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Due rischi che potrebbero influire sul prezzo del greggio a breve e lungo termine

Pubblicato 18.10.2017, 14:00
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 18.10.2017

Il prezzo del greggio è schizzato negli scambi after-hour di domenica notte e lunedì mattina, quando le forze armate irachene hanno invaso la città curda di Kirkuk, importante centro petrolifero. Le aspettative erano che il flusso di greggio proveniente dall’Iraq settentrionale sarebbe stato interrotto, con le truppe irachene che combattevano per prendere il controllo dei giacimenti petroliferi vicini alla città. Secondo le prime notizie, il flusso, ad un ritmo di 350.000 barili al giorno di greggio, sarebbe stato brevemente interrotto durante gli scontri ma ciò è stato poi contestato dalle notizie successive.

Oil Daily

Quando i mercati hanno aperto negli Stati Uniti lunedì mattina, era chiaro che la produzione petrolifera e i trasporti nel nord dell’Iraq non erano stati interrotti e il prezzo del greggio si è staccato dai massimi precedenti. La Turchia ha reso noto che 350.000 barili di greggio al giorno vengono ancora inviati dal nord dell’Iraq al porto turco di Ceyhan, proprio come avviene di solito. Anche gli spostamenti delle Petroliere da Ceyhan indicano che il flusso di greggio non è stato interrotto.

Il vero rischio per il greggio iracheno a questo punto non è un’improvvisa interruzione della produzione ma piuttosto il graduale aumento dell’influenza iraniana sulle risorse petrolifere irachene. Le forze armate iraniane dell’IRGC ed altre truppe sciite stanno giocando un ruolo fondamentale nel governo iracheno, nel tentativo di consolidare il controllo sul paese e sul suo petrolio. Sembrerebbe che il petrolio dall’Iraq settentrionale continuerà a raggiungere i mercati a breve termine a prescindere da chi controlla i giacimenti, ma il vero problema sarà il livello di influenza dell’Iran sulla politica petrolifera irachena a lungo termine. Iraq ed Iran uniti potrebbero minacciare la coalizione araba del Golfo che da tempo presiede l’OPEC.

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Inoltre, alcuni trader considerano la notizia di un’offerta cinese per l’acquisto privato del 5% dell’Aramco come un segnale ribassista. Apparentemente, alcuni trader ritengono che l’Arabia Saudita lascerà perdere gli sforzi di portare lentamente il prezzo del greggio fino al range dei 60 dollari al barile se l’Aramco bloccherà i piani di un’IPO.

Non ci sono segnali che l’Aramco sia più propensa ad una vendita privata anziché ad un’offerta pubblica. Tuttavia, anche se mettesse fine ai piani di un’IPO a favore di una vendita privata, tale vendita privata non implicherebbe il ritorno ad una politica di produzione a pieno ritmo da parte dell’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita resta vincolata al patto sui tagli alla produzione OPEC e non-OPEC fino al marzo del 2018, e gli investitori non dovrebbero aspettarsi che i sauditi si tirino indietro dall’accordo.

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