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DailyFX Morning Adviser, dopo i market mover, ora le aspettative

Pubblicato 07.04.2014, 09:30
Aggiornato 11.09.2019, 13:55
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Davide Marone, 7 aprile 2014
INTRO
Dunque la settimana che ci siamo lasciati alle spalle ci ha consegnato in ultima battuta i dati sul lavoro negli Stati Uniti e ancora una volta il giudizio complessivo sulle release è in chiaroscuro, come testimoniato anche dalla reazione dei prezzi non solo in ambito valutario ma anche e soprattutto sul lato Borse.
Payrolls e disoccupazione
192mila sono stati i nuovi posti di lavoro creati nel mese di marzo rispetto al consensus di 200mila e con un dato precedente rivisto al rialzo a 197k rispetto alla release scorsa di 175k. Il tasso di disoccupazione si è confermato quello di febbraio al 6,7%, superiore alle attese di 6,6%, con un tasso di partecipazione in aumento da 63 a 63,2%. Questi dunque i numeri essenziali dal report del Labour Department of Statistics dello scorso venerdì, dati che nel loro complesso ci restituiscono una situazione complessiva di stallo, con nuovi posti di lavoro creati che faticano a raggiungere quella soglia fatidica dei 200k che, se costante, viene individuata come quella utile a permettere un miglioramento strutturale sul fronte occupazionale negli Stati Uniti. Il dato sulla disoccupazione, la cui importanza è stata almeno da un punto di vista formale svilita, si è confermata e può essere letta in chiave positiva se rapportata ad un tasso di partecipazione che è ancora in aumento, seppur lieve. Nel suo ultimo speech Janet Yellen, Governatore della Federal Reserve, descrisse quattro elementi di “evidence of slack” (di fiacchezza cioè) del mercato del lavoro statunitense: primo, i 7 milioni di persone che lavoro part-time ma che vorrebbero invece farlo full-time. In secondo luogo, una pressoché inesistente crescita dei salari; ancora, una fetta troppo sostanziosa di disoccupati di lungo termine ed infine una diminuzione del tasso di partecipazione che riflette la presenza di una larga parte di lavoratori scoraggiati. Analizzati in quest’ottica, i dati pubblicati venerdì presentano un quadro piuttosto misto per la stessa Fed che però dal nostro punto di vista non andrà a modificare le proprie aspettative in materia di tapering e tassi di interesse. Le release, in questo senso, non sono sicuramente allarmanti ma neanche lusinghiere e comunque potenzialmente foriere di accelerazioni sul fronte di politica monetaria. Il primo, cioè il tapering del Quantitative Easing, potrà procedere come dichiarato al ritmo di 10 miliardi ad ogni riunione del FOMC, mentre sul fronte tassi ci sarà ancora estrema cautela nel paventarne un possibile rialzo e nel fare menzione di un possibile timing per farlo (come accaduto “ingenuamente” nella Press Conference nella quale Yellen aveva parlato di 6 mesi). La reazione dei mercati è stata infatti tipicamente “mista” con il dollaro americano che è andato a perdere terreno, non tanto contro euro o sterlina, ma in particolare contro lo yen con il cambio UsdJpy che ha seguito gli storni delle Borse che, e ci riferiamo al benchmark S&P500, dopo aver messo a segno nuovi massimi sono state poi ampiamente vendute riportandoci esattamente ai livelli di una settimana fa.
Focus sull’Europa
La grande “novità” della settimana scorsa è stata però indubbiamente quella della BCE e di quella che sarebbe una clamorosa apertura rispetto ad un Quantitave Easing che fino a qualche giorno era un’espressione a dir poco blasfema quando si parlava di euro e Banca Centrale Europea. La settimana scorsa a più riprese abbiamo descritto quelle che potevano e possono essere le armi utilizzabili dall’Eurotower nell’ambito di quelle misure convenzionali e non delle quali lo stesso Draghi ha parlato lo scorso giovedì, rimarcandone però la dubbia efficacia laddove verosimilmente l’unica iniziativa potenzialmente lenitiva per l’Europa avrebbe potuto essere proprio quella di Quantitative Easing. Vanno fatte almeno due considerazioni in questo senso: la prima è che a Francoforte contempleranno con grande attenzione un eventuale ulteriore aggiustamento del corridoio dei tassi, con un taglio che potrà riguardare il tasso di rifinanziamento principale piuttosto che quello di deposito, oltre che eventuali operazioni di fine della sterilizzazione o di LTRO, prima di procedere in ultima istanza ad una straordinaria immissione di liquidità nel sistema. Secondo, va fatta una distinzione tra quanto è stato dichiarato, e che quindi indubbiamente genera aspettative di per sé auspicabilmente funzionali al miglioramento della situazione nel suo complesso, e quanto poi verrà davvero compiuto. Mario Draghi, d’altronde, non sarebbe nuovo a sensazionalismi efficaci e basti ricordare la famosa dichiarazione del luglio del 2012 quando con un “la BCE farà qualsiasi cosa per garantire l’euro”, risollevò la moneta unica da una spirale di sfiducia e di vera propria implosione verso la quale sembrava destinata a dirigersi. C’è dunque più di un motivo per ritenere che l’obiettivo del Governatore della BCE fosse quello di determinare una reazione evidente sui mercati che potessero dunque tramutarsi in aspettative concrete e protrarsi nel medio periodo. In questo senso la reazione dell’euro è stata funzionale in quanto buono è stato il suo deprezzamento rispetto al dollaro americano e la settimana che si apre potrà rivelarsi di rivelazione in relazione alle aspettative che in effetti si sconteranno nei prezzi laddove market mover di estremo rilievo non vi saranno. Andrà seguito il meeting e le comunicazioni della Bank of Japan di questa notte, così come i dati australiani nelle primissime mattine dei giorni venturi a cui aggiungere i dati cinesi, oltre che i verbali del comitato Fed mercoledì sera e alcune release sul Regno Unito che, come sappiamo, potranno avere un grande impatto sul pricing della sterlina.
