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Dovish Fed. Basterà?

Pubblicato 19.11.2018, 09:48
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Lunedì 19 Novembre

 Fonte: Hedgeye Risk Management

Almeno per una sessione l’attenzione del mercato si è spostata dagli sviluppi della Brexit, dove si attendono gli eventi, ad una più canonica attenzione alle esternazioni della Federal Reserve. Dopo un Powell molto bilanciato mercoledì, sono arrivate, venerdì, le parole più chiaramente dovish di Clarida e Kaplan, con illoro impatto su tassi e dollaro, entrambi più bassi. Meno evidente di altre occasioni il supporto al mondo azionario mentresi inizia a notare una sotto-performance del credito corporate.

Dovish Fed. Durante la settimana Powell aveva mostratoun tono molto bilanciatoche in qualche modo smussava la precedente percezione hawkish della sua impostazione (il “we are a long way from neutral” di inizio ottobre),accompagnando il consueto mantra dei graduali rialzi che ci aspettano con una maggiore attenzione airischi potenziali (rallentamento nella crescita globale, riduzione dello stimolo fiscale domestico, effetto ritardato dell’aumento dei tassi). Venerdì il messaggio provenientedalla Federal Reserve è stato in effetti ancora più esplicito nel comunicare cautela. Richard Clarida (FED POLICY IS GETTING CLOSER TO VICINITY OF NEUTRAL / THERE IS SOME EVIDENCE OF GLOBAL SLOWING) e Robert Kaplan (RISKS GLOBALLY ARE TO THE DOWNSIDE / FED HAS SOME LATITUDE TO BE PATIENT ON POLICY) hanno innescato il principale movimento di giornata supportando il Treasury e penalizzando il dollaro, estendendo una tendenza che era già emersa nelle sedute precedenti. Il rendimento del Treasury (10Y), a 3.06%, è ora a quasi 20bp dai livelli toccati appena dopo le elezioni di metà mandato mentre la parte più abreve della curva, pur mantenendo un probabilità assai elevata per un rialzo in arrivo a dicembre (80%), ha visto ora limati a poco più di 1, i quasi 2 rialzi ulteriori che incamerava solo una settimana primaper il 2019. Altrettanto comprensibilmente il dollaro si è indebolito spingendoci ad archiviare il recente tentativo sotto 1.13 (EUR/USD) come l’ennesima falsa rotturain un anno che, sulle valute principali, si conferma complicato per chi vorrebbe sfruttare estensioni significative innescate dalla rottura di livelli tecnici apparentemente rilevanti. La reazione di Wall Street, pur positiva, è stata meno entusiasmante di altre occasioni in cui dalla banca centrale erano arrivate parole di cautela in merito al ritmo di normalizzazione della politica monetaria. L’impressione è che una banca centrale pronta a essere più morbida nel suo approccio perché realmente preoccupata da rischi prospettici (esteri e/o domestici) possa fornire a investitori meno disposti ad abbracciare incondizionatamente un futuro roseo, nuovi motivi perrimanere sulla difensiva.

 Fonte: Holger Zschaepitz

Fonte: Holger Zschaepitz

Due recenti ‘false rotture’ per l’EUR/USD

L’allargamento dei credit spreads. Il mondo delle obbligazioni corporate ha mostrato durante la settimana passata qualche difficoltà. Nel 2018 questa asset class si era mostrata in genere più resiliente rispetto ai corsi azionari nei momenti di difficoltà acuta di questi ultimi (nel recente ottobre ma ancheinfebbraio) o anche nei momenti di volatilità estrema che avevano colpito alcuni mercatiemergenti (agosto).Ora peròla price-action sembra essere meno confortante. Anche venerdì il recupero del comparto High-Yield è stato meno convinto rispetto al rimbalzo di Wall Street, quando sono scattate le ricoperture pomeridiane, guidate sia dai toni dovish della Fed sia dal rinnovato ottimismo sulle potenzialità di un riavvicinamento con la Cina al G20.E gli spread (CDX 5Y US HY) sono rimasti vicini ai massimi dell’anno (400bp). Il movimento è ancora ben lungi dall’avere la drammaticità di casi passati (non solo il 2008 ma anche più recentemente nel 2015 e 2016) ma va monitorato perché potrebbe essere un significativovolano di avversione al rischiocon questo tipo di investimento ormai presente in dosi massicce anche in portafogli convenzionali sotto forma di fondi dedicati e/o ETF. Si segnala infatti che nella giornata di mercoledì l’ETF più popolare per investire nel mondo HY americano (Bloomberg ticker HYG) ha visto la terza giornata più importante in termini di volume della storia (3.7bio, 3x il volume giornaliero medio). Bisogna ovviamente tenere conto che parte delle difficoltà si possono imputare alla precipitosa discesa del petrolio delle ultime settimane. Molti sono infatti gli emittenti HY in qualche modo legati alla catena di estrazione/raffinazione/sfruttamento del greggio, circa il 15% delle emissioni ‘speculative’presenti in questo ETF di riferimento, ad esempio.Così come va tenuto sul radar il difficile momento di General Electric (NYSE:GE), che non è solo un’azione ‘iconica’ma anche un emittente (BBB+, quindi Investment Grade)di grande volume (115bio USD di debito) e che ha visto in poche settimane i suoi bond perdere circa il 10% su tutte le scadenze.

