Davide Marone, 13 maggio 2014
INTRO
Nella giornata in cui il mercato valutario è rimasto sostanzialmente piatto, il round da protagonista lo hanno vissuto le Borse con l’S&P500 e il Dow Jones che hanno messo a segno nuovi record storici, così come ha fatto il Dax tedesco, con tutti gli altri listini globali in scia comprati “a mani basse”.
Exploit Borse
E’ giunto dunque a un passo dai 1.900 punti l’indice benchmark Standard & Poor’s 500, così come ha fatto il Dow Jones il quale è approdato fino a quota 16.720 punti. Aggiornati dunque i massimi storici per i due maggiori indici azionari americani, che si sono trascinati dietro tutto il comparto azionario portando Dax, Uk100, Eurostoxx50 (tanto per citare quelli maggiori a livello europeo) di nuovo su livelli sostenutissimi anche se non immediatamente nei pressi dei record storici. Apparirebbe indelicato utilizzare il “ve l’avevamo detto”, ma va detto che a dispetto di coloro i quali dopo le pur importanti vendite avvenute nella prima metà dei mesi di marzo ed aprile sostenevano che fosse arrivato il tempo delle vendite strutturali per le Borse, la nostra posizione è sempre rimasta quella per la quale, con queste condizioni di liquidità e di tassi bassissimi del mercato, di fatto mancassero i presupposti per assistere ad un sell off dall’azionario. Più volte abbiamo motivato questa tesi, banalmente applicando ragionamenti basati sulle logiche macroeconomiche e dell’asset allocation e spiegando le motivazioni che inducevano, e tuttora inducono, gli investitori a destinare la propria liquidità verso le azioni: liquidità in eccesso che viene parcheggiata laddove i rendimenti potenziali sono più elevati e tassi di interesse che, dal lato delle scelte di investimento e quindi del valore delle azioni fanno sì che i dividendi attesi vengano scontati con ratei bassissimi, e dal lato dei numeri aziendali fanno sì che le imprese abbiano costi finanziari tra i più bassi di sempre nel momento in cui gli oneri di finanziamento sono ai minimi. Certo potremmo metterci dentro argomenti di forte impatto, come il dumping del mercato del lavoro che fa sì che i costi complessivi decrescano e che quindi, nonostante i cali generalizzati dei fatturati legati al rallentamento della domanda, gli utili siano stabili o addirittura in aumento. Potremmo metterci dentro i fenomeni di delocalizzazione che ancora una volta fanno diminuire la voce dei costi laddove si insediano le sedi legali delle aziende in paesi a regimi fiscali agevolati, e le sedi produttive dove i costi del lavoro e dell’energia sono inferiori. Ma ancora una volta, andremmo molto in là nei discorsi. Mantenendoci su di un ambito finanziario, la giustificazione che porta un investitore a scegliere di destinare la sua liquidità in azioni risulta dunque abbastanza evidente. E poi pensiamo alle sue alternative di allocazione: l’obbligazionario? Sì in parte, ma non certo per la presenza di rendimenti degni di interesse quanto più per una normale diversificazione volta a mitigare il rischio complessivo di portafoglio. Le materie prime? Esse è vero sono rischiose, ma di fatto non offrono guadagni in dividendi ed interessi e vivono in questi mesi fasi piuttosto altalenanti legati a scenari internazionali instabili piuttosto che a condizioni climatiche spesso sconvolgenti. Il valutario? Qui le opzioni sono diverse, ma i punti interrogativi sono diversi. I rendimenti offerti da tutte le major sono piuttosto bassi, con eccezione delle oceaniche che possono forse nuovamente aprire la strada a fenomeni di carry trade che ad ora però risultano ancora lontani, mentre laddove i guadagni in interessi ci sarebbero come nel caso delle emergenti, vi sono problemi di altra natura e i recenti mesi ne sono stati una dimostrazione lampante. Lo yen ed il franco svizzero risultano ancora porti sicuri ma i rendimenti sono nulli, mentre l’euro non offre alcuna garanzia. La sterlina può essere una scelta vista la sua forza intrinseca e le aspettative per tassi in crescita, ma già il dollaro non lo è: è la valuta più presente sul mercato, il che equivale a dire che il suo valore è basso, oltre al fatto che, come accennavamo ieri, diversi sono i versanti che potrebbero di fatto privarlo della sua centralità come valuta di riserva (vedi i pagamenti internazionali). Le Borse strutturalmente hanno la possibilità di salire e per ora il “sell in may and go away” è più che rimandato.
