Giornata difficile quella di ieri per le borse mondiali che hanno subito un pesante ritracciamento, contrapposto ad un apprezzabile rafforzamento del dollaro americano e al contemporaneo aumento dei rendimenti obbligazionari. Per capire quello che sta succedendo, concentriamo la nostra attenzione sull’indice azionario per eccellenza: l’americano S&P 500. Partiamo dal presupposto che settembre e ottobre statisticamente, rappresentano per le borse, due mesi particolarmente delicati, in cui è alta la probabilità di ritracciamenti.
Lo scopo di quest’analisi è mettere insieme price action e fondamentali, per cercare di capire cosa sta accadendo nella mente degli operatori e quali sono i livelli strategici da attenzionare. Partiamo dall’ analisi grafica dell’indice americano, notando come primo segnale di debolezza, la candela ribassista del 17 settembre (giorno particolarmente importante per le scadenze di diversi contratti, il cosiddetto giorno delle 4 streghe). Questa candela ha rotto con decisione il supporto dinamico (media mobile 50) dal quale l’indice è sempre ripartito, trovando ulteriore conferma ribassista anche nella candela successiva di lunedì 20 settembre. Due indizi non fanno una prova, ma senz’altro contribuiscono a supportare l’idea che qualcosa sta cambiando. Lo swing ribassista dal massimo del 6 settembre ha terminato la sua strada sul livello 4340 dove transita la media mobile a 100 giorni. Per proseguire rimbalzo fino a 4450 ed ora di nuovo in area 4380 (momento della scrittura) a 30 punti dalla media 100. Dollaro sempre più forte in rottura della resistenza dei 93,50 per DXY e cambio euro/dollaro sul supporto 1,160.
Questi in sintesi i numeri, e nonostante tutto per ora il trend di medio lungo resta sempre rialzista. Ma che situazione rappresentano questi numeri? Quali sono le aspettative che spingono gli operatori ad acquistare bond e vendere azioni? E la forza del dollaro da dove deriva? E’ innegabile che in questo momento sui mercati finanziari stiano salendo gli indici della paura e ne citiamo due tra i più significativi: Vix a 22,15 e Fear & Greed Index prossimo al livello di estrema paura. Questo sentiment ribassista da dove deriva? I fattori principali che stanno interrompendo il ciclico giochetto dei massimi crescenti degli indici americani, sono due: Tapering e caso Evergrande. Fin qui nulla di nuovo, tutti sono più o meno informati a questo riguardo ma nello specifico, vorrei sottolineare alcuni aspetti particolarmente importanti per i futuri risvolti sui mercati finanziari.
Cominciamo dalla politica monetaria, riconoscendo a Powell il merito di aver adottato fino ad ora, un approccio morbido in merito all’ introduzione del concetto di tapering o fine della politica monetaria espansiva, iniziata con la crisi dei mutui subprime più di dieci anni fa. La situazione economica negli Stati Uniti è particolarmente fuori dall’ordinario, di sicuro non per cause endogene, derivanti dal normale funzionamento del mercato, ma per cause esogene derivanti dall’eccezionale intervento della FED che ha inondato l’economia di liquidità finita per lo più nell’equity. Fino ad ora, in tutti gli appuntamenti in cui il presidente della Banca Centrale più importante del mondo, è stato chiamato ad annunciare tasso di interesse e piano d’azione in merito all’acquisto di titoli, è sempre stato dato un ulteriore calcetto all'equity per farlo andare avanti ancora un pò, (ma non troppo). Tutto finalizzato a far proseguire l’ottimismo e il prevalente sentiment di rialzo dei mercati azionari. Attualmente gli obiettivi occupazionali sono soddisfacenti e purtroppo altri parametri sono fuori dal livello desiderato: inflazione da diversi mesi sopra il 5% e la crescita economica è sostenuta ma non più a ritmi crescenti. Per ora non sono stati dati dettagli tecnici da Powell che ha rimandato tutto all’appuntamento dei primi di novembre, annunciando l’inizio del tapering per dicembre e successivamente il rialzo dei tassi d’interesse. Sembra che il mercato stia avendo una presa di coscienza di questa situazione, e lentamente col pretesto della crisi del “Real Estate Cinese”, si stia preparando ad un nuovo ciclo, in cui dollaro e bond riprenderanno il loro giusto peso.
A proposito della crisi del settore immobiliare Cinese, vorrei fare alcune considerazioni, vista l’apparente impressione percepita e fatta percepire dai mass media. Il problema del settore “Costruzioni” Cinese non è direttamente derivante dallo stato di difficoltà della società Evergrande. Lo stato di insolvenza di questa società non è minimamente paragonabile alla Lehman Brothers del 2008. Si sta parlando del potenziale fallimento di una società che ha emesso obbligazioni classificate “Junk bond” e non con livelli di rating elevati come in occasione della crisi dei subprime. Pertanto tali titoli sono presenti nei portafogli con questa consapevolezza, e per tale motivo non in grado di sbilanciare eccessivamente i singoli investitori. La Cina prenderà i suoi provvedimenti cercando di salvare il possibile e sicuramente ci sarà un effetto domino che metterà in difficoltà l’intero settore delle costruzioni. La gravità della crisi sarà probabilmente estesa e coinvolgerà l’economia Cinese per qualche mese o poco più, avendo riflessi anche sui mercati finanziari globali. Materie prime (già lo abbiamo visto con il Rame: prima in bolla, ora in fase di correzione), e anche altri stati europei, come ad esempio la Germania, sono direttamente collegati allo stato di salute dell’economia Cinese e alle sue scelte di politica economica. Detto questo è facile comprendere come una crisi Cinese potrebbe impattare sul resto del mondo. Ma quanto pesa il settore “Real Estate” e perché c’è tutta questa apprensione? Per rispondere alla prima domanda, diamo subito i numeri: 30% sul prodotto interno lordo. Questo numero così importante è il cuore del problema che stiamo esaminando. Il settore costruzioni, nella maggior parte dei Paesi Europei, e negli Stati Uniti rappresenta una percentuale compresa tra il 12% e il 15%. Per questo motivo, sarebbe particolarmente sentita in Cina una crisi del genere, visto che il settore edile ha un peso relativo eccezionale sul PIL rispetto ad altre economie dei paesi occidentali.
Per concludere, non è direttamente l’insolvenza di Evergrande che causerà la crisi (e abbiamo già visto il motivo), ma l’indirizzo di politica economica voluto dal Presidente Xi Jinping, che, attraverso l’ausilio delle Banche (gestite e controllate dallo Stato) ha ridotto i finanziamenti al settore delle costruzioni, introducendo parametri di merito creditizio più restrittivi. Il motivo strategico consiste nel ridurre il peso del Real Estate sul PIL, in un’ottica di rafforzamento economico di lungo periodo. Non si può negare la lungimiranza di questa visione, che sacrifica l’economia nel breve, a favore di settori più redditizi che avranno livelli di crescita esponenziale di gran lunga superiori, nel medio lungo periodo. La Crisi del settore immobiliare probabilmente ci sarà, ma per volontà strategiche di natura economica e non per il fallimento di una singola società, anche se di un certo peso nel settore in cui opera.
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