia, favorendo così l’aumento della curva di adozione.

In tale ambito, lo sviluppo del Lightning Network sembra essere in procinto di “chiudere il gap” grazie:

    • al miglioramento della privacy: le transazioni all’interno di un canale LN restano private, al contrario di quelle su blockchain;
    • all’implementazione di smart contract e dunque tokens su layer LN;
    • alla possibilità di effettuare grandi quantità di microtransazioni immediate, idonee alle applicazioni Internet of Things.
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Di fatto LN e’ una sorta di infrastruttura, di protocollo, sul quale sara’ possibile costruire svariate tipologie di applicazioni, aggiungendo layer di reti “sopra” quella bitcoin.

Un po’ come internet, che nei primi anni ’90 era agli albori e con il tempo vi sono state “costruite” sopra una miriade di applicazioni.

Insomma con il lightning network si prospetta uno scenario dalle potenzialità enormi.

Il mercato dei Bitcoin ha registrato un aumento di quasi l’80% annuo negli ultimi cinque anni, raggiungendo il suo picco nel 2017 con un aumento del valore delle transazioni pari a otto volte.

Se lo stesso tasso di crescita sarà mantenuto anche nei prossimi anni, il futuro ci riserverà delle belle sorprese, incluso il Bitcoin che supera Visa (con il tasso di crescita sopra menzionato teoricamente la criptovaluta ha le potenzialità per superare i 13 trilioni di dollari in transazioni entro il 2023).


IL BITCOIN NON E' UN ASSET PER LA RISERVA DI VALORE

Nell’articolo si legge:

Riserva di valore? Al momento è impensabile parlare di Bitcoin come riserva di valore in quanto il protocollo è pensato per simulare una «politica monetaria» fissa, deterministica e anelastica. L’offerta di moneta cresce costantemente. Domanda e offerta di Bitcoin (in assenza di sottostante) saranno le sole determinanti del valore. In pratica con i bitcoin l’offerta di moneta non può mai essere restrittiva”.

Dunque secondo l’editorialista, è impensabile parlare di bitcoin in termini di asset per la riserva di valore.

E allora come mai nei paesi colpiti dall’attuale crisi monetaria (Venezuela e Turchia gli ultimi in ordine di tempo) con le rispettive valute nazionali falcidiate dell’iper-inflazione, assistiamo a una corsa sfrenata al bitcoin e più in generale alle criptovalute, proprio in ottica di riserva di valore? (per verificare, sarà sufficiente analizzare i volumi di trading di questi paesi, dati facilmente reperibili in rete).

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iper-inflazione in Venezuela

Per ovvi motivi di spazio, nel caso vogliate approfondire il discorso vi rimando a questo articolo, dove ho analizzato il bitcoin proprio nelle “vesti” di asset per la riserva di valore.

Tornando al punto, leggiamo che “l’offerta di moneta cresce costantemente” e “con i bitcoin l’offerta di moneta non può mai essere restrittiva”, sottintendendo dunque che la domanda sia in calo.

Forse l’autore ignora che l’offerta della moneta cresce proprio perché aumenta la domanda (per capire questo concetto, basta studiare il white paper del bitcoin).

Inotre in riferimento all’affermazione secondo cui l’offerta della moneta non può essere restrittiva, al giornalista sfugge il particolare che Il bitcoin ha una chiara natura deflattiva (visto il tetto massimo di 21 milioni di pezzi che si potranno minare), dunque aumentando il numero di utilizzatori aumenterà anche il valore, in base al principio di scarsità di un determinato bene.


LE CRIPTOVALUTE NON HANNO UNA BANCA CENTRALE ALLE SPALLE

Sempre nell’articolo leggiamo:
Non sono emesse, né garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica

Lapalissiano, infatti il bitcoin con la relativa blockchain nasce con l’obiettivo di disintermediare e decentralizzare le transazioni. Inoltre alla base del concetto stesso di blockchain, c’è proprio la volontà di trasferire il concetto di “fiducia” da un ente centrale a tutti i membri della blockchain.

LE CRIPTOVALUTE NON SONO REGOLAMENTATE

Leggiamo ancora:

“Non godono dello status giuridico di valuta o di moneta (emissione a corso legale); Non sono regolamentate all’interno della UE quindi non offrono alcuna tutela giuridica ai consumatori”

Questa è una mezza verità.

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Allo stato dell’arte le criptovalute non godono ancora dello status giuridico di valuta, ma se andiamo a leggere molti documenti ufficiali di agenzie governative e internazionali, scopriremo che l’Agenzia delle entrate con la Risoluzione Ministeriale N. 72 del 02/09/2016 scrive:

Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valutanon generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa. La Società, pertanto, non è tenuta ad alcun adempimento come sostituto d’imposta.”

In pratica l’Agenzia delle entrate considera le criptovalute al pari di una valuta estera.

Riguardo al fatto che le valute digitali non godrebbero di tutela giuridica perché non regolamentate all’interno dell’Unione Europea, sottolineo come il Parlamento e il Consiglio Europeo nella direttiva 2018/843 del 30 maggio 2018 abbia stabilito che entro il 2020 gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno introdurre obbligatoriamente lo status nel loro ordinamento giuridico, infatti la direttiva dovrà essere recepita a livello di singole nazioni prima del 10 gennaio 2020.