ZEW e Retail Sales USA
Lo spieghiamo da qualche settimana che il mercato è fortemente condizionato, e intendiamo nel breve termine e per volatilità, a tutto quanto proviene dal fronte macroeconomico nel momento in cui le politiche monetarie della banche centrali vivono fasi di sostanziale non interventismo (ammettiamo che ci piacerebbe essere smentiti da Draghi e BCE). Oggi dunque avremo la pubblicazione dello ZEW di Germania ed Eurozona, un indice cioè di sentiment degli investitori istituzionali tedeschi. L’eurodollaro è rimasto durante tutta la giornata di ieri all’interno di un range estremamente ristretto e andranno monitorati gli eventuali strappi possibili; le notizie macro potrebbero dunque portare a reazioni di breve, anche se verosimilmente movimenti direzionali saranno più da ascrivere ai dati sull’inflazione di Eurozona e Stati Uniti di questo giovedì. Parlando di USA, questo pomeriggio vi sarà la release sulle Vendite al Dettaglio che saranno importanti non solo per il valore in sé del dato, ma proprio come tassello del mosaico della ripresa strutturale dell’economia a stelle e strisce, concetto sul quale la Federal Reserve ha fondato di fatto la sua nuova qualitative forward guidance.
QUADRO TECNICO
EUR/USD: ben poco da dire dunque per quello che riguarda il cambio principe e praticamente nulla da aggiungere rispetto all’outlook fornito ieri. Ci troviamo naturalmente in una fase di correzione che si appoggia su 1,3745 e che, sul grafico orario, mostra ancora una congestione con l’ottima media esponenziale a 21 periodi a fare da prima resistenza dinamica per delle ripartenze la cui portata passa naturalmente dalla violazione dei minimi a 1,3745 verso 1,3730 e la fondamentale area di 1,37. Prudente invece attendere il superamento di area 1,3785 prima di long in direzione 1,3815 e allunghi possibili a 1,3815 in eventuale scenario di “pera cotta” sempre sul grafico orario.
USD/JPY: grazie al rally delle borse e di questo ce ne rallegriamo vista la presenza ancora di qualche correlazione affidabile, la sostanziale calma piatta ed assenza di spunti direzionali che osservavamo fino a ieri, hanno vissuto quantomeno un primo scossone. Buoni infatti sono stati i pullback una volta toccato 102 fino a 101,85 e le successive ripartenze verso 102,15 e 102,35. Da qui è verosimile attendersi nuovi test proprio a 102,15 prima di possibili allunghi che potrebbero essere più importanti fino a 102,65. Il rientro sotto 102, secondo e “ultimo” punto per riprese long, invece ci fornirebbe una buona conferma in senso ribassista verso 101,75, 101,60 e 101,45.
EUR/JPY: gran bella flag tecnicamente di continuazione ribassista per il cross che ieri, ad eurodollaro piatto, è naturalmente salito in scia alla salita di UsdJpy. Di ottima rilevanza dunque l’area di 140,90 per ripartenze corte da implementare in maniera più prudente a 140,50 verso 140,25 e 139,90. La tenuta di 140,50 può infatti ancora sostenere la ripresa che sopra 140,90 diverrebbe confermata verso 141,15 e 141,40.
GBP/USD: buona la tecnicalità del cambio vista ieri. La ripresa dopo gli ampi movimenti ribassisti lo hanno infatti portato fino ad area 1,69 da dove puntualmente sono ripartite le vendite però limitate al livello di 1,6865. Il grafico a 4 ore mostra ancora potenzialità long che però possono essere implementate sopra 1,69 in direzione 1,6925 e 1,6950 poi, mentre nel breve resta da prediligere lo short verso 1,6835.
AUD/USD: ribadiamo come sempre la figura di riferimento rappresentata dal preciso canale rialzista dai minimi di gennaio, attraversato dal canale ribassista di correzione invece iniziato il 10 aprile. Le rotture di quest’ultimo e i successivi pullback sono stati molto tecnici ma il fallimento di nuovi massimi sopra 0,9390 visto ieri, getta qualche preoccupazione rispetto al pur ottimo scenario bullish che stava nuovamente palesandosi. Le rotture al ribasso sotto 0,9335 potrebbero consentire approdi fino a 0,9315 per stop in pari, potendo confidare poi in eventuale discese che diverrebbero importanti verso 0,9285. Trigger point per il long permangono comunque 0,9315 e 0,9335 verso 0,9375.
Ger30 (DAX): ottima dunque la rottura di ieri vista oltre 9.620, da noi chiarita in dinamica di sop&reverse rispetto a sensate logiche di vendita di breve sulle resistenze contemplate. Verosimile dunque ora guardare ad approdi sui massimi in area 9.795/800, verosimilmente intervallate da ritracciamenti di breve che potrebbero divenire più importanti solo sotto 9.700 verso 9.680 e 9.645 punti.
XAU/USD (Oro): ottima la rottura di ieri sul gold sopra 1.296 per approdi al primo target a 1.301. E’ mancata poi la spinta verso area 1.306/08 laddove si sono poi sviluppate figure di inversione di breve nuovamente sotto 1.296 ed ancora una volta verso i 1.292 dollari l’oncia. Questo punto può frenare il prezzo e permettere la ripresa dei punti appena citati per stop loss stretto ed eventuali vendite sotto verso 1.286. 1.277 il supporto di maggior rilievo.