QUADRO TECNICO
EUR/USD: reazione piuttosto nervosa del cambio principe rispetto ai dati di venerdì. Il grafico settimanale ha mostrato la terza candela ribassista di fila con il test della media mobile a 21 periodi, mentre quello giornaliero evidenzia l’appoggio del prezzo sulla media 100 e sulla trendline di medio tracciabile a partire dallo scorso Luglio. Venendo ad un’ottica intraday, il time frame a 4 ore ci mostra una situazione di divergenza regolare rialzista tra prezzo e stocastico, per la possibilità di andare a rivedere il livello di 1,3740 e ancora 1,3780 in estensione. Un deciso ritorno sotto la soglia di 1,37, potrebbe far tentare nuovi ribassi verso i minimi a 1,3675 ed i progressivo avvicinamento del fatidico supporto a 1,3740.
USD/JPY: il settimanale mostra qui uno senario di potenziale divergenza inversa rialzista, laddove però il daily evidenzia un evening star seguita da una long black che forniscono un forte segnale discesista. Ci troviamo però su una forte area di supporto, quella di 103, che nel breve potrebbe favorire riprese del prezzo verso l’area di 103,45, prima di portare a nuove potenziali vendite che andranno quindi prese in considerazione. 103,75 il livello successivo mentre i tentativi di rottura al ribasso presentano dei potenziali RR limitati in quanto a 102,75 e 102,60 si pongono dei discreti supporti statici. Più deciso sarebbe il cammino di discesa sotto quest’ultimo livello.
EUR/JPY: il weekly non ci fornisce qui particolari indicazioni, mentre il daily evidenzia una evidente pressione ribassista sul cross che potrebbe dunque permanere. Il 4 ore mostra uan buona tecnicalità con l’area di 141,10 che potrebbe portare a buone riprese verso 141,60 e 142 in primo luogo, con l’orario che accompagna il rialzo in divergenza rialzista. Attenzione però proprio al 141,60 laddove potrebbero partire nuove vendite verso i supporti.
GBP/USD: anche sul cable il grafico settimanale non risulta particolarmente significativo quantomeno rispetto alla lettura che ne davamo lunedì scorso. Il daily ha mostrato 4 candele ribassiste consecutive con un oscillatore stocastico in possibile swing ribassista. Il 4 ore segnala però una potenziale divergenza regolare rialzista che in prima istanza potrebbe accompagnare il prezzo verso l’1,66 su cui pensare di lavorare a stop in pari perché è lì che potrebbero ripartire le vendite verso l’area 1,6550/65.
AUD/USD: il weekly continua a mostrare la buona fase rialzista del cambio, mentre il daily evidenzia la valenza dell’area di supporto a 0,9200/10 così come quella di resistenza a 0,93. Nel breve potrebbe proprio quest’ultimo livello favorire nuove vendite che potrebbero però essere contenute dall’area di 0,9250 per nuove ripartenze rialziste verso i punti di massimo. Queste ultime potrebbero trovare sfogo nel breakout della soglia di 0,93 verso il livello di 0,9350.
Ger30 (DAX): Dax naturalmente ancora sostenutissimo come si evince dal settimanale, laddove però il daily evidenzia un possibile swing ribassista dell’oscillatore stocastico concorde rispetto alla forte pin ribassista di venerdì. Le discese di stamattina potrebbero riguardare l’area di 9.565 dalla quale attendersi i primi ritracciamenti verso 9.600. Perforamenti di quel livello potrebbero invece riguardare l’area di 9,500 e 9.470 in caso di forti storni.
XAU/USD (Oro): i ribassi delle ultime tre settimane hanno trovato nell’area di 1.275 una forte area di supporto e le buone reazioni ai dati di venerdì scorso lo hanno chiaramente mostrato. L’area di 1.300 può fare ora da supporto per delle risalite in ottica 1.308 e 1.318 in secondo luogo mentre perforamenti al ribasso della soglia di 1.300 farebbero tornare di attualità l’area di 1.290. Questi i maggiori livelli intraday.

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