A tal proposito, consiglio vivamente la lettura di questo articolo, dove ho analizzato il report creato su richiesta della Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento Europeo “Valute virtuali e politica monetaria delle banche centrali: le prossime sfide”, dove si parla delle valute digitali in temi decisamente concilianti e si analizzano i benefici che porteranno all’economia nel prossimo futuro.

LE CRIPTOVALUTE SONO UN INVESTIMENTO RISCHIOSO

“Sono considerate (le criptovalute nda) strumenti ad alto rischio, non garantiti da immobilizzazioni immateriali.”

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Vero, le criptovalute sono una classe di investimento decisamente ad alto rischio, grazie all’estrema volatilità del mercato (caratteristica che ne fa uno dei mercati più brillanti e redditizi per chi sa muoversi con abilità e disciplina).

E poi perchè non parliamo dei silenzi imbarazzanti di tutta la stampa italiana, sui debiti di alcuni istituti di credito e di alcune delle più grandi società italiane (parmalat docet) che hanno causato una serie di fallimenti e danni incalcolabili a molti investitori?

Tornando alle criptovalute e al bitcoin, se proviamo ad andare più a fondo e ad analizzare il contesto internazionale, scopriremo altri scenari molto interessanti.

Come ho già anticipato all’inizio dell’articolo, gli abitanti delle nazioni colpite dalla crisi monetaria sono alla costante ricerca di beni rifugio con cui proteggere, se non incrementare, il valore dei propri risparmi.

In tale contesto, il bitcoin è balzato velocemente in cima alla lista degli asset preferiti da queste persone, sia per la facilità di accesso (è sufficiente una connessione internet per acquistare bitcoin) vuoi perché i cosidetti “unbanked” non hanno modo di procurarsi metalli preziosi o strumenti finanziari idonei.


Volume bitcoin in Venezuela

Dunque è chiaro come il bitcoin sia in netta competizione con altre classi di asset tradizionalmente note per avere caratteristiche intrinseche di riserva di valore.

Prendiamo ad esempio l’oro.

Di seguito trovate il grafico logaritmico settimanale dell’oro e del bitcoin in relazione al dollaro americano:

oro/dollaro

bitcoin/dollaro

Credo questo sia uno di quei casi in cui le immagini non necessitano di ulteriori commenti. A voi il giudizio.

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LE CRIPTOVALUTE SONO UN RISCHIO PER LA STABILITA' DELL'ECONOMIA MONDIALE

Ed ecco il gran finale:

“Il Financial Stability Board ha sottolineato che i rischi per la stabilità finanziaria potrebbero aumentare in modo repentino con conseguenze sistemiche”.

Perché si dà conto del parere del Financial Stability Board, legittimo per carità ma di certo non il verbo assoluto, e non si menzionano gli innumerevoli studi che danno una visione più oggettiva e aderente alla realtà delle valute digitali?

Come il già citato rapporto del Parlamento Europeo “Valute virtuali e politica monetaria delle banche centrali: le prossime sfide”, dove si legge testualmente: Crediamo, la cosa piaccia o meno, che le valute virtuali rimarranno un elemento permanente dell’architettura finanziaria e monetaria globale per gli anni a venire”.

Se le criptovalute fossero davvero un pericolo per la “stabilità finanziaria internazionale”, istituzioni del calibro della Chicago Board Options Exchange avrebbero al loro interno dei futures basati sul bitcoin?

O, ancora meglio, presenterebbero alla Securities and Exchange Commission una richiesta formale per il lancio di Bitcoin ETF, che appunto prevederanno l’acquisto fisico del sottostante?

O la New York Stock Exchange lancerebbe sulla propria piattaforma BAKKT dei bitcoin futures “fisici”?

CONSIDERAZIONI FINALI

Mi piacerebbe avere una risposta in merito a queste argomentazioni.

Non vorrei che questo fosse solo l’ultimo di una serie di articoli faziosi e denigratori nei confronti di una tecnologia che si stenta a comprendere e che invece meriterebbe ben altra considerazione.

Infatti è un’abitudine ciclica, quella di chiamare lo scoppio di questa fantomatica bolla o di dare per spacciato il bitcoin.

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Peccato però che poi si viene puntualmente e clamorosamente smentiti dai fatti, come ho evidenziato in questo articolo dello scorso inverno, dove mi sono divertito a raccogliere le “profezie di sventura” degli ultimi 5 anni di alcune testate economiche, che oggi fanno abbastanza sorridere.

Tutto questo mentre a Malta, nel cuore dell’Unione Europea in questi giorni si svolge il Delta Summit dove il Primo Ministro Muscat ha organizzato l’evento per favorire l’incontro tra le istituzioni e il Gotha del mondo cripto, con il palese intento di accreditare l’isola come l’avamposto europeo delle Valute digitali.

In tale contesto, mi fa particolarmente piacere l’ingresso dell’Italia nell’European Blockchain Partnership, che ci dimostra come l’attuale governo abbia una sensibilità notevole verso queste tematiche.

Speriamo che anche la stampa nostrana si adegui e riesca a fornire, in un futuro non troppo lontano, delle valutazioni oggettive e aderenti alla realtà.

Se queste sono le premesse però, la strada da fare è ancora lunga.

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