 US High-Yield spread

 HYG - ETF hig-yield Us Bolds

 Data: FacSet; Chart: Lazaro Gamio/Axios

Aggiornamento Brexit. Per un’analisi più esaustiva rimandiamo al report SPECIALE BREXIT inviato nel pomeriggio di venerdì. Durante il fine-settimana sono state molte le headline che si sono rincorse soprattutto sui media inglesi ma la sostanza della situazione non è mutata di molto. Theresa May potrebbe dover affrontare una mozione di sfiducia (del suo partito, non del Parlamento) nella giornata di domani. Secondo alcune indiscrezioni la conta delle lettere (dei deputati) che lo richiedono sarebbe a 42 (ne sono necessarie 48, il 15% dei 315 che siedono a Westminster). L’impressione è che il Primo Ministro possa sopravvivere a questa sfida, ammesso che il voto si tenga davvero. Più difficile sarà per lei far passare la ratifica dell’accordo recentemente raggiunto con Bruxelles. Al momento i numeri non ci sono. Bisogna vedere se il mondo business/corporate, che sembra essersi schierato apertamente per la ratifica per evitare guai potenziali ben peggiori, riuscirà a migliorare le possibilità di un voto positivo. A valle di una bocciatura l’alternativa meno drammatica potrebbe essere diquella di provare ad estrarre qualche marginale concessione dall’Europa per far passare la ratifica con un secondo voto nel 2019, prima del 29 marzo, sfruttando anche una maggiore pressione di fronte al baratro del no-deal. L’incapacità di portare a termine questo difficile sentiero innescherà una delle altre opzioni (o una commistione delle stesse), sicuramente meno controllabili nei loro esiti: un’uscita senza accordo, un nuovo referendum, le elezioni anticipate.

La sessione asiatica è partita contoni cauti,senzariuscire a costruire sulla ritrovata positività di venerdì pomeriggio/sera. Il tema dei rapporti Cina-US resta centrale, a maggior ragione con l’avvicinarsi dell’atteso G20 di fine mese. Il vertice APECin Nuova Guinea (Asia-Pacific Economic Cooperation), per la prima volta da tempo immemorabile, non è stato in grado di produrre un comunicato congiunto. Il dilemma principale, rimasto irrisolto, è stato quello sull’opportunità di includere un riferimentocritico nei confronti delle pratiche commerciali di Pechino. Le dichiarazioni del Vice-Presidente americano Mike Pence, rappresentante US all’evento, non sono state esattamente quelle di chi si sta per risiedere ad un tavolo negoziale con la massima disponibilitàa trattare: “gli Stati Uniti non cambieranno rotta fino a quando non la cambierà la Cina... siamo pronti a più che raddoppiare le tariffe imposte sulle merci cinesi...” con, in aggiunta, anche aperte critiche all’iniziativa infrastrutturale ‘One Belt One Road’, da tempo centrale nei piani di Pechino. Le piazze asiatiche hanno mostrato una limitata capacità di sfruttare il recupero occidentale di venerdì (Nikkei +0.7%, Hang Seng +0.2%, Shanghai Comp +0.4%) mentre il future dell’S&P 500 è poco più basso (-0.3%) dell’ultima chiusura.

Ci attendeuna settimana accorciata dal Thanksgiving che giovedì fermerà il mercato a Wall Street. Venerdìarriva il ‘collegato’ Black Friday (diventato in pochi anni un’istituzione ‘consumistica’ anche dalle nostre parti) con cui si dà il via allo shopping natalizio.I suoi dati di vendita verranno scrutinati con attenzione nei giorni seguentiper sentire il polso del consumatore americano. Nei prossimi giorni gli occhi saranno naturalmente puntati al di là della Manica, sulle note vicende inglesi, a cominciare da un potenziale voto di fiducia sulla leadership di Theresa May. Dal canto nostro in Italia non ci annoieremo: mercoledì 21 dovrebbe essere la data entro cui la Commissione Europea darà un’opinione sul nostro budget (poco) rivisto. Probabile che arrivi il suggerimento (all’Eurogruppo che si riunirà il 3 dicembre) di far partire la famigerata procedura per ‘deficit eccessivo’. Tra i dati macro vanno segnalati i PMI-flashper il mese di novembre in arrivo, nei paesi in cui vengono rilevati, venerdì 23. Buona settimana.

Il desk rimane come sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti.

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